Google This is a digitai copy of a book that was prcscrvod for gcncrations on library shclvcs bcforc it was carcfully scannod by Google as pari of a project to make the world's books discoverablc online. It has survived long enough for the copyright to expire and the book to enter the public domain. A public domain book is one that was never subjcct to copyright or whose legai copyright terni has expired. Whether a book is in the public domain may vary country to country. Public domain books are our gateways to the past, representing a wealth of history, culture and knowledge that's often difficult to discover. Marks, notations and other maiginalia present in the originai volume will appear in this file - a reminder of this book's long journcy from the publisher to a library and finally to you. Usage guidelines Google is proud to partner with librarìes to digitize public domain materials and make them widely accessible. Public domain books belong to the public and we are merely their custodians. Nevertheless, this work is expensive, so in order to keep providing this resource, we have taken steps to prcvcnt abuse by commercial parties, including placing lechnical restrictions on automated querying. We also ask that you: + Make non-C ommercial use ofthefiles We designed Google Book Search for use by individuals, and we request that you use these files for personal, non-commerci al purposes. + Refrain fivm automated querying Do noi send aulomated queries of any sort to Google's system: If you are conducting research on machine translation, optical character recognition or other areas where access to a laige amount of text is helpful, please contact us. We encouragc the use of public domain materials for these purposes and may be able to help. + Maintain attributionTht GoogX'S "watermark" you see on each file is essential for informingpcoplcabout this project and helping them lind additional materials through Google Book Search. Please do not remove it. + Keep it legai Whatever your use, remember that you are lesponsible for ensuring that what you are doing is legai. Do not assume that just because we believe a book is in the public domain for users in the United States, that the work is also in the public domain for users in other countiies. Whether a book is stili in copyright varies from country to country, and we cani offer guidance on whether any specific use of any specific book is allowed. Please do not assume that a book's appearance in Google Book Search means it can be used in any manner anywhere in the world. Copyright infringement liabili^ can be quite severe. About Google Book Search Google's mission is to organize the world's information and to make it universally accessible and useful. Google Book Search helps rcaders discover the world's books while helping authors and publishers reach new audiences. You can search through the full icxi of this book on the web at |http: //books. google .com/l Google Informazioni su questo libro Si tratta della copia digitale di un libro che per generazioni è stato conservata negli scaffali di una biblioteca prima di essere digitalizzato da Google nell'ambito del progetto volto a rendere disponibili online i libri di tutto il mondo. Ha sopravvissuto abbastanza per non essere piti protetto dai diritti di copyriglit e diventare di pubblico dominio. Un libro di pubblico dominio è un libro clie non è mai stato protetto dal copyriglit o i cui termini legali di copyright sono scaduti. La classificazione di un libro come di pubblico dominio può variare da paese a paese. I libri di pubblico dominio sono l'anello di congiunzione con il passato, rappresentano un patrimonio storico, culturale e di conoscenza spesso difficile da scoprire. Commenti, note e altre annotazioni a margine presenti nel volume originale compariranno in questo file, come testimonianza del lungo viaggio percorso dal libro, dall'editore originale alla biblioteca, per giungere fino a te. Linee guide per l'utilizzo Google è orgoglioso di essere il partner delle biblioteche per digitalizzare i materiali di pubblico dominio e renderli universalmente disponibili. I libri di pubblico dominio appartengono al pubblico e noi ne siamo solamente i custodi. Tuttavia questo lavoro è oneroso, pertanto, per poter continuare ad offrire questo servizio abbiamo preso alcune iniziative per impedire l'utilizzo illecito da parte di soggetti commerciali, compresa l'imposizione di restrizioni sull'invio di query automatizzate. Inoltre ti chiediamo di: + Non fare un uso commerciale di questi file Abbiamo concepito Googìc Ricerca Liba per l'uso da parte dei singoli utenti privati e ti chiediamo di utilizzare questi file per uso personale e non a fini commerciali. + Non inviare query auiomaiizzaie Non inviare a Google query automatizzate di alcun tipo. Se stai effettuando delle ricerche nel campo della traduzione automatica, del riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) o in altri campi dove necessiti di utilizzare grandi quantità di testo, ti invitiamo a contattarci. Incoraggiamo l'uso dei materiali di pubblico dominio per questi scopi e potremmo esserti di aiuto. + Conserva la filigrana La "filigrana" (watermark) di Google che compare in ciascun file è essenziale per informare gli utenti su questo progetto e aiutarli a trovare materiali aggiuntivi tramite Google Ricerca Libri. Non rimuoverla. + Fanne un uso legale Indipendentemente dall'udlizzo che ne farai, ricordati che è tua responsabilità accertati di fame un uso l^ale. Non dare per scontato che, poiché un libro è di pubblico dominio per gli utenti degli Stati Uniti, sia di pubblico dominio anche per gli utenti di altri paesi. I criteri che stabiliscono se un libro è protetto da copyright variano da Paese a Paese e non possiamo offrire indicazioni se un determinato uso del libro è consentito. Non dare per scontato che poiché un libro compare in Google Ricerca Libri ciò significhi che può essere utilizzato in qualsiasi modo e in qualsiasi Paese del mondo. Le sanzioni per le violazioni del copyright possono essere molto severe. Informazioni su Google Ricerca Libri La missione di Google è oiganizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e finibili. Google Ricerca Libri aiuta i lettori a scoprire i libri di tutto il mondo e consente ad autori ed edito ri di raggiungere un pubblico più ampio. Puoi effettuare una ricerca sul Web nell'intero testo di questo libro da lhttp: //books. google, comi Vet. Xl^.H. R 1<\q Vcl. 3ka{. r^ • M trf f I » OPERE DI NfCCOLÒ MACHIAVELLI CITTADINO E SEGRETARIO FIORENTINO. KUOVA SDXZIONS Riveduta e corretta sulle miglhii fino a* M nostri pubblicate • Tomo VIIL IN GENOVA 1798. Stamperia de* Cìttad. Domenico Porcile , e CL nella strada della Posta vecchia N.^ 4^7* Anno 11^ della Repubb* UgUre* ■ r 'f-'^Av^^^ ^ !• L' ASINO D* ORO DI NICCOLO' MACHIAVELLI, ^ L' ASINO D' ORO CAPITOLO t I var) casi, la pena, e la do^^Iia Che sotto forma d' nn Asin soffersi , Canterò io , pur che fortuna coglia. Non cerco eh' Elicona altr acqua versiy Febo* posi 1' arco e la faretra , £ con la lira accompagni i miei versi.' Sì perchè questa grazia non^s' impetra In questi tempi ; sì perchè io son certo Ch' al suon d' un raglio non bisogna cet|ra* Né cerco averne prezzo , premio , o merto; Ed' ancor non mi curo , che mi morda Uà detrattore , o palese , o coperto» ChMo so ben quanto glratitudo è sorda A preghi di ciascuno, e so ben quanto De' bene&cj un Asin si ricorda • d L* ASINO Morsi , o mazzate io non istiino tanto^ tjilanlo ló soleva , séiidó divenuto' Delia natura di colui eli* io cantOr S' 10 fossi ancor di mia pfòva tefìùTo Pili ch'io non soglio , così mi comanda Queii' Asin solt* il quale io son vissuto. Volse già farne un bere in fonte Branda Ben tutta Siena; e poi gli mise in bocca Una gocciola d'acqua a randa a randa. Ma se '1 cl^l nuovi sdegni non trabocca Conira di me , e si farà sentire Per tutto un raglio , e sia zara a chi tocca. Ma ' prima eh* io cominci a riferire « Dell' Asin knio i diversi accidenti. Non vi rincresca una Novella udire» fu , e nOD sono ancora al tatto epentì I .Suoi consorti ,un certo, giovanetto Pure in Firenze infra 1' antiche genti « y^ costui venne crescendo un difetto Ch'in ogni luogo per la vìa correva £ d'ogni tempo senza alcun rispetto» £ tanto il padre via più si doleva Di questo caso , quanto le cagioni Della sua malattia nien conosceva. B' ORO f £ volse infender mólte opinioni Di molti «avi , e' n più tempo vi pon» Mille rimedi di mille ragioni, Oltra di questo anco e' lo botò forse , Ma ciaschedun rimedio ci fu vano, Perciocché sempre, e in ogni luogo eofsab Ultimamente un eerto Cerretano , De' quali ogni di molti ci si vede, Promise al padre siio renderlo sano* Ma icomé avyien ohe sempre mar^i credll A chi promette il bene ; onde deriva | Ch* a* medici ei presta tanta fede ; £ spesso lor credendo r-tiom.-si priva Del bene , e a questo sol tra; X altre sette Par -che die! mal d' altrui si pasca e viva; Così costui niente in dubbio stette, £ nelle man ^i mise questo caso, Ch* alle parole di costui credette. £d ei gli 9è cento profurai al naso^ TVassegli sangue della testa , e poi Gli parve aver il correr dissuaso. £ fatto cV ebbe altn rimedi suoi, Rende per sam» al padre il suo figVmolo Con questi patti ch'or vi divem nofit li^ A S I H O Che mai non Io lasciasse andar fnor solo- Kec- quattro mesi y ma con seco stesse Chi , se per caso e' si levasse a volo y ■ Che con gualche buon modo> il ritenesse ;-. Dimostrandogli in parie il suo errore , . Pregaodol eh. al suo onor riguardo avesse. Così andò, ben più d' un mese fuore. Onesto e sag^o infra due suoi frateUi^ Di riverenza pieno,. e di timore. Mft giuttto ma dì nella^ via de' Martelli^. Onde puossL la via larga, vedere • minGÌaro arricciarsegU i capelli* Non sì. potè questo giovin tenere ì Vedendo quella via dritta e spaziosa^ Di non tornar neir antico piacere • E posposta da parte oeni altra cosa y. Di correr, gli tornò la- fantasia ,, Che mulinando (nai non. si riposa - E giunto in su la testa della, via Lasciò ire il mantello in- terra*, e disse/ Qui non> mi terrà ^dsto ; e corse via*. E di poi corse sempre mentre visse^ Tanto che 1 padre vi perde la sp^sa > £1 medico lo studio «he vi misse». Perdiè la mente nostra sempf^ intèsa Dietro al sao naturai , non ci consentt*' Contr' abito o natura sua difean. ^EA io y avendo già volta la niente A morder questo e quello^ un tempo stetti • Assai quieto, umano , e paziente, Non osservando piA gli altrui difetti , Cercando in altro modo fare acquisto, Talché d' esssr guarito i* mi credetti • Ma questo tempo dispettoso e tristo Far, senza ch'alcuno abbia gli occhi d' Argo, Più tosto il mal, che! bene ho sempre v^to» Onde s' alquanto • ór di veleno spargo, Bench*'iomi sia divezzo di dir male, Mi sforza il tempo di materia largo . £ r Asia nostro , che per tante scalè Df questo nostro mondo ha mosso i passi, Per lo ingegno veder d'ogni mortale : Se bene in ogni luògo s* osservassi Per le sue strade i suoi lunghi cammini.- Non lo terrebbe il ciel che non raghiassi. Dunque non fia vertm che s' avvicini A questa rozza e capitosa gregge , Per non sentir degli scherzi Asinini •• A a,- IO I.* A S I N O Ch* ognun ben sa che sua naturai Ffrgge, Ch' un (le* plii desti'i p;iuocln che far sappi^ £' trarre un pa^a di calci , e due core^e. Ed ognuno a suo niodo ciarli e drappi, : £d abbia quanto voglia e fiiuK) e ?iìstOy GIV ornai convlen che (|ueslo Asia ci cappi. E sentirassi come ti momlò è guasto; Percb' io vorrò che tutto un ve 'l dipìngi,, Avanti che sì mangi il freno el basto; £ chi lo vuol aver per nial , si scinga « CAPITOLO IL x^uando ritorna In stagione aprticay .-iir or che primavera il verno- caccr» ^ A' ghiacci y al freddo , alle nevi nimica;; Dimofthra il cielo assai benigna faccia^ £ suol Diana con te Ninfe sue liicouiincìai* pe boschi andare a caccia^ E *l giorno chiaro si dimostra piue, Massime s^ tra Tuno e Taltro corno» Il sol flanuneggia del celeste Bue* Sènfonsì gli asmetli) andaixlo aftom» AoRìore^lar insieme alcuna volta La sera 9 quando a casa fan ritorno; Talché chiunque parla mal ù ascolta; Onde che per antica usanza , è sat» Dire una cosa la seconda volta. Perchè con voce tonante ed arguta AlcDA di loro spesso o raglia , o rìde y ' Se vede cosa , d. * La via di sassi , bronchi , e sterpi pieiut^, Avean b. virtù mia prostrata e vinta... Ad un troncon m'èr io appoggiato appena^. Quando una > luce subito nVapparve,. Non altrimenti che quando balena... Ma come il balenar già non disparve -, Anzi crescendo , e venendomi presso , . Sempre maggiore e giù chiara mi parve «. Aveva V* io fisso in quella l'òochiò - messo , £ inlorpo ad essa un mormorio sentivo^ D'un frascheggiar che le veniva appresso •. Io ero quasi. d*ogni senso privo ^. £ spaventato a quella novitate^. Teneva^ volto il volto, a. eh io sentivo >,. Quando una. dònna |)iena . di beltate , Ma fresca e frasca mi si dimostrava , Con le s«e trecce bionde e scapigliate •. Con la sinistra un gran lume portava Per la foresta , e della. destra, nuino Teneva un.corno con. ch'ella sonava*. Ititorno a lei per losolingo piano Erano innumerabili animali^ Che. dietro le venian di mano in mano i. i B** O A O- ti 0i6Ì ) lupi ». c leon fieri e bestiali , i £ <^rvi, e tassi e con molte altre fiert Uno infinito numer di cinghiali. Questo mi fece molto più temere ; £ fuggito sarei pallido- e smorto , S'aggiunto fosse alla voglia il potere •• Ma qpale stella ai avria mostro il porto f ^ O dove gito misero sarei ?. O chi m' avrebbe almio sentiero scortar Slavano dubbj tutti i pensier mìei Sio doveva, aspettar eh a me venisse y. O reverente farmi- incontro a- lei •• Tanto ch*innanzi dal tronco i* partisso- Sopraggiuuse ella, e con modo astuto ,. ^ £ so^iignandoy buona sera, disse •> E fu tanto domestico il saluto , Con tanta grazia-, con quanta avria fatto» ^ , Se mille volte m avesse veduto • Io mi rassicurai tutto a quello atto; £ tanto* più chiamandomi ^ per nome Nel salutar che fece il primo tratto. E di poi. sogghignando disse : or come Dimmi sei tu cascato in questa valle , Da nullo, abitator. colta né dome* ?< i I »4 1/ A S I K o Le guancle mie , ch'erano smofte e giaKe y Mutaf colore , e diventar di fuoco; £ tacendo mi stfin» nelle spalle. Arrià voluto dir ^ nm senna poco,. Vano sperare , e vana opinione M'ha» fatto rovinar in ^esto loco :: Ma non potei formar questo sermone ^ In nessun modo; cotanta vergogna Di me mi prese e tal compassione^ Ed ella sorridendo: E' non bisogna Tu tema di parlar trai questi ceppi; Ma parla e òì quel che 1 tuo cuore agogiia Che benché in questi solitai^ g^^^PP^ . r guidi cjuesta mandra, e' son più mesi Che tatto 1 corso di tua vita seppi * Ma perchè tu non puoi aver intesi 1 casi nostri , io ti dirò in che lato> Rovinato tu sia, o- in che paesi^.. Quando ' convenne nel tempo passate^ A Circe abbandonar l'antico nidb ^ Prima che Giove prendesse lo slato i Non ritrovando alcuno albergo fido , Né gente alcuna che la ricevesse Tanto era grande di sua infamia, il gritfo ;: b' O E O iS In queste oscure selve ombrose e spesse , Fuggendo ogni consorzio umano e legge .Suo doiuiciUo^ e la sua sedb messe • Tra (jueste adunque solitarie schegge A gli uoniinl nimica si dimora , Nodrìtà da' sospir di questa gregge • E perchè mai akim non asci fuora ( he qjii venisse, però mai novelle^ Di lei. si sepper , ne si «amio ancora». Seno al servizio suo molle sono.^ E se mi domandassi , io ti rispondo : Sappi che queste bestie che tu vedi ,. Uomini come te i'uxon nel uioudo— l6 L' a. S I N'O E 8* alle mie parole tu non cre(5 , Riguarda un pò come intorno* ti stanno^ K chi ti guarda , e chi ti lecca i piedi • ' E la cagion del guardar ch*elle fanno, £* oh' a ciascuna- della tua rovina Rincresce, e del tuo male, e del tuo danno •• Ciascuna , come te, fu peregrina^ In queste selve, e poi fu trasmutata- In queste forme dalla mia regina. Questa propria virtù dal ciel gli è data y Che in varie forme faccia convertire , Tosto che 1 volto d' un uom fiso guala • Per tanto a te convien meco venire , £ di questa- mia mandra seguir Torma '^ Se in questi boschi tu non vuoi morire . E perchè Circe non vegga la forma t Del volto tuo, e per venir «ecreto , Te ne verrai carpon fra questa torma v Ali' or si mosse con un viso lieto ; £d io non ci veggendo altro soccoi^so,'^ Carpendo con le iier le andai drieto^- lioica le spalle d*ttn cervio e d'un orso •• CAPITOLO IIL D ietro alle piaiìte della mìa duchessa' Andafido* con le spalle volte al Cielo* • Tra quella tiu'ba.aanuiiafi spessa , Or mi prendeva un caldo , ed or un gelo; Or le braccia' tremando mt cercava, S* elle avevan cangiato pelle o pelo • Le mani e le ginocdiia io mi guartava : . O voi dimandate alle volte- carponi ^ J?cf disccezion pensate com'io stav»» . £r' ito forse un' ora ginocchioni Tra quelle^ fiere , quando* capitarao In un fossato tra. duo gran valloni » Vedere innanzi a noi non- potevamo*, Però che il lume tutti gì abbagliava Di quella donna che noi seguivamo y Quando una voce udimmo che fischiava, i. Coir romoc d*una porta che si aperse , Di cui TuQo e Taltro uscio cigolava ^ Come la* vista e *1 riguardar sofferse , Dinanzi a gli occhi nostri un gran palazzo Di mirabile altura si scoperse • l8 J,\M,Sl13f.Ù Magnifico e spazioso eca Io 5pazzo.^ Ma bisognò, p^ arrivare a queUÓ^ Di quel fossato passar Tacqua a gaaza^o • Una trave Faceva ponticello') Sopra cut sol passò la nostra scorta, Non potendole bestie andar ac^reUo. . Giunti che Camino a >ptè; dell'altra porla , Pien dafEaimio e d'angoscia entrai àvenìo Tra quella turba cbe peggio ciie morta. E fummì assai di miàore spavóito , Che la mia donna , perch'io non temes^, Avea neir entrar ^ìàvì il lume, spento • E quéste fu cagion ch'io noia vedessi Donde si fosse quel fischiar venuto , O chi aperto acllenlrar ci ; aveau « Così tra quelle bestie soonosciiito- Mi ritrovai ìm itn ampio cortile Tutto smarrito ^senza - esser .veduto ^ E la mia donna bella, alta, e gentile. Per ispazio d' un' ora, o più , attese Le bestie a rassettar nel loro ovile* Poi tutla lieta per la man mi prese, Edinuna sna camera menonimi , Dov'un gran fuoco di sua maiio accese; B- O H O 19 Col qnal cortesemeftte rascnigommt Quell'acqua, che m' avea tutto bagnato Quando il fossato pas^r bisognonimì • Poscia ch*io ftii rasGiutto , e riposato Alquanto dali'affaniìO e dispiacere Che quella ffH>tte m* avea tjravaglìato ^ liìccminciai : madonna , il' mio tacere 14a5ce , non già perch'io non sappia a ponto Quanto ben fatto m'hù ^ quanto piacere ; Io era al termin di mìa vrta giunto , Per luogo osairo , tenebrose , e cieco ^ Quando fai dalla notte sopraggiunto; Tu mi menasti per siAtanni tecò : Dunque la vita da te riconosco , £ ciò eh* intorno a qnella porto meco. Ma la memoria dell'oscuro bósno Col tuo bel volto ra'h^n fatto star cheto , Nel qual ogni mio ben ve^o « oenosco ; Che fatto m'hanno ora doglioso , or li«ko ; .' Doglioso y per quel mal che venxie pria ; Allegro per qfiel benché venne drielo» Che potuto non ho la Voce mia Esplicar a parlare infìn cliio sono Posato in parte delia lunga via • 20 li' A 5 I N a Ma tu, nelle cui hraccia !o in* abbandono, £ che tal cortesìa usata* m*hai, Che non si può pagar con altro' dono-; Cortese in questa* parte ancor sarai , Che noa ti gravi^ sì ,. che tu mi dica^ Quel corso di mia vita che tu sai ^ ■ Tra la gente modèrna , e tra- Fantica y. Cominciò ella , alcun mai non- sostenne Più ingratitudin y né maggior fatica*.^ Questo già per tua colpa non t* avvenne , Come avvenne ad alcun ; ma perchè sorte Al tuo ben operar contraria venne . Questa ti chiuse di pietà le porte, Quando ch*al tutto questa t ha condotta l» questo luogo si feroce e . forte * Ma perchè il pianto a V uom fu sempre brutte Si debbe a* colpi della sua fortuna* Voltar il viso di^ lacrime asciutto . Vedi le stelle e '1 ciel, vedi la luna,. Vedi gli altri pianeti andare eivando Or altOy or basso, senapa requie alcuna; Quando il ciel vedi tenebroso, e quando Lucido e chiaro; e cosi nulla in terrai Vien ndUo stato suo perseverando'» IH giiivi nasce la pace e la guerra : Di qui dipendon gli odj tra coloro, Ch'un mnro insieme ed u|ia fossa serra « Da questo venne il tuo primo martoro : Da questo nacque al tutto la cagione Delie fatiche tue, senza ristoro. Non ha cangiato il cielo opinione Ancor , né cangerà y mentre che i fad Tengon ver te ia'lor dura intenzione. E quelli umori 9 i quali ti son jtati Cotanto avversi y e cotanto ni mici , No/i sono ancor, non sono ancor purgatL Ma come secche sien le lor radici , £ dhe benigni i ciel si mostreranno, Tomeram tempi più che mai felici; £ tanto lieti e giocondi saranno, Che ti darà diletto la memoria £ del passato , e dei futuro danno** Forse ch*ancor prenderai vana gloria A queste genti raccontando e quella Delie fatiche tue la lunga istoria . Ma prima the si mostrin queste stelle Liete verso di te gir ti conviene Cercandoli mondo sotto nuova pelle» 3Z L' A S I li O Che quella provvidenza che mantiene U uuaana spezie vuol, che tu sostenga Questo disagio per tuo maggior bene. Di qui conviene al tutto che A spenga. In te r umana effigie , e senza quella Meco tra le altre bestie a pascer venga Kè può nuiilarst qpeAta- dura steQa; £ per averti in questo luogo mes^o. Si differisce il maj^ non ù cancella. £ Io star meco alquanto i'è permesso^ Acciò del luogo esperienza porti , £ degli abitator che stamio in esso* Adunque fa che tu non ti sconforti ; Ma prendi francamente questo peao Sopra gli omeri tuoi soliai e forti; Ch' ancor ti gioverà d* averlo preso-* CAPITOLO IV. P oi che la donna di parlare stette , Levaimi in pie , j rimanendo confuso Per le parole «h* ella aveva dette • b' OKO %ì Pur dissi : il del né altri i' non accuso; Kè mi YO lamentar di ai ria sorte j Perchè nel mal più che nel ben son luo • Ma s' io: dovessi per F infemal porte Gifìe BÌ ben chii detto hai , mi piacerebbe ; Non che per quelle vie die tu mi hai porte. Fortuna danque tutto quel che debbe , £ che le par della mia vita facda; Ch' io SQ ben die di me mai non le ncrcbbe. AIF ora la mia donna apri le braccia; £ con un bel sembiante tutta lieta Mi baciò died volte e più la faccia» Poi disse festeggiando : alma discreta > Questo viaggio tuo , questo tuo stento ^ Cantalo iia da istorìcoy o poeta. Ma perdìè via passar la notte sento , Vo che pigUam qualche consolazione ^ £ che mutiam questo ragionamento. £ prima troverem da colezi* OEO 3l ìih vide come la potenza troppa» Era nociva y e come il me* sarebbe Tener sott' acqua la coda e la groppa • Spesso uno ha pianto lo statoci egli^cbb^ £ dopo il fatto poi $ accorge come A sua rovina e a «uo danno crebbe • Atene e Sparta , di cui sì gran nome Fu gi^ nel mondo , all' or sol rovinorno, Quando ebber le potenze intorno dome* Ma di Lamagna nel presente giorno Ciascheduna Città vive sicura, Per aver manco di sei miglia intorno. Alla nostra Città non fé* paura Arrigo già con tutta la sua possa. Quando ì confini avea presso alle mura» Ed cr eh' ella ha sua potenza plromossa Intorno, e diventata è grande e vasta , Teme ogni cosa, non che gente grossa* Perchè quella virtnte che soprasta Un corpo a sostener , quando egli è solo, A regger poi maggior peso non basta. Chi vuol toccare Tuno e Taltro polo^ Si trova rovinalo in sul terreno Com*'Icar già dopo suo. folte volo. 3% L* A S'Iti a Vero è die suol durar o più o meno l)na potenza ^. seconda che più O men sue leggi buone ed ordin fi eno« Quel regno, che sospinto è da victù Adoperare o da necessitate , Sa \edrk sempre mai gire a 1* insù • ^'B per. contrarlo sia quella citiate Piena di sterpi silvestri e di dumi , Cangiando seggio del verno alla state • Tanto eh* al fin convien che si consumi ^ ^ . £ ponga sempre la sua mira in fallo, Chi ha buone leggi e cattivi eoslumi . . Chi le passate cose legge, sallo Come gV impei^ comlncian da Nino^, £ poi finiscono in Sardanapallo • ■Quel primo fu tenuto un uom divino^ Queir altro fu trovato fra T anelile , . Com* una donna a dispensar il lino » La virtù fa le region tranquille; El da tranquillità- poi ne risolta U ozio ^ e Tozio arde i paesi e le ville. Poi quando una provincia è stata involtai Ne' disordini un tempo , tornar suole Virtute ad abitarvi uà' altra volta». p* 0'H« 33 Quest'ordine cosi permette e vuole Chi ci governa; acciocché nulla stia, O possa stare mai sotto '1 sole. Ed è , e sempre fu, e sèmpre sia Ch* il mal succeda al bene, il bene al male y £ Tun sempre cagion dell'altro sia. Vero è Gh'ia'credb'sia còsa mortale* Pe* regni, e sia la lor distruzione L* usura, o qualche peccato carnale; £ della lor grandezza la cagione, £ che aki e potenti gli mantiene^ Sian digiuni, limosine ^ orazione • XJn altro più discreto e savio tiene, Ch' a rovinargli questo mal non basti, Né basti ai conservargli questo bene • Creder che senza te per te contrasti Dio, standoti ozioso e ginocchioni. Ha mohi regni e molli stati guasti, K son ben necessarie V orazioni : £ matto al tutto è quel ch* al Popol vieta lie cerimonie |. e le sue divozioni : Perchè da quelle in ver par che si mieta Unione e buon ordine , e da quello Buona fortuna poi dipende e lieta. .34 *' ASCINO 1^ non sia atcun di si poco cervello^ Che creda , se la sua casa ruìna y Che Dio ia salvi senz' altro puntello^ Perchè e* morrà sotto quella rulna • CAPITOLO VX entre ch'io stava sospeso ed involta Con r affannata mente in quel pensiero^ Aveva il Sole it mezzo cerchio volto^ Il mezzo dico del nostro emispero : Talché da noi s' allontanava il giorno^ E r oriente si faceva nero : Quando io conobbi pe 1 sonar f un corno Epe*l ruggir dell' infelice armento > Come la donna mia facea ritorno » £ bench' io fossi in quel pensiero intento» Che tutto il giorno a se mi aveva tratto, El dèi mio petto ògm altra cura spento» Colli' io sentf la mia donna di fatto ; Pensai ch'oga altra cosa fosse vana Fuot di colei dì cui fiù servo fatto. ^' one . 35 Che giunta dov* io era tutta mnaiUI, Il collo XDio con un de' bracci avvinse. Con r altro mi pigliò la man lontana • Vergogna alqitanto il viso mi dipinise, Né puotei dire alcuna cosa a quella : Tanta fu la dolcezza che mi vinse. Pur dopo alquanto spazio, ed io ed ella Insieme ragionammo molte cose, Com* un amico con V altro favella ; Ma riposate sue membra angosciose, £ recreafe ^al cibo usitato , Co^ parlando la donna propose: Già ti promisi d' averta menato* Ili loco , d' ove comprender potesti Tutta la Gon^zion del nostro statOi» Adunque seti piace fa t'appresti, E vedrai gente , con cui per F addietro Gran conoscei^a e gran pratica avesti» Indi levosm , ed io ìe tenni dietro, Com* ella volse , e non senza paura: Pur no» sembrava né mesto né Beto* Fatta era già la notte ombrosa e scura , Ond' elk prese una lanterna in mano , Cb' a suo piacer il lume scuopre e tax? ( / 38 L* ▲$!»•' Giti che fummo» e non molto lontano^. . Mi parve entrar in un gran domiHora^ Siccome ne* conventi usar veggiamo. Un landrone eia^ proprio come il loro.^. E da ciascun de* lati si vedeva Porte pur fatte di povec lavoro.».. Air or. la donna ver mi. si volgeva ,« E disse come dentro a quelle porte- li grande armento, sua, meco ^ceva*. E perchè variata era la sorte y.. Eran varie leloroabitazionii E ciaschedun si stia.col suo. consorte*.. Stanno a roan« destra al primo uscio lleoiu^ Cominciò) poi che *lsuo paxiar riprese. Con denti acuti^e. con gU adunchi unghioni.. Chiunque ha cor magoanimo e: cortese » Da Circe in quella fera si converte: Ma poiché, ce ne son. del.tuo j^ese;, . Ben son le piagge lae fatte deserte » . E prive d ogni gloriosa fronda y Che le facea . men sassose ^ e. ineno erte^ , S* alcun di troppa furia e> rabbia abbonda^, lenendo vita rozza e violenta , Xm gjU.ocsi. sta. nella, stanza seconda». E neUa tersa se beamirammenta. Voraci lapi ed afiamati stanno; Tal die cìIh>, nessua non. gU contenta*. Xior domiciUo nel quarto loco- banno^ Bufoli e buoi; e se con craella. fiera Si trova alcun de tuoi » abbisi il danno» €!hi si diletta di far buona cera ^ . £ dorma quando e*, veglia intorno al foco- si sta. Ù3L becài nella ^nia schiera. Ib non ti vò discorrere ogni loco; . Perchè a voler parlar dii tutti quanti, Sarebbe il parlar lungo, e 1 tempo poco/ Basti questo, che dietro e davanti CUsoi^ ceryi, ^pantere,. e leopari£ , E.ms^ior bestie, assai ohe leonfanii. Ha fa eh* un poco al dirimpetto guar£ . QuelU ampia porta, (^'.all'incontro è posta^. Nella qiiaie entreremo, benché sia tardi* E prima eh' io facessi altra ri^pcata Tutta si mosse , e disse-: sempremaì • Sidebbe &r piacer, quando enoncosiju. Uà perchè poi che dentro tu sarai Fossa conoscer del loco ogni effetto |. £.nie! considerar, ciò che vedrai j« 3ft L'ASINO blender debbi die sotto ogni tetto Dì qaeste stanze sta d'una ragione lyAmmai bratti , come ^ t' ho detto » Sol qiieaAa non mantien fai oondisìone; £ come awìen nel mallevato vostro ^ Che vi va ad abitare ogni prigione ; CùA coU in quel loco ch'io li mostro, PuÀ ir dascona fiera a diportarsi. Che per le celle stan ^ questo chiostfo.. Tal che veggendo quella potr^ hm^ Senza riveder 1' altre ad una ad nna. Dove sarebbon tropjn passi sparsi .. Ed anche in quella parte n ragniia Fiere^che son di maggior conoscensa^ Di maggior grado e & ms^or fortoaa.. E se ti parran bestie ih a^tparemsa , Ben ne conoscerai qaalcn* una in parte A* modica* gestita ^occU, alia presenza^ Mentre parlava , noi^venimmo in parte Dove la pòrta tutta ne appariva, Con le sue circostanze a parte aparte^ Una figura che- pareva viva. Era di marmo scolpita davante Sopra 1 girande dx>co che l'uscio coprìv%. P' ORO 3^ E come Annlbal sopra on elefante Parea che trionfasse, e la saa vesla Era d* uom grave , famoso, e prestante» Tf alloro una ^Irlanda aveva in testa , La faccia aveva assai gioconda e liet% D' intorno gente che u facean festa. Colui è il grande Abate* di Gaeta ^ Disse la donna, come saper dei Che 'fu ^k coronato per poeta* Suo simulacro da' superni Dei , Come tu vedi in quel loco fu -messo Con gli altri che gli sono intorno a piai Perchè ciaacnn che gli venisse appresso ^ Senz* altro intender , giadicar potesse Quai sian le gene là serrate in esso^ Ma facesHi si ornai cb' io nen perdesse Cotanto tempo a riguardar costui , Che Torà del tornar soprag^ugnesae^ Vienne adanque con meco ; e se noi &i Cortese, ti parrò a questa volta^ Nel dimostrarti questi luoghi bm^ ' Se tanta graùanon m' è dal ciel tolta* ^pt l! ASI ITO CAPITOLO vn. N oi eravam col pie gA 'n su la soglia Di quella porta , e di^ passar la drento' M' avea fatto venir la donna voglia» £ di quel mio voler restai- contento^. Perchè la porta subito 8 aperse £ dimostronne il serrato convento « £ perchè me* quel potesse vederse, IlJùme eh' ella avea sotto la vesta Chiuso, Dell'entrar là tutto scoperse. Alla qual luce sì lucida e- presta , Cofn'- egli avvien nel- veder cosa nuova, Pia che due mila bestie akar- la testa • Or guarda ben , se di veder ti giova , Disse la donna, il copioso drappello Che 'n questo loco- insieme si ritruova •- Uè ti paja fatica a veder quello ,• Che non san tutti terrestri animali: ^ Ben e' è tra tante bestie qualche uccello. Ih levai gli occhi , e vidi tanti e tali Animai brutti , eh' io non crederei Bot«r mai dir quanti fossero , e quali . > tì osa 4k E perchè a dirlo tedioso sarei ^ Narrerò di qualcW un , la cui presenza Diede più maraviglia a gU occhi mieii* Vidi un .gatto per troppa pazienza Perder la preda , e restarne scornato ; Benché prudente , e di buona semenza». Poi vidi un drago tutto travagliato Voltarsi , senza aver mai posa alcuna ^ Ora sul destro, or^ sul* altro lato. . Vidi una volpe maligna e importuna r Che non trova ancor rete che la pigli y 'EA un can corso abbajar alla Luna, Vidi un leon , che s* aveva gli artigli y £! denti ancor da se medesmo tratti , Pe' suoi non buoni e non sag^ consigli « Poca più lA certi animai disfatti j. Qual coda non avea , qual non orecchi ^ Vidi musando starsi quatti quatti • Io ve ne scorsi e conobbi parecchi , £ se ben mi ricordo in maggior parte - Era un mescugllo fra conigli e becchi. Appresso questi un p& cosi da parte Vidi un altro animai non come quelli^ Ma da natura fatto con più arte •■ 4^ i! Affilio Aveva rari e delicati i veWi, Parea superbo in vista , ei animoAC^ Talché mi venne voglia di piacelli* Kon diir^ostrava suo cor generoso , Gli ugnoni avendo incatenalo e' denti j Però si stava fu^iaseo e sdegnoso. Una •••#••• •«<•••• Vi* MI***» Poi vidi una ^Sraffa che chinata Il collo a ciascheduno , e dall* un canto t Aveva un orso stanco che russava. Vidi un pavon col suo leggiadro ammant<» Girsi pavoneggiando , e non temeva Se 1 mondo andasse in volta tutto guanto* Uno animai che non si conosceva , Si variata avea la pelle e *1 dosso, £ 'n su la groppa una comacdbia aveva* Una bestìaccia vidi di pel rosso , Ch' era un bue senza corna , e dal discosto V! ingannò y che mi parve un cavai giìosso^ Poi vidi un asin tanto mal £iposfo, Che non potea portar; non eh' altro il basto; £ parea proprio un citrìuol d'Agosto. Vidi un segu^o , eh* area il veder gimsto; ' E Circe n* arria Ibtto capitale y Se non foss* ito, come un orfao , al tasto* Vidi uno sorìcciuol , eh* airca per male D* esser si piccoletto , e bezzicando Andava or questo^ or quell'altro animale» E vidi un bracco che andava fiutando A questo il ceffo, a quell'altro la^palla^ Come s'andasse del padron cercando. Il tempo è lungo , e la memoria falla , Tanto ch*io non vi posso ben narrare , Quel eh* io vidi in un di per questa staila^ Un bufol che mi fe^ raccapricciare Col suo guardare, e '1 suo mugghiar si forle^ D* aver veduto i' mi vo ricordare • Un cervio vi^ , che temeva forte, Or qua or lÀ variando il cammino; Tanto aveva paura della morte • Vidi sopra una trave un armellino , Che non vuol ch'altri il guardi non che*l toc- Edera ad una allodola vicino • ( chi ^ 44 ^' A suro In molte buche pi& dt cento allocchi Vidi ; ed una oc» bianca come neve Ed una scimia , che facea l- ombocchu Vid» tanti animai , che saria ^ve £ lungo a raccontar lor condì zione. Come fu il tempo a riguardargli brere» Quanti mi parver gih Fabi e Catoni , Che poi che quivi di lor esser sef^ì ^ Mi riusciron pecore e montoni . Quanti ne pascon questi duri greppi, Che seggono aito ne' più alti scanni^ Quanti nasi aquilin riescon gheppi* E benché io fossi involto in mille afEanni^ Pur parlaee a qualc'uno arrei volute. Se vi fossero stati i torcimanni. Ma la mia donna , eh' ebbe conosciuti^ Questa mia voglia , e questo mio appetito Disse , non dubitar ; eh' e' fìa adempiuto Guarda un pò là dov* io ti mostro a dito Senz'esserti più oltre mosso un passo Pur lungo il muroy come tu se' ito. Air or io vidi entro in un luoso basso Come io ebbi ver lui dritto le ciglia , Tra 1 fango involto un porcellotto graiso» B* O A O 45 flati itrò gli cfii costai u somiglia; . Bastia óke'satìU ìrecet^o , o pine libbre, se si pesasse ala caviglia • £ la mia guida disse, andiamlà giae Presso a quel porco, se tu se* pur vago* 0àdff le voglie e le parole sue. Che se trar Io volessi di quel Iago, Faoendol tornar uom, e* non vorebbe: Cooie pesce che fosse in fiume, o in lago. £ perchè questo non si crederebbe; Acciocché far ne possa piena fede, • Domanderalo se quindi uscirebbe ^ Appresso mosse la mia donna il piede « .£ per non separarmi da lei punto. La pren per la man ch'ella mi diede ^ Tanto ch'io fui presso a quel porco giunto. CAPITOLO Vili. A Izò quel porco al giunger nostro il grìfo^ Tutto vergato dì melmella e loto ; Talché mi venne nel guardarlo a schifo, 46 l' A S I N o £ perchè io fui già gran tempo sao nc^o » Ver nie si mosse , mostrandomi i denti , Stando col resto fermo e tenzamoto • Onde io li dissi pue con grati accenti: Dio ti dia miglior sorte, jse li pare Dio ti mantenga , se tu ti contenti; Se meco ti piacesse ragionare. Mi sarà grato ; e perchè sappia certo ^ Pur che tu vc^ia, ti puoi soddisfare • E per. parlare libero ed aperto « Tei dico con licenza di costei Che. mostro mMia. questo sentier deserto. Cotanta gi-azia mlianfatto gli Dei Che non gli è parso il salvarmi fatica ^ £ trarmi de gli afiTanni ove tu sei. Vuole ancor da sua parte ch*io ti dica y Chi ti libererà da tanto male^ Se tornar vuoi nella tua forma antica. Xjevossi air )ora in pie dritto il cignale Udendo quello, e fé' questa risposta Tutto turbato il fangoso animale; ^on so donde tu venga , o di qual costa Ma se per altro tu non se* venuto Che per trarmi di qui, vanne a tua pOita. d' ORO 47 Viver con voi io non voglio , e rifiuto ; E veggo ben che tu se in quello errore y Che me pii!i tempo ancor ebbe tenuto, Tanto v^inganna il proprio vostro amore , Che altro ben non credete che sia , Cuor deir umana essenza, e dei valore • Ma se rivolgi a me la fantasia , Pria che tu parta dalla mia presenza Farò ehe'n tale error mai più non stia, Io mi yh cominciar dalla prudenza, Eccellente virtà, per la qual fanno '■ Gii uomin maggiore la loro eccellenza • Questa san meglio usar color che sanno Senz'altra disiplina per se stesso Seguir lor l>ene , ed evitar lor danno. • Senz'aleun dubbio io affermo e confesso Esser superior la parte nostra , £d ancor tu noi negherai appresso. Qual è quel precettor che ci dimostra L*erba qual sia , o benigna , o cattiva Non studio alcun, non i'ignorsunza vostra: Noi cangia mregion di riva in riva, E lasciare uno albergo non ci duole Fùischè contento e felice si viva; 48 ì! ASINO Vun fugge n ghiaccio e Taltro fu^ H scie ^guendo il tempo al viver nostro amicoi^ Come natura ^ che ne insegna , viible Viri ìnEeltci assai più ch*io non dico. Gite cercando 4on che rime giammai, o con che* versi Canterò io del regno dì fortutia , £ de' suoi casi prosperi ed avversi? E come ingiuriosa ed importuna , * Secondo è giudicata qui da noi, Sotto il suo seggio tutto il mondo aduila? Temer , Giovan Batista , tu non puoi , Né debbi in alcun modo aver paurìt D*8ltre ferite , che de* colpi suoi • Percbè ^esta volubil creatura ^)esso si suole oppor con maggior forsa^ Dove più forza vede aver tiatura • 56 CAPITOLO Sua naturai potenza ognuno sfoi'za ; ■ E*l regno suo è sempre violento , Se virtù eccessiva non lo ammorza * Onde io ti priego che tu sia contenta Considerar questi miei versi ak^uanlo 5e ci sia cosa di te degna drento ^ E la diva crudel rivolga alquanta, Ver di me gli > occhi suoi feroci e leg^ Quel ch'or di lei , e del suo regno io canto. 'E benché in alto sopca tutti segga , Comandi , e regni impetuosamente ^ Chi del suo stato ardisce cantar vegga. Questa da molti è detta onnipotente : Perchè qualunque in questa vita viene O tardi o. presta la sua forza sente.» Spesso costei i buon sotto i pie tiene or improbi innalza, e se mai ti promette Cosa veruna , mai te la mantiene *. £ sotto sopra e stati e regni mette. Secondo che a lei pare,, e i giusti priva Del bene, che agi' ingiusti larga dott#« Questa incostante Dea e mobil Diva Gl'indegni spesso sopra, un seggio poae^ DovQ chi degno né mai non arriva*. mLhLk roaxvivA S7 Costei il tempo a mo modo dispone; * Questa ci esalta , questa ci disface , Senza pietà , seiwa legge ^ o ra^one • Né favorire alcun sempre le piace Per tutti i tempi, né sempre mai prema Colui dì'in fondo orta Cacciata daìla fame, e dal digiuno f r B come una testuggine alt» porta, Acciocché'! colpo nel cader la'nfranga^ £ pasca se di quella carne morta p DELLA FORTUNA GS Cosi foptuna , non che vi. ranaoga ^ Porta uno ih alto , ma che rovinando Ella sen goda y. ed ei cadendo pianga • Ancor si vjen dopo coétor 'mirando , Come d' infìino stato alto sì saglia^ E come ci si viva varìaoda. Dove si vede come la travagh'a E Tullio y e Mario e gli splendidi comi Più volte dà lor gloria or cresce or taglia» Vederi al fin , dte-*teapa9HiU giorni Pochi sono e felici, e aue san morti Prima che la lor ruota indietro torni ^ O che voltando al basso ne U porU. \ y 64 . CAPITOLO BBLI.A INGRATITUDINE DI NICCOLO^ MACHIAVELLI A CIOVANKI FOLCHL jriovanni Folchi , n Ti^r mal contento; Pe *1 dente dell'invidia che mi morde, Mi darebbe più doglia » e più tormenloj Se non fuase eh' ancor le dolci corde D*ana mia cetra, che aoave suona ^ Fanno le Muse al mio cantar non aordei Von n ch*to speri averne altra corona , Non sì dì* io cre 86 CAPITOLO Come e' vede il suo sangue, e' saoi sudori, £ che 'isuo vìver ben servendo stanco Con ingiuria e calunnia si ristori . Vien questa peste , e mai non vengon manco. Che dopo r una poi V altra rinielle Nella faretra che V ha sopra il Jìanco y DI venen tinte tre crudel saette , Con le qual minto dì ferir non cessa Quest* e queli ahro,^ ove la mira meltc« La pri^na delle tre che vien da essa , Fa che suir uomo il benefizio allega ^ Ma senza premiarlo lo confessa. E la seconda che di poi si piega, Fa che 1 ben ricevuto 1* uom si soc^a. Ma senza ingiuriarlo solo il niega • L' ultima fa che V uom mai non ricorda , Né premia il ben ; nta che giusta sua possa U suo benefattor laceri e morda « Questo colpo trapala dentro ali* ossa ; Questa terza ferita è più mortale; Questa saetta vien con mag^or possa» Mai non si spegne questo acerbo male; Mille volle rinasce , s' una more ; Perchè ^uo padre e sua madre è immortale. DELLA INGHÀTITUBINE 67 E^ come ia dissi , trionfa nel core ly ogni potente ; ma pia si diletta Nei cuor del Popol , quando egli è Signore. Qaesto è ferito da ogni saetta Più crudelmente; perchè sempre avviene Che dove men si aa, più m sospetta. . £ le sue genti d* ogni invidia piene * ^ Tengo n desto il sospetto sempre ,ed esso Gli orecchi alte calunnie aperti tiene • Di qui risulta, che si vede spesso * Com'un buon cittadino un fruito miete Contrario al seme che nel campo ha messow Era di pace pnva e di quiete ' U Italia y air or che '1- punico coltello Saziata avea la barbarica sete; Quaiijflo ffh nato nel Romano ostello^ Anzi dal ciel mandato un uom divino , Qual mai fu, né mai sia simile aqudlo* Questo ancor giovinetto m sul Tesino - Suo padre col suo petto ricoperse 9 Primo presagio al suo lieto destino. E quando Canne tanti Roman perse ^ Con un colte! in man feroce e solo D* abbandonar i' Italia non sofferse» 6S CAPITOXO Poco dì poi nélo Ispanico suolo Volle li' Senato a far vendetta gisse . Del «comoardanao e del privato duolc^. Come in Affrica ancor le inseghe mìsse. Prima Siface , e di poi d' Aniballe £ la fortuna , e la sua patrìa afflisse» All' or gli die il gran barbaro le spalle ^ Air ora il Roman sangue vindicò, Sparso da quel per l Italiche valle « Di quivi in Asia col fratello andò, Dove per sua prudensta e sua bontà I^' Asia il trionfo a Roma riportò , E tutte le Provincie e le città , Dovunque e' fu^ lasciò piene d'esemp) Di pietà, di fortezza, e castità. . Qual lingua fia che tante laudi adempj? Qual occhio che contempli tanta luce? O felici Roman! felici tempii Da questo invitto e glorioso Duce Fu % ciascun dimostro quella via Che a la più alta gloria V uom conduce. Né mai ne gli uman cuor fu visto , o fia ^ Quantunque degni, gloriosi e divi, Tanto valore , e tanta cortesia • DELLA IVGAATITUDINX 89 E tra que* che son morti e die son vivi E tra r aalidie e le moderne genti Non si trova uom di* a Scipione' arrivi. Non per& invidBa £ mostrargli i denti Temè della sua rabbia, e riguardarlo Con le popiile de' suoi lami ardenti G)stei fece nel Popolo accusarlo, E volle uno infinito beneficio Con infinita incuria accompagnarlo. Ma poi che -nàe questo comon vijsio Amato contro a se, volse costui Volontario lassar lo. 'ngrato ospixio; E diede luogo alloral mal d^ altrui. Tosto che e' vide come bisognava Boma perdesse o Ubertate, e lui* Kè il -petto suo d*alua vendetta armava; Solo alla patria sua lasdar non volse Queir ossa, che d* aver non meritava « E così il cerchio di sua vita volse Fuor del suo patrio nido, e cosi frutto Alla sementa sua contrario colse. Nfc fis gfà sola Roma ingrata al tutto ; BJsguarda Atene , dove ingratitudo Pose il suo ni4p più dke altrove brutto. 70 CAPITOLO Né valse contro a lei prender Io scudo , Quando all' incontro assai legge creolle , Per reprìmer, tal. tizio atroce, e crudo. E tanto più fu quella città fólié. Quanto si veck come con ragione Conobbe il bene , e seguitar non volle • Milziade > Aristide » e Foctoiie , Dì Temistocle ancor la dura sorte Fuxoo del viver suo buon testimone « Questi pe^ loro oprar egregio , e Torte , Furo i trionfi eh' egli ebbon da quella , Prigione , eàlio , .Tilipendio. e morte • • Perchè nel vulgo le prese castella , Il sangue sparso y e i' oneste feiite Di .piccìoi fallo ogni in£Rmia cancella « Ti/ÌÀ r ingiuste calunnie e tanto ardite Contro al buon cittadìn tal volta fanno Tirannico un ingegno umano e mite^ Spesso diventa un cittadin tiranno, • • £ del viver civil trapassa il segno , Per non sentir d ingratìtudo il danno • A Cesare occapar fé' questa il regno; £ quel che ingrati tudo non concesse | Gii dia la dittatura il giusto sdegncy DELLA INGRATITUDINE 71 ^Ma lascianiD ir del Popol V Interesse : A' principi moderni mi rivolto , Dpve anco ingrato cuor natura messe* Acoroatto Bascià , non dopo molto Ch'egli ebbe dato il regno a Baisitte, Morì col laccio intorno al collo avvolto. Ha le parti di Puglia derelitte Consalvo 9 ed al suo re sospetto vive^ In premio delle Galliche sconfitte . Cerca del mondo tutte V ampie rive , Troverai pochi principi esser grati, Se lederai quel che di lor si scrive. £ vedrai come e' mutator di stati, K donator di regni , sempre mai Son con esilio o morte ristorati • Perche se uno stato mutar sai , Dubita chi In hai principe fatto. Tu non gli tolga quel che dato gli hai • £ non ti osserva poi fede né patto ; Perchè gli è più potente la paura • Cb' elli ha di te y che l'obbligo contratto. £ tanto tempo questo timor dura , Quanto e' pena a veder tua stirpe spenta, £ di te e de tuoi la sepoltura. 72 CAPITOLO Onde che spesso servendo sì stenta, £ poi del ben servir se ne riporta Misera vita e storte iriolenta • Dunque non sendo ingratitudin morta , Ciascun fuggir le corti e stati debbe : Che non ce via che guidi 1' uom più corta A pianger quel che e volle poi che T ebbe* 7» CAPITOLO DELL* AMBIZIONE DI KICCOLCP MACHIAVELLI A LUIGI GUICCIARDINI, L ui^, poi elle tu ti nmravigK Di questo caso eh* a Siena è seguitò^ Non mi par che pel verso il mondo pigli. £ se nuovo ti par quel eh* -hai sentito Come tu J11* hai certificato e scritto , Pensa un pò meglio all' umano appetii*^ Perchè dal sol di Scisia a quel d' Egitto , ^ Dall' Inghilterra >air opposita riva , Si vede germinar questo delitto. Qnal regione , o qual città n* è priva ? Qual Dorgo , qual tugurio ? in ogni lato L' ambizione e l* avariala arriva % Tom. Vili. D rN 74 CAPITOLO Queste nel mondo , come Y iiom fu nato , Nacquero ancora , e se non fusser quelle^ Sarebbe assai felice il nostro stato • Di poco Iddio aveva fatte le stelle Il Ciel, la luce, gli elementi , e V uomo , Doniinator di tante cose belle ^ E la superbia degli Angeli domo , Di paradiso Adam fece ribello Con la sua donna pel gustar del pomo • Quando che nati Gain , ed Abello , Col padre loro , e dalla lor fatica • Vivendo lieti nel povero ostello. Potenzia occulta, eh' in ciel si nutrica Tra le stelle che quel girando serra ^ Alla natura «umana poco amica , Per privarci di pace , e porci in guerra ^ Per torci ogni quiete ed ogni bene , Mandò due Furie ad abitare in terra. J^ude son queste e -ciascheduna viene Con grazia tale ,che agli ocelli di molti ^ Pajon di quella e di diletto piene Ma ciascheduna d' esse ha quattro volli , Con otto mani ; e queste cose fanno Ti prenda e volga ovunque una si volti. DELL* AKBI^IONK yS Con queste invidia , accldln, e odio vanno,» Delia lor peste riempiendo il mondo , £ con lor crudeltà, superbia e inganno. Da queste concordia è cacciata in fondo ; £ per mostrar la lor voglia infinita. Portano in mano un'urna senza fondo* Per costor la quieta e dolce vita , Di che r albergo d' Adam era pieno Si fu con pace e carità fuggita • Queste del lor pestifero veneno Contro al suo buon fratel Gain armaro Empiendogli il grembo , il petto, e 1 8eno« E loro alta possanza dimostraro Poi che poteva n far ne' primi tempi. Un petto ambizioso , un petto avaro ; Quando gli uomin viveano e nudi e scempi D' ogni fortuna , e quando ancor non era Di povertà, né 41 ricchezza esempi* O mente umana insaziabile altera. Subdola , e varia , e sopra ogni altra coM Maligna , iniqua , impetuosa e fiera* Poiché per la tua voglia ambiziosa Si fé' la prima morie violenta N«r mondo, e la prima erba sanguinosa. 76 CAPITOLO Cresciuta poi quesla mala sementa Moltiplicata la caglon del male^ JNon ce ragion che di piai far si penta* Di (pil nasce eh* un scenderei* altro salo; Di qui dipende , senza legge o patto | Il variar d'ogni stato mortale. Questa ha di Francia il Re più volte tratto^ Questa del Re Alfonso, e Lodovico £ di San Marco h^ lo stato disfatto Né sol quel che di .bene ha il suo nin^ico^ Ma quel che pare (e così sempre fu Il /nondo fatto moderno ed antico }j Oguno stima , oguno spera più Sormontare opprImen<ìo or quello, or questo Che per qualunque sua propria virtù. A ciascun Faltrui ben sempre è molesto: £ però sempre con ajFanno e pena Al mal d' altrui è vigilante e desto ;. A questo instinto naturai ci mena Per proprio moto e propria passione Se legge p niaggior forza non ci a^rejoa. Ma se volessi saper la cagione Perchè una gente imperi , e T altra pianga Regnando in ogni loco ambizioni* ; dell' A M BIZIO ISfJE "ff É perAè Frància vlUrice rimanga ; Dall'altra patte perchè Italia tutta Un mar d' a£Eanni tenipestoso franga; £ perchè in questa parte sia ridutta La penit^nzia di quel tristo seme , Che ambizione ed avarizia frutta;' Se con ambizion congiunto è insieme,' Uh cuor feroce , una virtute armata y Quivi del proprio mal raro si teme. Quando una regioii vive efferata . Per sua natura , e poi per accidente Di buone leggi instrutta , ed ordinata'; L' ambizion contro V esterna gente Osa il furor , eh* usarlo infra se stessa Né le^e , né il re gliene consente ; Onde il mar proprio quasi sempre cessa ; Ma suol ben disturbar Y altrui ovile , Dove quel suo furor V insegna ha messa Fia per adverso quel loco servile Ad ogni danno, a ogni ingiuria espostò IDose sia gente ambiziosa e vile • Se viltà e trisf ordin siede accosto A questa ambizione; ogni sciagura, Ogni rovina , ogni altro mal viexr to3to» ^8 CAPITOLO X quando alcun colpasse la natura « Se in Italia tanto afflitta e stanca . I^on nasce genie si feroce e dura ; I)ico che questo non iscusa e franca L' Italia nostra , perchè può supplire U educazion dove natura manca. Questa F Italia g^k fece fiorire , £ di occupare il mondo tutto quanto La fiera educazion U diede ardire. Or vìve ( se vita è vivere in pianto ) Sotto quella rovina , e quella sorte ^ C ha allentato V ozio suo cotanto yiltate, e quella con T altre consorte . D' ambizione , son queste ferite C'hannQ d'Italia le province morte. Lascio di Siena la fraterna lite: Volta gli occhi , Luigi| a questa parte j Fra queste genti attonite e smarrite^ Vedrai nell* ambiuon V una e 1* altr* arte , Come quel ruba , queir altro si duole Delle fortune sue lacere e sparte* Rivolga ^li occhi in qnk chi veder vuole L' altrui fatiche , e riguardi se ancora Cotanta crudeltà vide mai il sole • DELL* AMBIZIONE 79 Gì il padre morto , e eh' il maiito plora , Qeir altro mesto del suo proprio letto Battuto e nudo trar si vede fuora. O quante volte avendo il padre stretto In braccio il Bglio, con un colpo solo "E suto rotto all' uno e 1' altro il petto ! Quello abbandona il suo paterno suolo ^ Accusando gli Dei crudeli e ingrati , Con la brigata sua piena di duolo • O esempi non piò nel mondo stati! Perchè si vede ogni di parti assai Per le ferite dellor ventre nati. Dietro alla figlia sua piena di guai Dice la madre , a che infelici nozze^ A che crudel marito ti servai Di sangue son le fosse e Y acque sozze , Piene di teste , di gambe , e di mani y £ ò' altre membra Ianiat« e mozze • Rapaci uocet , fere silvestrì , e cani Son poi le lor paterne sepolture, O sepulcrì crudei feroci e strani ! Senipre son le lor facde orrende e scure^ A giusa d*uom che sbigottito amnuri Per nuovi ^|aoni , o sid>ite paure • So CAMTOLa Dovunque gli occhi tu rivolti e giri , Di lacrime la. terra e sangue è pregnsks £ r aria. S ueU , singulti e sospirt • Se S altrui imparare alcrni si sdegna Come si debba anibizione usarla ^ Lo esempio tristo- di costor lo insegna. Da poi cbe r uora da se non può cacciarbi Debbe il giudizio e F intelletto sano Con ordine e ferocia accompagnarla* San Marco alle sue spese , e forse invano^ Tardi conosce come li bisogna Tener la. spada, e non il libro in mano. Pur altrimenti di regnar s* agogna Per la più parte , e quanto più s* acquista, Si perde prima, e con maggior ^tergogna. Dunque se spesso qualche cosa è vista Nascere impetuosa , ed importuna , Che '1 petto di ciascun turba e conteista) Non ne pigliare ammirazion alcuna: Perchè del mondo la parte maggiore Si lascia governar dalla Fortuna. Lasso or, che mentre nelU altrui dolore ... Tengo or V ingegno involto e la parola Sono oppressalo tial maggior Umore*. -DELL* AMBIZIONE 8l Io sento amblzion con quella scola ^ Ch' al principio del mondo al ciel sortille; Sopra de* monti di Toscana vola , E seminato ha gi^ tante faville Tra quelle genti sì d' invidia pregne , Ch' arderà le sue terre e le sue ville , Se grazia y o miglior ordin non la spegne* Fine dei quattro Capitoli D a si DECENNALE OSSIA COMPENDIO Defie cose Jatte in io. anni in Italia BI NICCOLO^ MACHIAVELLI, Xo canterò r ttallclie faticBfe Seguite già ne* duo passati lustri Sotto le s\x\\% al suo bene inìmichev.< Quanti alpestti sentier , quanti patustrì ^ Narrerò io di morti e sangue piem» Pe *[' variar de' regni e stati illustri O Musa., questa mia cetina sostieni £' tu, Apollo, per darmi soccorso, Dalle tue suore accompagnato vieni'.. Aveva il sol velbce sopra il' dorso Di questo mondo ben termini mill»* iH quattrocenito vanta quattro corso - $4 DECE179ALE Bai tempo che Glesù I^* nostre' viUft Visitò' prima , e col sangue che perse* Estinse le diaboliche faville ; Quando ih se discordante Italia aperse La via 2l Galli, e qtiando esser calpesta^ Dalle genti barbariche sofferse. E perchè a seguitarla non fu presta Vostra città , clii ne tenea la briglia Assaggiò i col]p|i della lor. tempesta « Gosl tutta Toscana sì scompiglia , , Cosi perdeste Pisa ; e quelli stati- Che diede lor la Medica famiglia « Ifè potesti gioir:, sendo caTati, Come -dovevi , di sotto a quel bastc^- Q^ft sessant'anni vi aveva. gravati. Perchè vedeste il vostro stato guasto. Vedeste la cittade in. gran periglio^ E de. Francesi la superbia, e il fasto. TXk mestier fa per uscir dello artiglio DI un tanto . re , e non esser vassalli Dij mostrar poco cuoi^ ^omen consigVo» liK) strepito delle arme e de? cavalli Non potè far che non fosse sentita La. voce d'.un.cappon fra cento. GallL FA X ]rPisa il me)aa*. Dove pà di Gonzaga il' furor sente , E come a ricontrarlo sopra al Taro* Avea condono la marchesa gf nte • Ma quei robusti furiosi urtaro Con virili neir Italico, drappello^ Che s<^pra al ventre suo- ohre passarinO « Ed ancor peggio sì- saria lor fatto « Se fra noi dìsparer non fusse suto Per la discordia del Vitello el gattOi. Da poi che Marco fu cosi battuto Fece lo accordo con Luigi in Franda Per. vendicar. il cplpo ricevuto. ; fp DCCE^lfALE E perchè 'l Turco arrestava la lancia Contro di ior, tanto timor li vinse Di non far cigolar la Ior bilancia ^ Che a far con voi la pace li sospinse , £d uscirsi di Pisa al tutto sparsi; E 1 Moro a consentirla voi costrinse. Per veder se potea riguadagnarsi Con questo beneficio il Vinizìano, Gii altri rimedj giudicando scarsi; Ma questo suo disegno ancor fu vano^ Perchè gli avien la Lombardia divisa Secret amente col gran Re Cristiano. Così restò Tastuzia sua derisa , £ voi senza temer di cosa alcuna Poneste il campo vostro intorno a Pba . Dove pOvSaste il corso d*una luna Senza alcun frutto , che a Principi forti S'oppose cnìdeiineiite la fortuna . Lungo sarebbe narrar tutti i torti, Tutti gl'inganni corsi in quello asse£o , E tutti i cittadin per febbre morti. E non veggendo all'acquisto rimedio, . Levaste il campo , per fuggir Taffanno Di quella impresa , e del vitello il tedio • PRIMO g3 Poco di poi del ricevuto inganno Vi vendicaste assai dando la morte A quel che fu cagion di tanto danno ^ Il Moro ancor non «orse nuglior sorte . In questo tempo perchè la corona Pi Francia gli era già sopra le porte • Onde Fuggi , per salvar la persona , £ Marco senza alcuno ostacol nussse L'inaegna in Ghiacadadda^ ed in Cremona* £ per servar il Gallo le promesse Al Pdpa, Fu hisogno consentigli Che il Valentin delle sue genti avesse. II qual sotto la insegna di tre gigli D'Imola e di Furll si fé' signore, E cavonne hxìsl donna co' suoi iiglL E voi vi ritrovavi in gran timore Per esser suti un pò troppo in&ngardi A seguitar il Gallo vincitore. Pur dopo la vittoria co' Lombardi Contento fu di accettarvi, non senza Fatica e costo, pel vostro esser tardi ^ Ne Fu appena ritornato in Franza , Che Milaa richiamava Lodevico , Per mantener la popolar usanza » q4 decennale Ma il Gnllo più veloce duo non dico , In nièn tempo che voi non diceste ecco Si* fece forte contro al suo nimico • Volsono i Galli di romagna il becco y Verso Milan, per soccorrere ì suoi. Lasciando 1 Papa e 1 Valentino in secco # E perchè il Gallo ne portasse poi. Come portò la palma con l'olivo. Non mancaste anche a darli ajuto ych • Onde che '1 Moro d'ogni ajuto privo Venne a Morlara co* Galli alle mani, £ ginne in Francia misero e cattivo • Ascanio suo fratel di bocca a* cani Sendo scampato per maggiore oltraggio La lealtà provò de* Vineziani . Volsero i Galli di poi far passaggio Ne' terren vostri, sol per isforzare £ riduir i Pisani a darvi omaggio • Cosi vennero avanti e nel passare Che fece con sue genti Beumonte , Trass^e alla sega più d*un mascellare 4 E come furon co' Pisani a fronte, Pien di confusion, dì timor cinti , Non dimostrarongià lor forze pronte* p & I 01 o qÌ ' Ma dipartirsi quasi rotti , e tinti Di gran vergogna , e conobbesi il \ero Come i Francesi possono essere vinti. Ne fu caso a passarlo di leggero: Perchè se fece voi vili ed abjettl Fu di quel regno il primo vitupero. y ■ : A' Ne voi di colpa rimaneste netti; / Però che'l Gallo ricoprir volea t -^ La «uà vergogna co' vostri difetti. Ne anche il vostro stato ben potea Deliberarsi , e mentre che in fra dua Del Re non ben contento si vivea; Il duca Valentin le vele sua. Ridiede a' venti , e verso '1 mar di sopra Della sua nave rivoltò la prua; £ con sue genti fé mirabil opra , Espugnando Faenza in tempo curto, £ mandando Romagna sotto sopra. Sondo dapoi sopra Bologna surto Con gran fatica , la Sega sostenne La violenza di «uè genti: & Turto. Partito quindi , in Toscana ne venne , Se rivestendo delle vostre spoglie. Mentre che '1 campo soprani vostro tenne. ^9 b£C€K«lACiE Onde clte voi per fug^r tante doglie. Come «color che altèo Far non ponno. Cedeste in qualche parte alle sue vQglie« £ cosi le sue genti oltre paesonno^ Ma nel passar piacque a chi Sena re^e Binnovellar Piombin di nuovo donno ^ Appresso a queste venne nuova gregge ^ Che sopra il vostro state volse' 1 piede, Kon moderata ^a freno o da le^e.» Mandava questa il Re conira l'erede- Di Eerrandin, « perchè si. fuggissi La metà ^i quel regno a Spagna diede» Tanto che Federico dipartissi , Visto de' suoi la Capovana praova; E nelle man di Francia a metter ^sr« £ perchè in questo te^po si ntroia Roano in Lombardia , voi praticavi Far col re per suo mezso le^ nuova « £ri senz' arme, e in maot Umore .stavi ^ Pe 1 corno che al vitello era ristiamo ^ £ dell'Orso e del Papa dubitavi « E parendovi pur vivere a caso ; E dubitando non esser difesi Se vi avvejaiva qualche «verso caso ; Dopo 1 YoUar ài molti giociù e mesi , Non senza grande apendio foste ancoia In sua protezion di Fi-ancia presi ^ Sotto H cui seirno vi posaste alllora. Poter tor a' JPtsan le biade in erba ^ £ le vostre bandiere mandar fuora« 2b Vitellozzo e sua gente superba, Senòò contea di voi di sdegno pienA Fer la ferita del fratello acerba^ Al cavallo -sfrenato ruppe '1 freno Per iradimento , e Di questo mondo non buon Geometra^. 'Poscia che Valentin purgato s'ebbe^ £ ritornato in Romagna, la impre;» Contro a Messer Giovanni far vorrebbe. Ma c6m^ fu questa novella intesa , Par che T Orso e 1 Vitel non si contenti^ Di voler esser seco a tanta offesa. £ rivolta £ra Ior questi serpenti Di velen pien , cominciaro a ghermirsi , £ con gU ugnoni a stracciarsi e co' denti* £ mal potendo il Valentin fugarsi ^ Gii bisognò , per ischivare il nschio ^ Con lo seudo di Francia ricoprirsi. E per pigliare i suoi nimici al vischio. Fischiò soavemente ^ e per ridurli Ne,Ua suJi tana , questo bavalischlo^ 100 DECENNALE JNè^ molto tempo perde nel conòarliy Che 'i tradhor ai FernK) , e Yilellozao, E quelli Orsin che tanto amici furti ^ Nelle sue insidie presto dier di cozzo; lieve r orso lasciò più d' una zampa , Ed al Yitei fa l'altro corno mozzo • Sentì Perugia e Siena ancor la ^^arnpa Deir Idra , e ciaschedun di qaei tiranni Fuggendo innanzi alla sua furia scampa. Ne il Cardinal Orsìn potè gli affanni Duella sua casa misera fuggire. Ma restò morto sotto mille inganni* In questi tempi i Galli pien d* ardire Contro gl'Ispani voltaron le pimte. Volendo il Regno a lor modo partire* E le genti nemiche avien consimte, E del reame occupato ogni cosa^ !Non essendo altre forze sopraggiunte. Ma divenuta forte e poderosa La parte Ispana y di del sangue avveirso La Puglia e la Galaurìa sanguinosa» Onde che*l Gallo si rivoltò verso Italia irato, come quel che brBma< v Di riaver lo Stato e I onor perso « y IL IMO t&9 E sir dèll^ Tfema^lìa', iiom di gran fama y Per venrlicarlo tri queste partì , corse A soccorrer .Gajeta che lo chiama. Né mollo innanzi le sue genti porse; Perdi è Valènsa il soo padre Mascagno Di seguitarle li > mettieno in forse. CereaTan qnesti'di nuovo compagno, Che desse Ibr degli altri stati m pre^<; Non reggendo col Gallo piii guadagno. Voi per non' esser del Valentin predio ^ Come eravatft stati ciascui» dV, £. che 'e* neif Aisse di Marzocco ereda:; Condotta avevi ' di Occam il Bagli Con cento lance , ed altra gente molta^ Credendo più sicuri star eoa* Con hf qoal gente la seconda volta Facesse Pisa di speranza priva li potersi goder la sua ricolla* Mentre clie Ist TremogUa ne veniva y £ ch^ ff« ^i" Papa e Francia «imer ascoso E collera matìgaa ribolliva; Malo , Valenza, e per aver riposa Postato fu fra V anime beate Lo spiato di Alessandro glorioso» y vox BECEKNALE Del qual seguirò le sante pedate Tre sue familiari e care ancelle^ Lussuria ^ simonia ^ e eruttate. Ma come furo in Francia le novelle ^ Ascanio Sforza, quella volpe astuta. Con parole suavi ornate , e beile • A Roan persuase la venuta, TS Italia promettendogli T ammanto Che salir i Cristian nel cielo ajuta • I Galli a. Roma si eran fermi intanto Ne passar volser X onorato rio Mentre che vuoto stette il seggio santo • E così fu creato Papa Pio ; Ma pochi giorni stiè sotto a quel pondo Che li avea posto in sulle spalle IH». Con gran concordia poi Giulio Secondo Fu fatto portioar di Paradise» , Per ristorar de' suoi disagi il mondo • * Poiché Alessandro (ii dal cielo ucciso» Lo stato del suo Duca di Valenza In molle parti fu rotto e diviso •. Baglion , Vitelli , Orsini e la semenza Di Monte Feltro in casa lor ne gira E Marco prese Rimino e Faeoea » P A I Pd O 1«3. « Insino in Roma U Valentin seguirò • E BagUon, erOrsin,per dargli guai, £ delle spoglie lor ai rivestirò . Giiilio sol Io nutrì di speme assai, £ quel duca in altrui trovar credette Quella pietÀ che non conobbe mai • Ma poi che ad Ostia . qualche giorno stette , Per dipartirsi il Papa fé tornallo In Roma , e a sue^ genti a guardia il dette. Intanto i.^P^^n <^l ^^^^ Gallo Sopra la riva del Gariglian giunti Facevan ogni cosa per passalto . £d avendo in quel loco in van consunti' Con gran disagi molti giorni e notti , Dal freddo alAitti , e da vergogna punti* E non essendo insieme mai ridotti . ^ Per vari Iqo^i e n più parti dispersi. Dal ^empo e da' nimici furon rotti : Onde avendo lonor e i danar persi, A Salsa, a Roma , e quivi tutto mesto Si dolse il Gallo de' suoi casi adversi ^ É parendo alF Ispano aver in questo Conflitto avuto le vittorie sue, I^è volendo giocar co' Galli il resto ; •o4 9se:]!]i«AXiS Forse spetando hetlà pace pae ^ ? Fece ferraiur il bellico tunmlto^ £ della tnegoa ben t:eiitQ&t9 foei. . Vh vofitefinti it Talor Tòsto oécuho \ Ma dLarme piCk gagHarde vi vestiste Per pajter meglio oppora ad ogni insiiltol Kè datle «iffese de' Pisan partiste : . ' Anzi taceste lor le terze biade ^ £ per mare e - per terra gli assaliste i E perchè non temean le vostre spade^^, Voi Ti' sforzaste con var} disegni Rivolger .Arno per diverse strade.. Or per dbat^rl^r ^i animi pregni^ A^Mete a crasdiedun te braoda aperte. Che a" domandar pefdda venir..»! degnk. Ii^afito fi Papa dopo molte offerte « Fé*' di Ftrrh e della Rocca acfqnisto^ £ Vatenza fug^ pet vìe coperte'* . « £ benché e^fusse da Consalvò visto ,(> €bri lieto ^t)^, li. pose la- soma i €he meritava un ribellante a* Orato v E per far b^n tanta superbia 'doitt&>^ In'Isfpa^fi mfmèùb priorie e vinta • Ghìi-già' fé* tyeiBar:¥oi'e>{>iaaigerailainA Ha volto U m\ dae volte 1* fimo cpniU» Sopra questi accidenU cnidfi e fieri ^ £ di ssmgae 1» fcAnoii mende latos Ed or raddoppi» f erzéasito' eonien^ AceioiCchè presto {vesto si risenta ^ ^Ccsa cbe ^este li p^ja» kggperi» Non è ben 1» forfima ancor eontent» p Né posto hst fiae all' Italica lUe , Né la ea^n A tanti maE è spenta Kon sono i r^m e le potenzfe unite ^ Né possono essere ; percliè il Pspa^roofe Guarir la ctuesa deile sue ferke • 1/ Imperater con Tunica sua prole Còl presentarsi al successor di Pietro; Al Gallo il colpo ricevuto duole } K Spagna- de di Puglia tien Ib scetro » Ya tèndendo a* vicìn lacciuoli e rele^ Per no» tornai con le sue imprese a retroii. Marco pien d» paura • pien di sete ^ Fra la Biice ^ la guem tutto pendo ^ £ voi ai Pisov gi«Afita v^gl'i» avete*. Per t^nto fecilmente si' comprende • €be Bn'iil eiplo liggiuugiirà la fismms • -.'Se iHiovo .fH04:o Èra costor s* accende •> On(k r animo mio tutto* s' infiamma Or di speranza, or. di timor si cerca, Tanto che si consuma a diaomia a dramma^ Berchè saper vorrebbe dove carca Di tanti incarchi debbe, o in qual pò rto Con questi Venti andar la vostra barca Bur fi confida nel nocchier accorto , NeVeml , nelle vele , nelle sarte ; Ma sarebbe ii cammin facile e corto >. Se voi il tempio riapriste a Marte » » *• to7 DECENNALE 4 SECONDO t)I ìniccoló* machuvelli vjrli accidenti e casi furiosi^ Che in dieud anni seguenti sona sitati Poi che tacendo la penna riposi; Le mutazion de* reeni, imperj , e staiti Seguiti pur per. i italico sito ^ Dai consìglio divin predestinati | . Canterò io ; e di cantar ardito Sarò fra molto pianto , benché quasi ^ Sia per dolor divenuto smarrito* Musa, se mai di te mi persuasi , Prestami grafia che*l mio verso arrivi Alla grandezsa de* seguiti casi : E dal tuo fonte tal grazia derivi Di cotanta virtù, che'l nostro canto ^ ""Conienti almanco quei che sono or vivi loft DEa]llfKAIi.& Era sospeso it niondo tutt» quantoC^ Ogniun teneva te redine in maiKX Del 3ao cornee affaticata tonta :. Qoandb^ Bartolommeo detto» dt iivrano Con -la sua compagnia |Mir(ìdelregti9^ Noa bea contento del gran capilanó.. E per- dac fiko. at bellieoso mgbgn» O per qualunque altra cagkm fosso- ^ Entrac in. Pisa aiKea Datlo: dtsegjno»* E bencRè seco avesse poehe* posse-^ ParnotMKmanco del futuie gioca Ftt 1& póma- pedin» c^e si mosso*. Ma ¥01 voibndb spegner questo^ fbooy Vi preparasi^ bene , e prestamente ; Tal che 1' disegno suo- noa ofabo loca* Cbe giunto èktl^ torre a San* Vincent» Ber la virtù.- del vosuio €^taccmiMio Fa preeternatii ^ votia^ la sm gente; B quat p&n sua viktd'^ per suo de8tino> h> tanta gloiia^ e'ii tanta grazia venno^ Quant' altr-o mai pmsiCO' cittadino^* w Questi per hi^ sue pacyi» ^ssai soflit^mne^^. £ ^ vostra miliaia' il sue decoro Co»' ptatgklStkià gPtak t011ipO*B»DilÌMUlO^ s £ -e O K D a ' tt^ Avaro dellWer^ lafg» dell* ero^ £L eli Unta wtà vìsas 08pMe> Che: metila assai .più dm io non Tooor»» Ed- or aegltUo e.fvittp«so gnrct ^ellc- aiM eai6e ^ 'pover^ voccbio', t- oiéco^ Tanlo a fortuna .dù bea fa Aspiac» • Di poi ) se a mente l^ea tfitn> jnr reco |. Giste ecmlra:a JK9iin> con ^leUa speme Che queUa wKIa «vea portala .^eco » Ma pecdiè Pia» poco o aidla lemch^ Non libito tempo il ounpo vi tenesle^^ Che- fu principio #aMai uido. senitf «r E de dahM e enor'!» peodeste^^ Seg«iluqd« il parer unWejdale^ Al vekf popolar «liisfaceMe^. JUcenie in tanl0' in urt'eva eoi ipiale S'eaa», legati giian principi a gara^^' . Pcr.mdergli ìI.mìo stalo, nalwcale-^. ^oti ,H» Siseele d^« di Ferrara v Mvrl'ei» Federigo I e di Castiglìa; Elbabetta re^^m •, procura ; Onde dfee'ltììtìa per partit» pJ^ia Far j pace oeoi. Keim^indo e licoÀcesie «tfM eopstfrle di £V»ia la bf^^ ri« BECÈ17KALB £ la sua parte di Napoli cesse Per dote di costei , e'I re di Spagnsi JLi'fece molto larghe le proniessQi In questo l'arciduca di Bretagna Sera partito ^ che con seco aveva Condotta moka gente di Lamagna ; Perchè pigliar il goverrio voleva Del régno di Castiglia , il quale a Itir^ £ non al snoeer suo s'apparteneva. £ come ih alto mar giunse costiti , Fu da venti V armata combattuta , Tanlo clìe si ridusse in forza altrui» Con la sua tfiave da venti sbattuta Applicò in Inghilterra, la qual fue Pe'l duca di Sofokh mala venata *. Indi partito con le genti sue ' ' In Castiglia arrivò la sua persona j Dovè Fernando non istelte piue. E ridotto nel regno d*' Aragona Perir di Puglia il suo stato a vedete^ Parti con le galèe' da Banalona • Ihtanto Papa Giiillo pia tenere' ' Non potendo il feroce animo in AreiM^ Al vento diede le sacre ban ser vero. A molti altri pareva potersi fare senza tanto disagio, costringendo varie ani- me con varj tormenti a scoprirlo . Piire la maggior parte consigliando , che si mandas- se , s' indirizzarono a questa opinione . E non si trovando alcuno , che volontariamente pren- desse questa impresa , dtdiberarono , che la sorte fusse quella, che lo dichiarasse , la qua- le' cade sopra Belfagor arcidiavolo , ma per r addietro , avanti che cadesse dai cielo , Ar- cangelo; il quale ancora che mal volentieri pigliasse questo carico : nondimeno , costretto dallo imperio di Plutone , si dispose a se- guire quanto nel concilio s* era detcrmina- to , e obbligossi a quelle convenzioni , che £ca loro solennemente erano state delibera- 130 KOTELLA fé:; le quali erano , clie subito a coI«l ,€he fosse pei* questa commissione deputato fos- sero consegnati cento mila ducati , co' quali doveva venire nel mondo , e sotto forma d* nomo prender moglie, e con quella vivere dieci anni ; e dopo hngendo di morire , tor- narsene , e p6f isperiensia far fede a sum superiori^ quali sieno i cariebi, e le como- dità del raatrjinonio . Dichiarossi ancora , che durante detto tempo e' fosse sottoposto a tuUi li disagi ,. e a tutti quelli mali, che sono sotto- I>osti gli uomini, e che si tira dietiso la povertà y e carceri , la malattia , ed ogni altro infortu- nio, nel quale gli uomini «corrono, ecoetto «e con inganno o astuzia se . ne liberasse • Fresa adunque Bctlagor la condisione e i ^fìari ^ ne venne nel mondo , ed ordimilo • di sue niasnàde teayàitli e coxnpagni entrò onoratissimamente in l*^en&e; la qual città innanzi a . tutte V altre elesse per suo domi- cilio, come quella che gU pareva più at4a a sopportare chi con arte usura ja* eserci- tasse i s^oi danmi; e fattosi chiamare Ro- ^erigo di Castiglia, prese una casa a Btto nel Borgo d" Ognissanti « £ perchè non ^ potesse rinvenire Le sue condisioni , disse «ssersi da picciolo partito. di Spagna, c-d ito- ne in Soi^a ed avere in Aleppe guadagn«ito tutte ie sue facultà; dopdie s' era poi par- tilo per 'venire in 'Italia ^ a pcendere donna in luoghi più umani , ed alla vita civile ed i^ a&imo «uo più conformi . Era &oderig« FIAeXVOLISSIMi: tal iielllssinio uomo, e mostrava una et^ Si treni' anni ; ed avendo in pochi giorni di- mostro di qiiante ricchezze abbondasse , • dando esempi di se ò* essere umano e Iibc« rale , molti nobili cittadini , che avevano a»» sai figliuole e pochi danari , se^ gli oiEerlv»- no; tra le quali tutte Koderigo scelse una bellissima fanciulla chiamata Onesta^ %liuo« la d* Amerigo Donati , il quale n aveva tre altre ìnsterpe con tre figliiK>li maschi, tutti uomini e quelle cninoi quasi che da marito • £ benché fussQ. d*'una nobilissima famiglia ., e di lui fosse in Firenze tenuto buon con- to , nondimeno era rispetto alla brigata che aveva .^ ed alla nobiltH poverissin>o . Foce Kodi-rigo magnifiche « splendidissime nozze^ nò , lasciò in dietim alcuna di quelle cose che in simil ie9ìe ^i desiderano; essendo per la legg6 che gli era slata data nelT «iscire dello Inferno sottoposto a tutte le pa«« «ioni umane.» Subito oomittc)^ a pigliar pia» cere .degli onori e .delle pompe delmond^^ fd aver caro «Tesser laudato tra gli uomi- ni : il ebe gU vrecava spesa non picciola« Oltre a questo non fu dimoralo molto con Ia sud Monna OnesUt , che se ne innamora luor di misura y né poteva, vivere qitalunque volta fc vedeva star trbta» ed aver alcuno dispiacere* Aveva Monna Onesta portalo in ..casa Roderigo insieme con la nobiltà seco « con la bellezza tanta superbia ^ che non n ebbe mai tanta Lucìfero; e Rodcrigo clic • Tom. rUL S flveva provata T una e V altra , gi^^ifcatft quella della moglie superiore « Ma diventò ^i lunga maggiore come prima qiit^la sì accolse dell' amore che il iparitQ le , porta-* va: e parendole poterlo da ogni parte .«i- {'Qoreggiare ^ senza alcuna pi^tà. q :^rÌ3petto 1 comandava , né dubitava , quatido .da ìuL «Icuna cosa ^i era negala con pajEple villa- ne ed ingiuriose morderlo; ilcke eia aRo derigo cagione d' incredibil noja . Pur non- dimeno il suocero, 1 fratelU» il parentado, X obbligo del matrimonio e sopra ^ tutto il f^ranàe amore le portava, gli laceva avei ipazienzaJo vogliolasciar le^andi spese cl)e per contentarla faceva in vestirla di nuov^- i,isan- se e contentarla di nuove foggie, che coo^ ^inuamente la nostra città per sua naturai consuetudine varia , die fu necessitato ^ vo- lendo star in pace con lei, ajutare al suo- cero maritare 1 altre sue figliuole, dove spe« •e grossa somma di danari. Dopo questo -volendo aver bene con quella, gli, conven* ^e mandare un de' frateni in levafiie . eoa f>anni , ed un altro, in ponente con dnjppi^ air altro aprire un battiloro in f irena^., nil» le quab cose dispensò la i^ggipr parte ^elle sue fortune . Oltfe a questp ne* tpippì 4i carnesciale e di San Glovannt^ -quando lutta la città per ax^tica ccpswiettidii^^fe* ^teggba^ e che, ;rnolti cittadini • i(iobili e. .rìc'*' ^hi con splendìdìssiini conviti fi p)^^rano.|, fft jQipA ^saiar M^na Qiies ta . aUe Àtcfi , écM^ PIACBTOlÌ55'IMA tzd^ tre 'ìnlènot^ , voleva che il suo Roderìge' con ' èinìU ' feste tatti gli altri superasse . Le quaK cose tutte erano da lui per le soprad- dette cagioni sopportate, he gli sarebbono' ancora che. gravissime , parute gravi a far- le , se da questo ne fnsse nata la quiete della casa sua > e s' egli avesse potuto pa- ciecamente aspettare i tenipi della sua ro'- vlrìd . Ma' ^ interveniva 1* opposto ; perchè coti Y insoportabili spese , V insolente natura di lei ìnEnite incomodità gli recava , e non erano in casa sua né servi né serventi , che non che molto tempo, ma brevissimi giorni potessero sopportare . Donde ne nascevano a Roderigo disagi gravissimi , per non poter tener servo cKe avesse amore alle cose sue e ntin'che altm , quelli diavoli, ì quali in persona di famigli aveva Condotti seco pia- tosto etessero di tornarsene in Inferno a sta- re Tièl fuoco, che viver nel mondo soHa r in^perio idi- quella • Standosi adunque Ro-. derigó in qeiesta tt^ultuosa e inquieta vita, e irvei^dd per le disordinate spese eia con- stiÉtìÀlÀ '^anto mòbile aveva nserbato; coriJinciò a vivere sotto h speranza de* rì- tràttlJ che ifi' Ponente é di 'Levante aspctta- vèj^'éd^ avéi&do ah^ór buon credilo, per ton lùaxì'C^t di suo grado, prese' a tàmbio, e gitàntfògt^'g?S hioltt marchi jaddòsso, fu tosto notato* da' ffàélK cbìè ' ih iSipili" eserclej in méV^ib ^i Vr^VàgHano . E essendo* dì già il «adià^'tób teherb, ^eiMierò Ih M svftìto ^ 1^4 .. ìrOV£L£A Levante e di Ponente novelle , come V vani de' fratelU di Monna Onesta s' avea focate tutto il mobile di Roderigo , Taltro tornando eopra una nave canea di sua mercanzia, eenza essersi altrimenti asncurato, era insie- me con quella annegato. Né fu prima pub- blicata questa cosa , che i creditori di Ro- derigo SI ristrìnsero insieme, e giudicando che fosse: spacciato , né potendo' ancora sco- prirsi, per non esser venuto il tempo de' pagamenti loro, conclusero che fosse bene osservarlo così destramente, acciocché dal dello al fatto di nascosto non se ne fuggisse • Ro- derigo dall'altra parte ..non veggendo al ca- so- suo runedio, e sapendo quanto la legge infernale costringeva , pensò di fuggirsi in ogni modo, e montato una mattina a ca- vallo , abitando propinquo alla porta al pra- to , per quella se ne usci ; né prìma fu veduta la partita sua, che il romore si le- ve fra i creditori i quali rìcorsi a' magistcati , non solamente co' cursori , ma popolarmente •t mìsero jt seguirlo. Non era Roderigo, quando se gli levò dietro il romore , dilun- gato dalla città un miglio, in modo che vedendosi a mal partito , deliberò, per fuggir più secreto, uscire di strada , e a tra- verso per gli campi cercare sua fortuna . Ma tendo a far questo impedito dalle assai fos- se che attraversano il paese, né potendo per questo ire a cavallo , si mise a fuggire ft pie, e lasciata h cavalcatura ia au lasui^ ]PIACfi V0L1SSIMA XaS ^ afttnn^tersando di campo in campo coperM dalle irigne e da canneti y di che quel paese abbonda,aff*rivò sopra Peretok a casa Gio: Mat«* te^ del Bricca lavoratore di Giovanni del Bene» ed a sorte trovò 6io: Mfiftteo cke recava a ca- 'Sé 'da rodere a* buoi ^ e se gH recemandò^ pf ométtendogli che'ae lo salvava dalie ma* tóàt*s}iOÌ nintici, i qaaiì per farlo morir» in pngtohe lo seguitavano ^ die lo farebbe ricco ^ e gliene darebbe innanzi alia sua par- tita tal saggio y che gli Crederebbe ; e quaa« éo questo non facesse , era contento die esso proprio lo ponesse in mano a' suoi ad* versar] • £ra Gio: Matteo, ancor che conta- €KiiO , uomo animoso ; e giudicando non ]poter' peixlere a pigliar partito di salvarlo , gliene pr-omise ; e cacciatolo in un monte di letame , il quaile avea davanti alla sua casa. Io ricoperse con cannuccie e altre mondi*- j^Iie che per ardere avea r^gunate • Non era Roderìgo a pena fornito di nascondersi , che i socn perseguitatori sopraggiunseno , e per Usfméti^ che facessero a Gio: Matteo , non trassero mai da lui che F avesse visto. TaU che passati più inriaìiti^ avendolo in vano quel dì^e F altro cerco/stracchl se ne tornarono a Forènse* Gio: Matteo adunque , cessato il ru- more, e trattolo del luogo dov* era , lo richiese della fede datk. Al quale Hoderigò disse : fratel mio , lo ho con teco un grande obbligo , e Io toglio in qualunque mc»dò soddisftire ; e fchè^ tu creuÀ cb'io^ possa farlo , ti dirò ìM lor^aono: e qaivi gli mahh & suo essere y. « éAìe le^t airute all' uscire d'Ia£erno, ei-dél-^ la- moglie tolta ; e di più. gli^ diaae il modo noi qaale- lo rcÌQta amcchire y che in soÀiaia sarebbe: questo y che come si aeAtif¥&che A^ cuHa donna fosse spiritala.,, cretese ^ lui ese sere quello , che gli fosse addo8so> aà itisi, se Ite < «sfarebbe s' egli non veiùsse.^ trame-^ loy donde avrebbe occasione di: {arsì a suo^ modo > pagare da' parenti, di quella $ « cimacL in questa conclusione spaci via. .Né passaurono^ IBoUi giorni , che si sparse per tixtta Fi^iJnxe, «ome una figliuola di .Messec Ambrogio Ame- dei, la quale aveva* maritata a Buonajula Tebalducci, era indemoniata «Ne. mancarono r parenti di facvi di quelli rimed), che in si* fnili accidenti si fannO| ponendole in.. capo la l^ta di S. Zanobi^ e iL mantello^ di S. Gtoz. òaalb^rlp^ le quali (X)Sfe 4ntte da. Roderigc^ «rano uccellate :.e per chiacirsi ciascuno cod- ine il male della fanciulla., erà^' uao^ spirilo y e non altea iauta^ica immaginazione ^ parlava latino,' e disputava delle cose di. Filosofia, e scopriva i peccati . dove Gio:]V]dtteo> fette prii:Ma dire certe^Meisey e fette sue cecemonie per sh^ belilre la O06ft, s* acqoetò» a. gli oi^ecchl della raja-» òutla^ e disae u Roderì^', io sono venato a trovarti y perchè tu m' osservi Jbt promessa *. Al qaaU Roderlgo rispose : io sono contenu- to ^ raa^oeito non^basta» farti ricco; e pe«i wò fs^fB ch'^io^8arò di qui , entrerò nella fi- gliuola di Cario Re di Napoli , né mai n'usci*** r^ senza te» Faraiti fare allora luaa mancia. a tuo modo ^. nò poi mi darai più briga» Detto^ qoe6toa*iBci d'addosso^ a colei , con piacerò* e ammirai^ione di tutta Firenze^ Non passò nidi «^ to tempo^ die- per tutta Italia si sparse T ac^ cidente venuta alla> figliuola del Re Carle' ^ uè trovaadoa il . rimedio de* frati valevole ^ avuta il Rei notizia di Glo: Matteo , mandd a Firenze per lui; il.qual arrivato a Napoli^ dopo qualdie fìnta, cerimonia , la ^ guari. Ma Roderigo prima che partisse 9 disse : tu vedi Gio» Matteo ) io t' ho dsservate lo promesse d* averti arricchito; e però * sondo disobbligo j io non ià jsobo pia- tenuto- di cosa alciuia* Per tanto' sarai conteiUo non mLcapitase più imiapzi ; perchè cbve io- t' ho fatto bene ti làrei per l'avvenire male. Tornai o> adunque 9' Firen;te Gio: Matteo riocliissimo^ perchè ave¥asto lieto a JR(iMi, deOa JK(>f^eU(0 # OH~. ->.•',' •• • • .. « fc » i3Ì RIME DI NICCOLO* MACHIAVELLI ULTIMAMENTE STAMJPATE ^ p CAPITOLO IW liODE DI JACINtO^ oscia che air onibra 8dtto questo allora Veggo pascere intorno il mio armento, Vuo dar principio a più aito lavoro. Se mai, fistiila dolce , il -tcio -eoncento Eè ^r li sasw, le muover le pianti, Fermare i fiumi, e racchetare il venlo^ Mostra ora e' tuoi valori imiti -e tanti. Che la terra ammirata -e lieta resti , £ rallegrisi H ■elei de' nostri canti « fiendiè altra Toce ed altro stll vorresti; Perchè a laudar tanta beltade appieno Più alto ingegno con vien che si desti]; Tom. VIU, ^ l34 CAl^ITOLO r Che d'un giovan celeste e non terreno ^ Di modi eccelsi y di dìvin costumi , Convien per uom dìvin le laudi sieno. Porgimi dunque, Febo, de' tua lumi; Se mai priego mortai per te s' intende , Fa* che la mente mia oscura alUunI. 10 veggo la tua faccia che raccende Più che r usato un vivace splendore , Né vento o nube questo giorno offende. Talché ajutato dal tuo gran valore , O sacro Apollo , e da tue forze io ▼òglio Spenderlo in fare al tuo Iacinto onore. iacinto, il nome tuo celebrar soglio, £ per farne memoria a chiunque rlre^ Lo scrivo in ogni tronco , in ogni scoglio : Dipoi le tue bellezze egregie e dive^ E le tue opre atte ad onorare Qualunque di te parla o di te icrirev 11 ciel k saa virt& volle mostrare, . Quando ci dette cosa si suprema ^ Per parte a noi di sue bellezze fare • Onde ogni lume innanzi a questo scema j Prima guardando quella chioma degna D' ogni corona e a ogni diadema • CAPITOLO i35 Poi lo splendor die in quella fronte regn^i^ Con ogni parte in se considerata, Quanto Natura ha di valor e insegna t Vedi poi il resto a quella accomodata, . Odi il suon poi de* suoi grati sermoni^ Da fare un marmo, una pietra animata» Si che ride la terra ove il pie poni ^ /^ ;... ; E rallegrasi T aria dove arriva * / - ~* Della tua voce i graziosi suoni p \''^ Poi SI secca f erbetta che fioriva, ' \ -^^.^^'^ Quando ti parti, si che afflitta resta, ^- E X aria duobi de* tuo* accenti priva • Né cosa manco degna par di questa, D* acquistar fama un naturai desio, Che farà la tua gloria manifesta . Talché 1 prego eh* i' possa, o Giove THio^ Fra tante tube che lo esalteranno, Far risuonare un rozzo corno anch' io • Tutti i pastor che in 4]ueste selve stanno ^ . Senza riguardo alf età juvenìle , Ogni lor differenza in te pósto hanno . Tu col tue destro ingegno e signorile Per varj modi e per diversi inventi Gli fai tornar lieti al loro ovile • Pinoso se' se qualdie mìser senti Per corrtraria forKma e per amore ^ Col Uio dolce parlar lu lo contenfi . Non che gloria tu sia d' ogni pastore , Come ognun .veder può, le selve adorni ^ ♦Qwale ogni Dio di quelle abitatore • Kè vi duol più che Diana soggiorni In cielo , © selve , né Febo aira^ "D' Admeto a riguardar gli armenti tornì. Isè d' Ecuba il figli tiol più non chiamate , Non Cefal , non Aliante , perchè più Felt Ch!. amasse tanto i pomi quanto questa ^ Onde l nome da* pomi le deriva; Però che or questo con la falce annesta^ Versa sopra queir altro Y acqua viva , Quando il sol caldo le sue barbe infesta, Pata. a quell altro i ranii> lieti & torti; £ non amava., se non perni ed orti^ A. questi solò ella avea posto amore , Fuggendo al tutto di Venere i lacci ^ £ le saette del fiero Signore^ Dispregiando suoi prieghi. , o suoi- minacci E perchè sendo donna , avea timore , Che violenza akimo uom non le facci. Di mura U orlo suo circonda., e £ascia Là. dove entraje mai uom per nulla lancia ^. I giovanetti Satin d' intorno- Le facean vari balli per placarla ). Pax), e Sileno, molte volte andorn(fe Innamocali. di lei. a trovarla ^ E sempre dura e fredda la 4rovorno ; " Ma quel , che sì credea più caldo aniarla^ £ra Veitunno in fra tutti costoro^ Né più felice viveva, di loro • • fi perehè h natura di rautarsU, Gii avea concesso in varì&ti voltt. Soleva alcuna volta un villan f;irsi,. Ch* a vesso allotta i buoi dal giogo seiolt^ Ed ora in u» soldato trasformarsi , £d or. parea ch'avesse pomi colti;; £ così trasformava sua natura Per veder soL di costei la figuia ... JDipei. per quiètav Te fiamme accese , £ per venir d* ogni sua voglia al fine , L* immagin d' una donna vecchia prose Con là rugosa fronte e l bianco crine,. - E dentro- air orto di Poinona» scese Tra pomi e frutte che parean dlvine^^ £ salutolla e disse: Figlia mia Bella, e più belK ass^ i, se frissi piàiw Beala bea tra l'altre ti puoi dire,-, ' , Da che con questi pomi 4i' compiaci^; Poi la baciò ^ e lei potè .settica . Non es&er quelli d* una vecchia i baci;. £ simulando non potor più»- ire , ; - ■ ' j Si pose sopra un. sasso, e^^ disse :. taci ,, Figliuola, se ti pLice^ Qieico alquai^Q^. £a.q)tie,M' oloio^è q|^i , goa niente inUnl^4* Vedi ancor quella vite , che lui serra , Tra Le sue fronde , e la chiude ed invoglie ; Scn%a quell olmo ella sarebbe in terra, £ non si onorerta di ' tante spoglie . L' olmo senza la vite , eh* egli afferra , Non arebbe altro in se , che rami e foglie} Così V un senza. T altro in poco d' om Inutil tronco ^ inutil legno fora • Tu nondimeno stai' proterva e dura , £ non ti muovi per lo esemplo loro^ £ di prendere amante non bai cura j Che dia agli anni tuoi degno ristoro ; £ benché molti per la tua figura Sentino affanni assai , doglia e martorOj^ Se creder tu vorrai a' miei consigli , Vo* che' Vertunno per amante pigli» Credi a me » che il conosco , costai f ama Più che la vita sua , e le sol vuole : Sol te disia in questo mondo e brama ^ E non cerca altra cosa sotte il sole : Costui tuo servo per tutto si chiama, Sol di te parla , sol te onora e colè; Tu se -il *suo primo amor, e se tu vuoi, T* ha dedicato tutti gli anni stt(H. Oltre di questo ; egli è giovane amante, £ può pigliar qual fórma pia gli piace. Come vorrai te lo vedrai d* avante , ^. Par che tu ceda all' amorosa face* •S£ ABITATA' l4S* Quello ama come te gli orti e le piantai £ come te de pomi si compiace; £ <}uesta valle intorno , e questi fonU Ha sempre frequentato , e questi monti» E bench*egli ami assai i pomi e gli orti. Ogni diletto noiidimanco lascia Per vedérti y e veggendo si conforti , £ mitighi la £amma , che lo fascia . Credi esso proprio a far questo ti esorti| Non una vecchia , che già il tempo accascia; Abbi misericordia di chi arde : Grazie amorose mai non furon tarde « E se mai crudeltà ti tiene, o tenne Empiendo il petto tuo d amaro fele ^ In Cipri io ti dirò quel che intervenne Ad una donna per esser crudele , Qual condro al regno d' Amor dura venne- ^ Proterva, iniqua, malvagia, infedele; Ma la vendetta tanjto atroce e rara Fa eh' ogni dònna all« sue spese impara «. Amava Ifi leggiadro giovinetto La bella e la^ crudele Anassarete : ArdevagU dì foco il cor nel petto | Come una facellina arder vedete; Avea sempre quel volto per obbielto/ Che gli accendeva T amorosa sete , £ ^ece molte prove seco stessi Se per ae spegtier quel foco potessi. >5 a44 S.SRcKItA.l^A. Ida poi che non potette con ragione^ In parte mitigar tantq furore. Davanti alle sue porte ginoccllione Venne pungendo- a confessar l'amore;. E con umile, e pietoso sermone Cercava alleggerire il suo dolore , £d or co' servi , or oon la sua nutrice X suoi affanni , e- le sue doglie dice». Talvolta qualche lettera «crivea-, £ le j^ue pene descritte mandoller Spesso alla porta la notte- ponea Fiori> e grìl lande del' snò pianta moUe^ £ spesso per mostrar quanto egli ardea Dormire a pie della sua casa volle ;* ' Dove facea d' un freddo sesso letto^ ^ Al miser corpo y. alt amoroso petto . . Ma costei più crudèle era- che T mare , Quando da' venti è tempestato e moeso;; £' via più dura- ancor cKe'lferro pavé ^ Qual da Nofico fuoco è > fatto rosso*;- E più che il sasso , che fuor non appare^ lAà stassi ancor 80tt erra duro e grosso^ E con parole , e con fatti il dispressa : ^ Tanto era.queata donna male, avvezza. Sopportar questo giovih non potette» Del dolor la lunghezza , e del tormento^ E lacrimando avanti all' uscio stette Delia ^a donna . rij^ien dj spavento |.' SERENATA ì^S Poi questa voce lacrlniabìl dette : Tu vinci , Anassarete :. io son contento- Morire ^ afcciò che più tu. non soppostl 1k miei fastidi y • vittoria- ne porti. Orna le tempie tue di verde alloro , Trionfa della guerra , eh' io ti mossi ,. ^u se contenta , ed. io contento nioDO ;, Poi eh* altrimenti piacerli non piiossi : £. poi che non ti miiove il'niio niaFtorOj^ Come se ferro , o dura pietra fossi ^ Godi, da che la sorte mi conduce A mancare or dell'anace T. altra luce. Perchè non ti abbia a narrare aRra gente* Il lieto nunzio della morte mia, Tu nù xedcai co* tuoi occhi pendente j. n che maggior^ contento assai ti fìa ; Prendi^ orudel', questo crudel presenta^ Ch' ha meritato la tua villania^: Ma voi, Celesti, che questo ve^te^ Fors» di' me qualche pie tate arele . E se il preg<»- d' alòun mai vi fu grato , «5e mai cedeste a nostre . umane voglie^. £ale che lungo. tempo ricordato^ Sia questo mio morir , ^queste mie doglie;^ £ che mi sia. per fama almanco dato Quel . che- durezza e csudeltà mi toglie #: £ così detto ^ tal furor lo vinse, Chi intocjru)^ al collo un capestro ti c!xm. x4€ SX&BKATI^ Poi pìen di caldi e lacrimoti amori^ Alzò tuUo afEfinnato gli occhi suoi ^ £ disse: Cruda, questi sono i fiorì, Queste son le griUande, che tu vaoi« In fin per terminar tanti dolori Si lasciò ir tutto pendente poi; £ nel cader parve la porta desse Un suon, che del suo caso si dolesse. Fu portato alla madre il corpo morto j La qual lo pianse miserabilmente , Dolendosi del ciel , che le fa torto ^ Vedendo morto il figfiuol crudelmente; £ non voleva udir prìego « conforto ^ Tanto era del dolore impaziente Per la sua morte cotanto immatura^ Pur s ordinò ^i darli sepoltora • Mentre che*l corpo al sepolcro n'aiidava, D*Anassarete alla casa pervenne , La miai sentendo che *ì corpo passava ^ Di farsi alle finestre non si tenne ^ £ come il volto di colui mirava, Subito pietra la crude! divenne ; Per tutto il corpo suo con grande orrorfl Diventò il sasso , eh* eli' avea nel" core • Dunque per la memori» di tal sorte Pon giù queHa superbia, che tia hai; Segui il regno di Venere, e la corte: Se a mio raodo^ o Pomona, farai* Aprt allo amante le seiTate porte ^ Usa pietà , e pietà troverai ; E come questo la veccliia ebbe detto ^ Si fece un bello e gentil giovinetto * Talché Pomona , parte per paura , Parte commossa da Vi lieta faccia Non guarì stette od ostinata , o dura^ iHa dal suo petto ogni crudeltà caccia; E di Vertunno assai lieta e sicura Si mise volontaria nelle braccia; £ visse seco un gran tempo felice, Se'l ver di questo dii ne scrive dice'; Donna beata , a cui si canta e snona , E voi d' intorno, che questo intendete ì Imitate le esemplo di Pomona, £ non la crudeltà d' Anassarete , Ecco il tuo servo , che piange e ragiona^ E di veder sol la tua faecia ha sete; E ti prega y che al mal d* altrui ti specchi, Ed a* suoi prieghi porga un pò* gli orecchi • Non è la sua età vecchia e matura y Non è la vita sua tanto diversa , Né sì brutto creato ì* ha natura, Che tu debbi esser a sue voglie avversa» Yedi la mactlenfe sua figura, -£ dagli occhi le lacrime che versa Da far pietoso un cor, benché* villano, £ muover a sua poeta «m tigre ircano* v4S )IBllBirA7.t Ta sapesti con apte^ e con ingegner Prender costui negli amorosi lacci. Però- convìen che presto* qualche segno- Vttrs9 di lui benigno e lieto facci : Altrimenti rfpien d* ira e di sdegno Convìen che* morto alla ttia porta adiacof; Poi satisfaccia all' amoroso inganno Venere' Dea con tu» vergogna e danno» Da ogni parte dunque- se* costretta A rispondere , o Donna , a chi ti diiaina^ Dati- un. canto ti sforza- la vendetta ..Contro a colei y che amata, non ama ^ Dair altro canto il premio y che si aspettai A ehi seguir d' Amore il r^no brama;: ^ Però posa ogni voglia altera e «dava, K fi con lai felice, e lieta Tivau '49 CANTI CARNESCIALESCHI . G. CANTO DB'^ diavoli . 'ìk fummo , oc nonaiam.ptì!i , spirti beati^ Per la superbia ^nostra Dall'alto e sommo ciel tutti scacciati; E'fi questa città vostra Abbiam preso il governo , Per(diè qui si dimuostra Confusione e duo! più ch^ in infamo . £ fame , e gulecra , e sangue ^ g)iiaccio^ e foco. Sopra ciascun mortale Abbiam messo nel mondo* a poco a poco ; £ 'n questo carnovale Vegniamo a star con voi; Perchè di ciascun male Stati .si^mo ^ e saìoeiki {principio, nar.. Fiutone è questo y e Froseipina è quella ^e. allato se gli posa , Donna sopra ogni donna al mondo bella; Amor vince (^i cosa , Però vinse costui , Che mai pon si riposa^, Perch' ognun faccia quel , eh! ha fatto lui ft Ogni contento, e scontento^ d' Amore Da noi è generato , E 1 pianto, e *1 riso> e 1 canto, ed il dolore • Ghi fu<8e innamorato X Segua il nostro volere, £ sarà contentato, Perchè d' ogni mal far pigliam piacete* tSo CANTO B* ÀHAUTI DISPSBJLtl S DI DAME • u dite, Amanti, il kmentoso lutto Di noi , che - disperati Al basso centro pauroso e brutlo Da' Demon siam guidati, Perché da tante pene tormentati Fummo in quel tempo, amando già costoro^ Gh* agi* infernali andiàón per fuggnc loro. Le preci , i pianti , i singulti «f* sospiri 'Furon buttati a venti, Perchè trovammo sempre i lof desiri' Pronti a' nostri tormenti; Talché deposti quei pensieri ardenti-^ Giudichiamo or nella servita nova^ die crudeltà fuor di lor non ù iarOk» %Z BA9IS BidMNDONO. \JfKiatktojÌB stato grande Faìnor vostro ', ranlo il nostro anch' è stato ; Ma noir avendo come voi dimostro , Per r onore è restato; ^ Non è per questo l'amante ingiuriato, Ma viene al mondo a sì brutta sentenaa Colui eh' ha più furor , che pazienxa • Ma perchè perder voi troppo ci duole, Vi verrem seguitando Con suoni e canti, e con dolci parole Gli spiriti placando; Che tolti voi dal viagjs^o nefando. In nostra libertà vi renderanno , * O di voi, o di noi preda faianno^ AXABTl. N on è più tempo di pietà eoncesso, Però tacer vogliamo, £ chi non fa, quand' egli ha tempo, appresso Si pente, e prega invano; £ perch* a questi d* un volere andiamo , Ogni vostro peccar tutto è van suto, fifaé dispiacer non può quel ckf è piaduto* I> A M E. E però-, "donne avendo alcuno «manie ^ Al vostro amor cestreUo, Per non trovarvi , coibe noi^ errante^ Fuggite ogni rispetto; Kon gli mandate al regno- maladetia; Che chi a dannazion provoeà aUrui^ A simil pena il elei condanna. Iiu» CANTO lUSGLr sFxiaxi bsati. s 'pijflì.beati aTàmery Che da* celesti scanni Siam qui venuti a dimostrarci in terrà; Posciachè noi veggìamo II mondo ìr\ tanti afiEanni ^ £ per lieve cagion 9Ì crudel guerra; Vogliam mostrare a chi erra. Sì come al Signor nostro al tutto piare Che si pongan giCi V arizii^ e sUasi in pace L'empio e crudel martoc» , De^ miseri mortali, lì lungo stranio , e inrimediabil daonaf ,U £ÌaAU>. di coloro, CANTO DEGLI «PiniTt BEATI l53 Per g? infiniti mali , Che giorno e notte lamentar gli fanno; Con 6tngtrlti ed af&niro , Con alte Toóy e dolorose strida Ciascun per se «nefce* domanda e grida « 42uesto a Dio non è grato , Né puote esser ancora A chiunque tien d'umanitate un segno; Per questo ci Jia mandato , Che vi dimQStriam ora Quanto sia V ira sua giusta , e lo sdegno; Poiché vede il suo regno Mancare a poco a poco , e h sua gregge, ^ pel nuovo Pastor non si corregge. Ta nt' è grande la sete Di gustar quel paese ^ Ch* a tutto il mondo "die le leggi !n pria 9 Che voi non v'accorgete, Che le vostre contese Agi' inimici vostri apron la via . 11 Signor di Turchia Aguzza 1 armi , e tutto par eh* avvampi , Per inondare i vostri dolci campi , Dunque alzate le mani Contro al crudel nemico, Soccorrendo alle vostre genti af&itte: Deponete, Crisflani, Questo vostr odio antico. l34 CANTO DEGLI SPIRITI BEATI E contro a l^ì voltate rarml invitle; AUrinienti interditle IJe forze usate vi saran dal cielo, Sendo in voi spento di pietate il zelo. Dipartasi il timore , iNimìcìzie e rancori , Avarizia, superbia e crudellade; Risorga in voi V amore De' giusti e veri onori, E torni il mondo a quella . prima etade ; Così vi fìen le strade Del cielo aperte alla beata gente, £^è saran di virtù le fiamme spente * CANTO DE' ROMITI. N egli alti gioghi del vostro Appennino^ Frali 8Ìam» , e Romiti , Or qui venuti in questa città sianio; Imperocché ogni astrologo e indovino Vhan tulli sbigottiti^ Secondo che da molti inteso abbiamo ^ Ch* un tempo orrendo e strano Minaccia ad ogni terra Peste , diluvio e guerra, Folgor, tempeste, treAuoti e rovine, Come se già del mondo fusse il finet E voglion sopraìtutto, che le' stelle Influssìn con tanf acque, Che 'l mondo tutto quanto si ricopra-} Per questo 9 Donne graziose e belle ^ Se mai sentir vi piacque , . S' alcuna cosa pur vi «a disopra ^ Nessuna si discopra , Per farci alcun riparo; Perciocché*! cielo è chiaro, £ vi prometto un lieto carnovale: Ma chiunque vuole apporsi, dica male* Fien r acque il pianto di qualunque muore Per voi y o Donne elette • I tremuoti e rovine il loro affanno , Le tempeste , le guerre fien d' amore ; I folgori e saette Fieno i vostri occhi , che morir U fanno: Non temete altro danno. Che fia quel eh* esser suole. II del salvar ci vuole ; £ poi chi vede il diavol daddovero, Lo vede con men corna, e manco nero* Ma pur sei ciel volesse vendicare I mort^ falli e Tonte, £ che l'umana prole andasse al fondo; Di nuovo il solar carro faria dare Nelle man di Fetonte, Perchè venisse ad abbruciare il mondo e Pertanto Iddio giocondo Dair sequa v assicura ; Al fuoco abbiate cura: Qtiesto giudizio molto più v* affanna, Sè secando U. ialUre -xl cìel condanfia* Fur se credete a «questi Van romon^ Venitene con noi Sopra la cima de' nostri alti sasst^ Quivi starete a i nostri irofmtori^' Veggendo piover poi, Ed allagar, per tutto i luoghi basn z Dove buon tempo fessi, Quanto in ogni altro loco; £ curerenici poco Del piover ; che chi Ha 1^ su condotto , L'iicqua 'iMUì temerà.^ che.^li £a setlo. CANTO ^» B tlOMn^I CHS TENBOKO LE FINS« Jljl queste pine, cV hanno .bei pinocchi, Che si sliaccian con man , come son tocchi « La pina , Donne , infra le frutte è sola . Che non teme né ticqua, né gragnuola: E <^he direte voi , che dal ^m cola Va liquor, eh' tigne tutti questi nocchi f CANTO O' UOMINI tC thj Noi sagliam «u pé* nostri pìn , che n* hanno: Le donne sotto a ricevere stanno: Talvolta quattro y o sei ne cascheranno : Dunque bisogna al pio sempre aver gU occhi. Chi dice : coi di qvA , marito mio ; U altra ^ i' vo* questo^ e qnelf altro disio J Se si risponde : sai sul pln , com' io ; Le ci volgon le rene ^ e fanci bocdiì • BT dicon^ die le pln non son granate, E però 9 qnando -voi ne comperate , Per mano on pezzo ve le rimenate, Che qualclie £rappator non V infinocchi « Queste son sode, grosse, e molto bella A chi non ha moneta donerelle : Se ve ne piace , venite per elle , Che 1 fatto non tonsi^e in due bajocdìi« E la fatica votfra lo stiacciare^, Ferch' il pinocchio vorrebbe schizzahre ; Bisogna av«rlo stretto , e martellare ; PiM non abbiam pensier j che ce T accocchi» Tom» rnau R «58 CANTO DE* CIURMADORI . C •urmador siam che cturmiam per natura Donne , e cercando andiam nostra ventura. Di casa dì San Paolo siam discesi^ Discosto nati da ouesti paesi; Ma qui venuti , siamo stati preti Dalia vostra amorevole natura • Noi nascìam tutti con un segno sótto, E chi di noi V ha maggiore è più dotto. Se lo vedessi, vedresti^ botto Le belle cose che sa far natura. Piacciavi adonqujé ^ noi imparare Che mal vi pb^in queste serpi fare» £1 come voi abbiale a rimediare Che non vi acca^iaognor qualche sciagura. Questa eerpe si corta e rannodata Come vedete, scorzone è chiamata; Quand' ella è in caldo , e che V è adirata D' accjaio passerebbe un' armadura • L'aspldo sordo è un tristo animale Che dinanzi, e di retro ognuno assale: Ma quando e' vien dinanzi e fa men male Ancor che fam assai maggior paura « de' ciurmadoai iSg Questo ramarro grosso e ben raccolto Piglia piacer di veder T uomo in volto | £ di voi f Donne , non si cura molto ^ Cosa che li ha concessa la natura • Certi lucertolotti tibbiam qui drento Ch* assaltano altri dreto a tradimento , £ se da prima e* non danno spavento Riesce la lor poi mala puntura , Quanto vedete questa serpe cresce , Se la slrignete fra le dita y' esce ; Poi con la pruova molto non riesce} Né può volendo offender la natura. Stannosi. queste serpi fra Y erbetta O sotto un sasso , o *n qualche buca stretta; Sol questa grande di star si diletta In un pantano 9 o qualche gran fessura. Però bisogna aver gran discrezione Quando a sedere una di voi si pone ^ Che non vi fussi falto in sul groppone Qualche ferita di mala natura. Ma se di. lor non volete temere, Di questo vino e' vi bisogna bere : E questa pietra appresso a voi tenere ^ I E che là non vi caschi averne cura • I Cosi ciurmate poi che voi sarete In ogni loco a seder vi porrete ^ Qnanto più grasse serpe troverete Tanto vi pana aver maggior Yenttira» i€o CANZONE. S e avessi V arce e T ale , • Giovanetto Giulio, Tu saresti lo Dio che ogni uomo assale* La bocca* e 1« parole Son r arco e - le saette che tu hai ; tJon è uon> sotto il sole Che noi ferisca quando tu le trai* Onde avvien che tu fai Che 'n un v queBo' che neir egre^a città nostra han visto , quantunquc- Bon asciutti ,. gl'infelici occhi miei; e seb-« liene la materia^ poco diletto vi recherà ,: m 1* intendejp voi essere fuorì di sa periglio- .so loco^ vi fia grato ,• senzachè il* certificarvi^ che io sia vivo ^ di cui forse là morte in- tèsa avrete 5 vi dovrà fare men gravo ogniì jnaAincoaiay; o altra^ dolorosa aoj|b' ff^r. ▼ . / DESCRIZIOME DELLA PESTE DI FIRENZE DEL 1S2J • N< JLl|on ardisco in «ut foglio p citt^ da*- fr Infedeli forzatamente presa ^ e- poi ab* andonata, si trova al presente la misera Fiorenza nostra^ Parte degli abitatori, sic- eome voi, la pestifera mortalità' fuggendo, per le sparte Ville ridotti si sono, parte morti, parte in sul morire; inmodóchè le cose presenti ci offendono^ le future ci nù« nacciano, e cosk nella mortesi travaglia,, nella vita si tenie . O dannoso secolo , o bgrimabile stagione! Le pulite e belle- contrade , che piene dì ricchi , e nobili Cit- tadini esser solevano, sono ora puzzolenti, e brutte , di poveri ripiene ; per la inipron-- tìtudine de' quali e paurose strida, difficil-^ Diente k eoa- timore ai va « Sono serrate^ 1»^ Wteghe ,. gli eseccììBf fiemiii, i Eòli òAì ! prostrate le l^egg* • Qf^ i intende questa ìi^to , ora queif omicidio; l chi palle- di diverse ^pezieric; compostje. in. mano., porta ,, o pe» meglio dire al naso stempro tiene-; e questi «òno.i.proviredlmenti,. Sonci, corte- canove^ amcora.^. ove 8i< distribuisca pane ^, ansi pac- iriéorre gjivocoioll si semina .. Lragionamenti. eh* esser solevano in piazza onorevoli, e in mercato, utili;,, in cose miserabili e meste ai 4K)n vertono . Chi dice r il tale è morto ,, qu^U' altro è niaijkto ,, chii fugato ,. chi in «asa confitto ,, chi, allo Spedale , chi in guar^ dia-, chi. non si. trova ,. e somiglianti nuove^ • atte colla sola, immaginazione^ a. (are. Eìscun lapio,, non. che altri ' ammorbare .. Molti vanno ricercando la>fcagione del male^ ed alcuni dìcooo : gli Astrologi ci minaccìanpi; alcuni :.i. Profeti l'hanno predetto;, chi si ricorda di qualche . prodigio , chi la> qualità dojl tempo e la. di^gosizione dell' alia. aUa.ft. ne incolpa , e che tal fu net 1 34B1 m ib^jò.eò ahce di. tal naanìeFB.cose ; inni^dockèt ci' accorilo, tutti concladono^, che- non 8olo> questa, mai infiniti altri mali ci hanno 9n KKvinar» addoMO . Questi aene i piaceToIit Mi£Ìonamenti , ohe. ad ogni-, ora si' sentono ;; # oenchè. con, una sola, parola^ dinanzi agUi •echir della mente questa nostra» miserabile: patria porre vi. potessi ,. dicendovi che di> vederla tutta dissimile e diversa de» queU-- la che veder solevi già , V immaginassi' ( che ninna, cosai meglio, che tale compara^ none in^ voi mede^nK) fatta* dimostrarlavìi potrebbe) voglio nondimeno che censide^ ■are più- particolarmente la possiate y peu— «he la> «osa immaginata, alk verità di quel- lo ohe B immagina, al tutto mai. non» ag«-> gingne..Mè mi pare- da potervelai dipigne-i- se col migliore esempio^che col mio-; perciò ▼i deseriverò la vita |HÌa,t acciò da essa possia«*- te tutta. quella dr qualunque akramisurare v Sappiate adunque che ne* giorni', di la«^ «oro 9 petendonii io di oesa in su» quella ora- che i terrestri vapori tutti dal sole so-* no resoloti, per andare al mie solito esef^ ci»a,. fatti ^ ]^ima alcuni rimedi» e pred contro alla venenosa infermità certi antido- ti, ne* quali, quantunque- l^e^epo Min«^ fp^(,iì dica ché'sen corasae 0^ carta, ho^ {ì)'Mengo Bianchelli da fbenza die^A^t t^a DELLA TESTE fede certamente e non piccola ; non soné molti passi da quella lungi ^ che ogni altra pensiero conviene ( benché grave , e di eo« se importanti e necessarie ) daUa testa sgoffn» bri ) perchè il primo riscontro che si oSe* risce agli occhi miei per mio buono auga<* rio, sono i becchini, non quelH tSelli ani'* mod)ati , ma i consueti , i qnali come già de' pochi, ora de* molti morti si dolgono ^ perchè pare a quelli che tanta abbondansa- generi loro- carestia • E chi avrebbe credu- to che venissi tempo, nel quale eglino la aanità di qualunque infermo desiderassero y- come veramente di desiderare giuravano ? Io facilmente lo credo , perchè morendo m altro tempo , e di altro male , ne potrieno air usato guadagnare. £ cosi passando éa> S. Miniato infra i<« Torri , dove per lo strepi* lo de' camati (i) (ìschj e ragionamenti cio^ peschi assordare quasi solca , trovai grande e non molto desiderato silenzio. Seguii il* mio viag^o , e vicino a Mercato nuovo incomrai a cavallo la moria, di che inganna» to per la prima volta ne rimati ; imperoc"* che veggendo da lungi da bianchi cavalli , quantunque come neve non fussero , por- (i) Camati o Scamati 5ono quelle haC'^ óhetie^ colle quali si batte e slarga la la- na : lan^oriiy che sijaceva principalmente iH- q^elsito della duàdi FirenztipàaooenwUo^ DI YIAENZK 171 tare una lettiera , che fosse qualche gen-« tiidonna o persona di gran lignag^, che andasse a sao diporto, mi pensai. Ma. v^* gendo li dipoi attorno iavece di servitori ^ servigli di 8; Maria Nuova (i) , non fa meMiero che di altro domandassi . Noa mi ' bastando questo., e per potervi del tutto piik azDpla notizia dare , 1» mattina dei lieto prìn-*? cipio di Ma^o entrai nell' aitimìrabile e veaìetanda Cmesa di e. Kepacata (2} , 4ove tre Sacerdoti soli erano , 1* uno la Messa caiìtando diceva , V altro per coro ed orga- no serviva y il terso. per confessare in una sedia quaà di mirra cinta nel meazo della poma nave si posava, tenendo i ferri in: gamba nondimeno, ed alle braccia le ma- nette; che così dal Vicario ordinato stata gli era , acciò potesse le canoniche tenta*- aioni meglio in tanta solitodine schifare. Le' devote della Messa erano tre donne in ga* nvurrìno , vecchie scrìgnute , e forse aoppe^ e ciascuna separatamente nella sua tribuna ai stava; tra le quali solo dell'avolo mio là Btttrtce mi parve riconoscere. Erano tresi- nalmente gli devoti , i quali , senza mai ve- dersi > a gmccie volgevano il coro, dande* talvolta d occhio alle tre amorose : cose ve- camenle da non le poter credere se non chi «w (i) ^ la Speébde della citte ,M Mrtnsas^ #3 lia Gatte Arale. t«j2 DELLA FlST't mie ter avesse . Onde io a gaìsa di ohi ée quel che vedendolo appena il crecKr, ri- masi' stupefatte ; e dubitando che il Popoky non fòsse, come in sr celebre mattina 90- Uto era y. dietro 9^1 armeggiatoli ridotto in piazza f là, con tale speranea mi condtiwi dove awn^giar» vi£~, in cambio* d^uonùar, e cavalli ^ croce , bare> cataletti , e tavole*^ •opra le quali diversi morti si vedevano p non^ vi' fei , e non potendo eredere che ìi> qualche parte della Città' non fosse maggior frequenza dr Nobili ristretta y verso ' la fanio»ssima piaaz» di s; Crocei miei passi rivolsi , laddove vi^ di un grandissimo^ ballo tondo dir becdiiniy ehe ad alta* voce* Ben l'enga il morbo' y ben venga U morbo dicevano. Questo eni fl« Uata loco Ben. vengfL Magffo*^ t aspetior (;j[X Prendevano il jfossesso* àéUa^hah ISàgistraturxu. DI yX&EVZK 178 de' qnali insieme con il tuonò della canzo*- naf 9 e le parole dì quella altrettanto di dì- piacere ai miei occhi ed orecchi porgono ^ pianto già le oneste fanciulle con la loro lieta canzona a quelli dì fHacere porgevano; takhè senza dimora in Chiesa mi fu^i , ^ove facendo le consuete mie devosion», ne v^ggendovi pure un testimone , sentii ben- cliè lontana una af&nnata e spaventevole ro- ce , a cui awionandomi vidi alle sepolture 4el dicontro in veste negra una pallida, e travagliata gioviue , la cui effige pi& di mQiv la che viva mi pareva , riandò le sue beV* le guance di amare lagrime , ora le nere sue belle sparse trecce stracciandosi , ora il petto, ora il volto con. le proprie mani bat- tendosi , da muovere a pietà un marmo; di «che io <4tremodo spavento e dolore prM» A lei nondimeno cautamente appressandomi . le dissi : Deh, perchè sì fattantente ti kunen- ti ? Oaide ella ^ perchè io non la conosces- ti , sobito con il lembo della veste il capo ù coperse^ li' alto, come è naturai cosa, Oli fé crescere di conoscerla il desio ; la pau- sa dall* altjco canto che della pestifera con- tagiono macdìiala fosse , i passi ritardava ; Acendole nondimeno che di me non temes- se , perchè qui ero per darle consiglio ed afuto • Trovandosi ella da si gravosi ai&nni oppressa , e tacendo , soggiunse , che non mi partirei se prima lei partire non vedessi , - prese ^ beiichè al^^uanto stesse ,. pur poi ^ 174 DSX.LA PEStX come donna d* assai ed animosa y partita i acuoprirsi dicendo : Quanto sono stolta y te nel cospetto di un Popolo non Ko te* muto y ora di un uomo, solo , quale aili miet Insogni sovvenir cerca ^ temerò ? Era per i' afako e per la smisurata passione trasfìgnnh ta , Mccnè per la voce più che per ì effigio la riconobbi . £ domandandole di tanta af<« fiisione la causa : Ahi misera 1 a me , dìsso élla non saperla firtgere. Duobni e poi nà duole che ogni mia contentezza, ho persa ^ quale sebbene mille anni vivessi non aoa» per ricuperare • £ quello che più n^ afflig^ gè è , cne ancora io morire non posso-. Né mi dcJgo della pestilerislosa stagione , nm della trista mia fortuna, che tndissoluhtfe amoroso nodo , da me con tanta arte e di-' ligenza* fabbricato y non tenne il fermo , da ci^i la nostra comune rovina nacciue) donde versano ora sopra il sepolcro deli inf^ice fido amante mio le amare lagrime. Oh con che diletto lo ebbi io più volte in quesle già fdici y ora infelici braccia ! eon che v»- gl.gzza contemplavo ì suoi belli e lucenti occhi! oh con qual piacere le avide labbra mie alla sua odorifera bocca accostai! di con quanto contentò unii, e strinsi il mio infiammato al suo non freddo» can« dìdo e giovenil petto ! Ahi me lassa t con die dolcezza venimmo noi più volte ali* irf* tima amorosa felicità , unitamente soddiala* cendo ai nostri desiderj t Nò appena ehbe ^ ©1 TIRENZB.' »75 c{iiesfe parole detto , eh* ella subito in terrti in guisa tale si distese, che tutti mi siarrìc*^ c^arono i peli addosso, temendo 'che morta ncn fosse , perche gli occhi avea chiusi, i labbri smorti , il viso pia che per V avané impallidito , i polsi tatti smarriti , e quasi densa senso; solo pareva che il moto del suo affannoso petto alquanto di vita dimo- strasse • Onde io con quella cannale affesio^ ne che si richiede , lé^enaent« cominciai a stropicciarla , allargandola dinanzi , benché molto stretta da se non fosse , ora di die- tro, x>ra dinanzi rivolgendola ; cosi usai seoo tutti quelli rimedj che gli smarriti spiriti iar sogliono risentire ; feci si finalmente che el|a gH aggravati occhi suoi riaperse , e s\ caldo sospiro mandò fuora , che se di cera io fossi stato , liquefatto > mi saria . Allora io con- fortandola* dissi : O semplice e sventurata donna , a che qui più dimori ? Se dai pa- renti tuoi , o dai vicini , o da quelli che tua conoscenea hanno , sì soletta fossi trovata y che si direbb* egli ? Dove è la tua pruden- za, e la tua onestà? Ah misera me! à໧ ella, che luna non ebbi mai, l'altra ho insieme con quel suave guardo de* belli oc- dii perduta , de quali , non altrimenti che dell' acqua i pesa si nutriscono , mi nutria . A cui risposi : Se i consiglj miei , Donna , appo voi sono di valore alcuno , pregovi che meco , non per amore di me , che indegno ne sono, ma per Fonor vosUo venire vo- tyB DELLA FESTB glìate y il quale sebbene alquanto OBcntHt» avete , p)ù per la malignità delle altrui nial- Tagie lingue che per colpa vostraf, in breve inlerantente recupererete . Perchè quante ne conosco io che dai mariti loro . fuggitesi , sono da altri che dai parenti raccolte state! quante dai vicini e loro congiunti in più mh vi errori scoperte , che oggi sono le belle e le buone tenute ! Umana cosa è certamente il peccare ; basta bene talora il ravvedersi : 9Ìc« che se per V avvenire farete portamenti boo« ni , vedrete che tosto ( tosto vi dico ) si dirà che stata ingiustamente infamata siate. In questa maniera persuadendola^ alla sua pro- pria casa la ricondussi. Eira già il Sole si in cima del Cele s»* lito , che le ombre appariano minori y quan- do io soUi^ , . siccome stato era sempre' ^ a prendere il desiato cibo me ne tornai ; e riposato alquanto , di nu^yo a ricercare la città mi ricondussi , e il mio cammino verso il nuovo tempio dello Spirito Santo- dirìz*-' sai, dove non era, quantunque V ora fos- se , alcuna preparazione del Kvìao Ofizio. I Frati per la Chiesa^ benché pochi nmasi ▼e ne fussero, passeggiavano a capo aitò, e che buon numero di loro erano morti mi affermarono ; e più ancora ne morrebbe , perchè uscire di qui non potevano , e prov- visti da vivere non erano . E non vi dico se delle candele per la Chies» acccndevano(i) (i) Cioè hestemmias^ano • 01 FIKEK2& . 177 cpedo forse perchè i loro morti al bujo non andassero ^ talché io mi partii ben tosto ^ cacciato più dal timore del Cielo che del morbo ; tanto -erano de* Frati le spesse be- nedizioni. £ tornandomene per ^ia Mag- gio, sondo di Maggio le calende, non 'vi- di pure un segno che mi rappresentasse il Maggio ; anzi sopra il mezzo del ponte tro- vai un morto, a cui non ardiva appressarsi alcuno : ed entrando nell' antica Chiesa del- la Divina Trinità , un solo uomo , ma be- ne qualificato j vi trovai . £ domandandolo io qoal cagione nella città in tanto periglio il ritenesse , mi rispose : L' amore della pa- tria , la quale da tutti i suoi poco amore- voli Cittadini (era abbandonata. A cui io dissi: che molto meno errava chi cercava al- la patria mantenersi , da quella per qualche mese dilungandosi per poterle altra volta giovare , che quelli che non le giovando , in perìcolo di abbandonarla sempre si met- tevano » Allora, egli : Se il vero ho a dire a chi A la conosce , non la patria , ma quei- k «consolata che tu vedi si devotamente genuflessa , per il cui amore disposto sono inettere la vita , qui mi rìtiene • Parvemi che air età sua matura tanta caldezza non si rlehiedesse, e pereiò li dissi, che in que* 8ti 9Ì fortùnevoli casi il padre il figliuolo , la moglie il manto abbandonava • Ed egli : ta« le è il mio amore, ohe ogni di sanguinità avanza I e che se a schifare la peste ip star f78 BELLA FfiSTB lieto è òUtmo rimedio, in presenza dell* amata era assai letizia , e fuora di lei lanto duolo gli a-verrebbe , che per quello solo di vita amaramente uscirebbe; e che come ^ulvi solo trovato lo aveva , solo ancora ed ttnico intra gli altri amorì era T amore stio; ed essendo innamorato , e vivere volendo, vicino stessi air amata , non sendo , dal suo esempio mosso m' innamorassi , se schifare la pestifera mortalità volevo; e die ancora io ero a tempo. Io, a cui simili ragioAa- menti non piacquero, Radicando T amore una peste tanto più perniciosa , quanto più lunga f sens' altro dirgli mi partii • E sopra il solitario in questi tempi pancone degli Spini il venerabile -Padre Frate Alessio , che per fuggire forse la peste si. era uscito dai« le regole, e che^ forse quivi per confessare fuori di Chiesa qualche /sua divota attende- va, ritrovai, e oa lui intéso come nella be- ne proporinonata e veneranda Chiesa di 8. Maria Novella, d'onde egli per li suoi biio« ni portamenti stato era rimosso, si aduna- vano per li amorosi sunmaestramenti dei fé* atiwi, e caritativi Frati più donne, che in ogni altra quabivogUa Chiesa, meco, ben- f£è noi| molto secondo la sua* voglia,, il menai; perche temea il Fraticello di quel- lo che certo , se senza me ^to vi fosse ^ avvenuto §li saria. Nondimeno fermandosi poco , anzi appena salutato T Aitar maggio» le ^ perdiè molto devoto non era ^ si partl^ DI FIRENZE 179 t credo che al suo pancone per Fornir 1* opera 6Ì ritornasse • Io mi restai per udire la lieta Compieta de* Frati , dove sebbene non vidi quale solea il gran numero delle gentili donne « nobili uomini ammiranti gli angelici volti e divini portamenti de' riccni ^ bene intesi aBiti , insieme colle dolci mu- •idie y gli animi di qualunque più all' amo* vosa giuoco che alle celesti contazioni in- vitanti , vi trovai nondimeno men solitudine che in niun altro luogo ; onde conobbi quan» to tal Chiesa favorita e forti^nata infra le altre chiamare si potesse • Perciò pensai di dimorarvi infino ali* ultima ora ^ dove rimase ancora | benché già sera fosse , per udir Cor-» se fx>me io la Compieta , solo una bella gio** viae in abito vedovile , della cui bellezza se i^ppena confidassi parlar potere ^ conosco che io m' ingannerei; pure, per soddisfare in parte, con silenuo non la passerò, e voi quello più, die mancare conoscerete aUe nana^one mia , vi ci imma^nerete • Ella era prima, benché sedendo sopra li marmorei gradi alla Cappella madore incinì y in sul sinistro fianco a guisa di af^* fumata persona riposata, con il candido braccio la alquanto impallidita faccia sostenendo, di una convenevole grandezza alla statura ài ma proporzionata e ben composta donna; picchè quinci conoscere si potea , che le parti tutte di quel corpo talmente insieme ^ismo informi ^ che te £ vestiti fonebà no» iSò BELLA PESTE fossero ricoperte y di mìrabUe bellezza dgK Occhi miei, sariano apparse . Ma lasciando Questa parte libera da comtemplarsi alla ve- Ara iimnagiiiaztone , quello solo che pale- se mi fw descriverò. Candido avorio seni- bravsmo le fresche sue , e delicate carni , e si gentili, e morbide, da riserbare di ogni qiiant«ifìc|iie leggero tóccamente for- ma, non meno che di un verde prato la tenera e rugiadosa erbetta gli sospesi ve- stii^ de* le^ierì animaletti facci • Gli oc* chi , di cui meglio sarebbe il tacere che dime poco, due accese stelle parieno, qua- li sì a tempo , e con tale leggiadrìa alzava ^ che il paradiso aperto si vedea . La lieta fronte, di cui lo spazio con giustissima misura terminava, si chiara e rìlucen- te, che specchiandosi in quella il sem- plice Narciso , non mstnco -di ^«e stesso, che nel limpido iante invaghito si sarebbe ;K)t- to la quale le arcate, sottilissime ben pro- filate e negre ciglia agli splendidi belli oc(M facieno coperchio , intorn» ai quali pare che scherzi e voli -sempre Amore , ed indi sue saette scarchi or questo or quella amo- roso cuore ferendo • Le orecchie , per queP- lo che apparire ne pote^ , erano piccole , rotonde « tali, che ogni perito fisiononio «ssere di somma prudenza segno gìudkate le avrebbe . Ma che dirò io della melliflua e delicata bocca tra due piagge di rose ve- stite ^ di ligustri posta, k qaale in laaU 1>I 7ÌREKaS^« tfh miestizìa parea che dì nn ceie«te rìso no» «o come splendesse. Basti che io idi credo che da quella pigli Natura esempio qoando ^ alcuna belHssima dr nuovo produrre ai Mon-* do ne intende . Le rosate labbra sopra gK eburnei e candidi denti aecest nrbinì parìe^ no , o perle orientali insieme ntiste . Aveva da- Giunone del soavemente esteso naso lir forma .tolto , cosi come da Venere dellfe candide e distese guance. Non lascerò la bellezza ^élla sua svelta^ bianea e vezzosa gola y degna* certamente dì essere dr prezio« se gemme omota» Le invidiose vesti con- templare non mi lasciavano il latteo, ve^ ' Busto , e ben raccolto petto da duoi pic- cioli feesebi ed odoriferi' pomi adorno , co- me io mi credo / celti neU* orto famoso dola- le Esperidi , i quali per la saldezza loro ai vestimenti non^ cedendo, la bellezza , e tutte- le loro qualità ne' riguardanti dimo^ atravano , intra i quaK una via ne appari- va , per la quale camminando , alla somma' beatitudine si perverrebbe . La candida e deli- ncata mano , quantunque di parte delta bellezza del leggiadro viso ne privasse, eolmostirare se stessa ne ristorava , quale era lunga, sottile., espedita , e di minutissime e lucide vene profilata , con i diti stretti e suavi , e forse di tal virtù , che per i loro toccamenti qua- lunque vecchio Priamo si risentirebbe.^ Io non veggendo all' intorno alcuno , il eui rispetto- ritenere mi dovesse , ed ella tcon ì pietosi occhi suoi poi^endomi arS» Me , me le accostai , e dissi ; Graziosa Don>» joa, se il cortese dimandare non vi è no« .yyèOi piacciavi palesarmi quid cagione qm ;sl lungamente vi ritiene , e se io ai bi- sogni vostri porger posso alcimo ajuto . Ed «Ila.- come voi forse , aspettato ho deiFra^ 4i la 'Compieta invano ; i bisogni mia son tali , che non che voi , ogni quantunque ^inor persona giovare mi potria . L/ abito dimostra che io sono del mio diletto Sposo .priva 9 e quel che più mi duole è , che egli i di peste crudelmente morto , onde io an- 4;ora in periglio ne resto ; e però se senza altrui giovare , a voi stesso nuocere non vo- lete , state alquanto pì^ lontano . Le paro^ Je , la voce , il modo , e la cura che mi par- ite che della salute mia tenesse , mi traBssero •il cuore s\ ^ che uel fuoco entrato per lei saria; nondimeno per non le dispiacere , viepiù che ^er il pericolo mi ritenni , dicendole : Perchè ^i sola dimorate ? Perch^ sola sono rimasa . L' aver compagnia piacerebbe vi ? Altro non desio .«he onestamente accompagnata vivere . Eld io, «quantunque per avanti con donna accompa- .gnarmi voluto non fossi , vistavi di aà venusto e grazioso aspetto , in cui bene messe Natura ogni suo sforzo , e mosso a icompassione de vostri af&nni , con voi sono disposto accom'* pagnarmi; e sebbene non molto è Tetàcon*- benevole , le facoltà e le altre cose mie aoA tali f che vi potrò forse contentare . Di ^of aoàAi'y dose* eììaf-, .sofi»pre> furono 1* promesse- lunghe e* la- ìeàe corta , se • lo ho a memoria henealomui delle paidafe iMoriei disposile :£' lecito a cht' scrive dire quello -che vuole : ma chi sa prudentemente eleg^ *gere , éi aitri non si fida che di dir ragiof- nevolmente fidare si deve ; e però non A ha mai di se stessa a pentire . Ed ella : Poi*- che il Cielo datore di ti|tti i beni innanzi jtir vi ha posto^ quantunque più visto non -vi abbi', che di me non abbiate cura par- ticolare credere non posso ; e perciò se di- me vi contentate, mi parrebbe oitremodo err»- Tese io dì voi non mi contentassi . -« Appena queste parole ebbe dette, che un ozloeo Frate a' testa ritta , atto più al -remo che al Sacrificio ( il nome di cui tacere mi -voglio per poterne meglio senza rispetto parlare ) come un falcone che dall' aria vieta la ' preda a terra piombi , innanzi si avven» tò a sì leggiadra e délijcata donna; e come se mille volte parlato le avesse , molto dqf- mesticamente ( come è il costume loro ) le domandò se niente di' bisogno le occorreva di ^ua opera . Io li risposi , che ella ormai dt* bisoghi suoi fdVrÀta si era y e che non ci aveva luogo ta^Fratésca sua carità . Il ribaU ehe il primo dì di Maggio agli occhi miei si o£« fevse .. Quel che seguu*^ dipoi, fatte le nozze ^ intenderete; che non sono prima per volere nò potere pensare ad altro» LETTERE NICCOLO' MACHIAVELLI Scritte sopra differenti affari di Gov«m# A NOME DELLA REPUBBL. FIORENTINA. / V EDITORE A CHI LEGGE. N, on sono biicot io. anni passa- ti 9 che vÀ dotto Inglese viaggiando in diverse parti d'EuTopa con Tunì-i co disegno d' intenderne le varie ma- ziìere di Governi Civili, per quindi applicarne le regole in benefizio del« la sua Patria , fece acquisto in To-* Bcana del prezioso manoscritto , che ora per la prima volta esce felice* mente alla luce. Contiene questo il famoso Discorso del Segretario Fio* Tentino sopra la riforma dello stato di Firenze, fatto da lui ad istanza del Pontefice Leone X. , e desiderato fiino a questo tempo invano dalla Repubblica delle lettere. Vide e lesse questo Discorso Fi* lippo Nerli quando viveva, come apparisce dal libro vii. pag, 58A.£diz« di Firenze, e Jacopo Caddi nel lib. IM Script . non Eccl^iast. Par, ii. pag.g., » (Juasl tittti'quelliche tannd poi» defla Vita , e degli Scritti del Maòiliatelli parlato ; ma ùontuttociò, nascosto Sina ad' ota in un Còdice MS. dèlia celebre Biblioteca Caddi j non vi^nfe che adesco ' dopo a4^. anni a soddisfare i f oti , e V espetta- zione dei Lettemti, ì quali meritaficien- te apprezzano le produzioni di questo ingegno eccellente . trentanare lettere scritte dal me- desimo Autore a nome della Repub- blica Fiorentina , quando * egli n* era Segretario , sopra differenti affari di Governo /vengono dietro al predetto Discorso , e son parte di quelle moI« te , che ini dicono conservarsi in Fi- renze in più Manuscritti autografi , dai quali sono state estratte le presenti , come apparisce dal documento au- tentico , che ho collocato in fine . Come pervenisse questo MS. in mano all' Inglese Letterato io noi so? giacché egli non è più tra i vivi : se bene , che , tanto nel Discorso quan- to ifelle lettere , vi si conosce lo spi- rito , e r ingegno del suo Autore ; fe spirito di mansuetudine , di giustizia:, éi prudenza e di umanità Qelle le^ tere ; la *. «pirite di verace ,é liber^ nibus lìb. ni. Cap, ix. , sui proposi* ti non est tyrannum instruere; sed ar^ 9anì$^ ejus palam factiSi ipsum miserìt 7 Pcpulis nudum ne eonspicuum exhi'* . ìere. Conatus sàriptoris est , soggi un« gè Gaspero Sdoppio Paed. PoliticeSf certum aliquem tyrannum patrìae inr festum descfibere y eoque poeto partini popularè odium irt, eum commovere ^ partìm artes ejus aetegere • Ma ì limiti di una semplice Pre^ fazione non son capaci di contenere tin' Apologia , qual si meriterebbe il Segretàrio Fiorentino \. Per quanto appartiene adunque al Discorso , egli fu scritto poco dopo la morte di Lorenzo de' Medici , Du«» ca d* Urbino , e Nipote di Leone. X.., il quale finlk i suoi giorni a dì 4* Maggio iSiQ, e non lasciò filtri figli legittimi , che Caterina, divenuta poi Aegina di Francia ^ e donna d'altis- simo senno, e di coraggio più che vi- jrile ; famosa* nella storia per aver sai» puto in tempi difficilissimi mantener ;e in Francia , finche visse , lo Sta^ to ai suoi figli. Pare , che Filippo Nerh , e Jaco»» pò Nardi , pongano 1' epoca di què^ fito Discorso un poco più tardi : ma éalla lettura del medesimo apparisce, non poter essere stato composta che sei tempo da me indicata*. ^, ; Per It motte del Dùen fti]u&i|a* iiftcqui^ro < in > Fìrenjn» varie • disoordii» i volendo aleuti » più affi^onati' alla lihettà 9 allai^are il Governo , eaUon** tanarti pia «che potevano dalla Mo* jMLrohia-; e gli oàtri. amioi dei Uediei tentando di collocare in qtxellà casa hk somma potestà . dello Stato • Ma il Catinai Oiulìo dei Medici ^ figlio natunile di Giuliano » e cugino del Papa , il quale era venuto a Firenze due giorni avanti che morisse Lo- renao , cercava di fretiare i tumulti^ facendo sperare ^ che il Papa inclin»-» ,va assai -à riformare lo Stato a sod« dìsfie»ione deir universale , e a- re» étituire la libertà ; e così compoate per: allora un poco le differenze » il mese di Settembre iSip. andò a Ro- ma , lasciando in Firenze Silvio Pas- serini Cardinal di Cortona , il quale attendesse con la sua sagacità e si* mulaaione a tener quieti i Fiorentini. Allora fu , secondo tutte le appa«' yenze , che Leone » infermato dal Cardinal Giulio dei cattivi umori , che agitavano la città, comandò al Man chiavelli , che progettasse una riformai» £gli esegui la Fenteficia commeer con qnefeto Discorso , nel quale aj^arisGé tutta la sagacità e la grandeZi^ ZB^'-del suo ingegno ; imperciocché sot^ to coloie di fax sicuro , e grande lo StiH %a dei JUedici progettagli una' perfòt«« tissinaa Repubblica , nella quale vedrà l'accorto lettore , tutta la Bomma pote« sta risedere di- diritto e di fatto net cittadini^ e là potenza .dei Medici es*^ sere apparentemente grande^ ma in realtà totalmente estranea e precaria • Resterà sorpreso ancora in vedere ìnpoche Bnee descritte* dal Machia^* velli TessiCfn^ali qualità ^ e i ptincii^ pj t> fondamenti dei diversi Governi/ e JDon potrà' leggere senza tenereafza i MiatÀmenti di amore , che avea *que« sto illustre cittadino verso la . pa**- tiia sua. Le lettere sono anteriori al Di^ eorso 9 e in data del iSio. e del i5i i* avanti all' esaltazione di Leone X*. al Ponteficato, seguit^t nel i5i3.;ma io- Ito creduto che fosse bène' il lasciaiw- le stare nelFordine » col quale eisH na esposte nel MS. come un' aggiiu»— ta al Discorso, che è l'opera: prin-~ eipale di questo libro • Queste posson servire a lai^e ili IO carattere e 1* elogio del onore del Ma* chiavelli , comprendendosi da esse > eh' egli era il piti luansueto ,, il più iimano ed il più giusta uomo del mondo . L' equità naturale piuttostoechè la rigida giustizia è quella virtù , che trionfa nella maggior parte di queste lettere , e quella, la quale egli racco- manda costantemente ai diversi Com<« messar} della Repubblica • U umani-* tà eh' egli inculca nel comporre- pet* toralmente le liti private e le civili gare ^ la n^isericordia Verso i poveri la fede altrui hanno creduto Niccolò Machiavelli un uomo empio e vìck lento di carattere , e di professione « Vi si potranno miche osservare le £(ue massime sopra V inviolabilità del-»- la fede pubblica, ed altri regolamen- ti f pieni di giustizia , e di pruden*^ za politica ^ è soprattutto un eerto niodo di parlare , che fa s^xtiro^ il Imguaggio della maestà 1 w VICARIO ETISCOPI IiUCEKSI$ DOMINO MARCO IVtbrr Ca^ IhancM ififen'onV» N. oi intendiamo che «n certo prete Antonio «. / ConsuUbui Matié. ' '^ £i ELlglt è slato al cospetto nostro M. Cciato£ano di: Marco PoifiugheSe, e dice, che venendo* costi a Pisa allo Studio per-^ che dà opera a Bagi«a Canonica con sua panni , masserìtie ed argenti che teneva e tiene per suo uso di man^re j ^ furono* tolti costi .alla pcnrla detti arienti^ che eran^ in fondo > e fattogli pa^n« dodici ducati dT' oso per detti -artenti; ora Ini dice essere Studente e GentUuoaia in sub l^ese , e che* questi af genti gli porta- seco dove e* va astodk^ per suo uso di mangiare , e bere , e che. tton ^imaviiy. che «mili alienti per suo uso^. pagatsino cosa alcuna. Pertanto noi assistia<« mo die sia hene che gU siene restituiti e' suoi danarì, acciò .non si abbia a- querela- se , jnel paese nostre gli sia stata £atta que» ita yiolenzia , e che ne' paesi suoi e' nostri» mercatanti non neno pa^i di questa me- desima moneta . Che ia .verità é' e' sono a*^ nepti us^ti e per suo* uso di mangiare , e bere come Gentiluomo BortogJKese è d aver-* lae buona discrezione) come noi ci crediar- ma. costì ne iirrete • III. CAP. CAMTILIAft ■ » ALAMANNO DE PETRUCaS» N< oi esistioMamo che tiiassmdi press* possa intendere die le rìcolte de' crani questa anno non ne sono in quella abbondansia Ae si aspettava , e perchè e' PopoH nostri non abbino da avere dìfficollà circa ai no« Irinienti di quest* anno vogliamo ^ e coniaiv- dianti, che tu costì con ogni tua diligen- aìa y e solerzia operi , e facci che e' gran» e biade, che si trovano costì, e nella Ma* lemma di CamptgUa non eschina del Do* minio per cosa alcuna , puniendo e gaalì^ gando chi lussi trovato portarli fuoia del Dominio col torlr per la prima volta il gran ne e le biade , e la seconda volta etiaiu le bestie; e tutto farai con meno^ dioMMtrazkH» me che sarà possibile; perchè eisendo assa» «niversalmente- copiose d' ogni bene ne» vorremmo queste voci diessino cagione aica-^ na di fare restringjsre' la cosa«. Tu se^ prudente , ed intendi Est menfe BOMra: eseguisci tutkv eoa la fiia aolit» paudenfia^ , e- tatti e' grani che volessimo venire verso la Città nostaa li lascerai aamente venire^ Bene vale, li^Aug^U xSio*. "»5 Vicario Ptsae et S. ^nìaèts. B«c non PotestcUibus Buggiatii et lùcetiù. N. oi intenclianio cKe di cesti delta tua giurisdizione sono partiti grani, biade fuori del Dominio nostro ^ che non potrem** aio sentire cosa che più ci dispiaccia , per* ehè le ricolte quest* anno non sono in quel- la abbondanzìa , che si aspettavano . £ per- chè noi desideriamo, che a' nostri Popoli non manchino e* nutrimenti htsciandoU aa-> dare fuori del Dominio nostro ; pertanto noi vogliamo, e comandiantì che tuo per ban- do, o per altro modo notorio facci notiti-^ care che qa^ilunque persona dì qualunque grado,; stato e condizione sìa, sd«à trovatoi portare grani, o biade di qualunque ragio- ne fuori del Dorainia gli saranno tolte ler bestie , e le some , e non se ne Hceverà scusa alcuna; e mandato detto bando farai £are diligente guardia a passi di notte e dÀ giorno, e quelli che fussino trovati in col- pa ne gK pulirai nel modo dett<^, coui torre lor» le bestie e le some . Tu sei pru- dente e intendi la mente nostra* Uisa. circa questa cosa ogni tua diligenzia acciò » eì^ pari a questo inconveniente «. a3i4 Augjusd iSio*. FOTBSTATI rAlAJAS- BONACCURSIO DE S£a&ÀGUS. Ej igU è statò al coapelta nostro 'fiora-* Biaso d' Antonio di Pagno ^ abita nella Cit« CA di -Kaa , e coioe Gìttadlno Pisano ci ha nmìtm^te chiesto perdono ; ^ noi per vu^ lù 4eila legge faUa in favore de' Pisani ri- tornati gli abbiamo liberamente perdonato e restituiiolo in tutti i sua beni aveva pri- ina dal i494* ^^ V^t ^ quali dice avere Del comune di Marti , doè case , uliveti > e vigne. Pertanto noi vogliamole comandiaor ti che essendo tornato ,per abitare in Pss femigliarmente tu lo facci restituire io tutti' jr sua beni, che e' dice avere in quel di Marti, facendone uscire qualunque che di presente gli tenesse e per lo avvenire lo Iratlerai, e farai trattare amorevolmente ^ e come nostro uomo ritornato per virtù delia legge predetta • Fa quanto ti commet» éamo non manchi* Benevole a6* Augusti i5io« • » t ir VI. nXFBSTATI CASCIKAK TISAHVK FRAliCISCO DE BRAMANTIBU». J.^ ^^ esìstlinkiipo che ti possa essere no- ta, avanti noi avessimo la Città eli Pisa, quanti contadini del contado, e distretto di Pisa , che erano da Iato di qua , abbino patito per li ^^ssai rubanienti , ed assassina- menti , che furono loro fatti al te^npo del- la guerra di Fisa, in modo sono per la maggior parte tntti poveri. Ora noi inlen- dìamo che di nuovo cotesti uomini della Potesteria di Cascina sono per la corte tua molestali , e richiesti per debiti contratti per loro innanei al i494» ^^ ^^ verità quando e* siano vessati per debiti tanto an- tichi non sono per poter stare al Paese quando siano stretti a pagare, o aversi a morire nelle prigioni, che non sarebbe il desiderio di questa Serenissima Repubblica^ che pure vorrebbe mantenere questi uomini al Paese . Per-^tanto noi vogliamo , e co- mandianti , che addimandandb costi per la corte tua alduno creditore di questi conta- dini della. Potesteria costi di Cascina per deb- biti che siano contratti innanzi al i494* ^*> tssanìm molto bene che debiti sono coUstì t6 e quello né apparisce eli Tali debiti a este- sa possa per quanto ti è oneslamenie possì- bile prestare favore a cotesti uomini di Ca- scina; avendo sopratltitto compsrssione alla miseria . e calamità loro pei* mantenerli al Paese più che è possibile* Tu intendi la mente nostra : ingegnati destramente d' aju- fare questi uomini quanto conosci conre* niente pe' bisogni loro. Bene mie 27. Augusti 1^1^ »9 Vlt VICARIO CERTALDI raphaeli de Antinoribus • A, Meso la qttaEt^ de* tempi presenti , i quali benché non dimostrino gueri*a nia« nifesta , niente di manco per poter stare con lo animo pur posato si è messa la g(iar« dia al Poggio Imperiale , ma non si trova ancora in quella fortezza ciocché noi arrem- mo desiderato : e però quello che noi pen* aavamo di poter fare in spazio di un mese, o due desidereremmo che si facessi, s*e' fussi possibile , in quattro , o sei giorni • £ però Togliamo tu ti trasferisca subito sino ad esso Poggio senza alcima dimostrazione ; ma fin- gendo di andarti a sollazzo e a vedere un poco quella muraglia , e intenderai che fos- si bisognerebbe farvi di présente , e dove bisognerebbe sterrare per rendere il luo- fo bene sicuro da una forza: e quando ti essi* il cuore che amorevolmente , e volen- tieri cotesti del Vicariato concorressi no , e massime quelli che sono più vicini da Castel Fiorentino in su , farai diligenza , che si fac« tàà 'm quattro^ o sei giorni quella opera | òhe rendessi detto Po^b sicuro ; e biso« fonando per tale opera vi stessi il tuo cava- iere, e tu vi andassi ogin due giorni una volta , lo farai ; ma se vedessi la cosa mollo dllEciie , o molto molesta agli uomini so- prassederai , darai avviso ; significando tulio quello , che intenderai drento • ^9. jiugusU i5ia VI IX Commiss. , et Offidalib. super foi^eis , et argtnibus Commim.y et distrìctus Pisarum . E' sono a noi due ambasciatori, Timo del Piviere di San. Cassiano , e l* altro di S. Lo- renzo alla corte della Potesteria di Cascina, e dicano che voi avete loro comandato man- dino uomini per T opera dei fossi e argini costi di Pisa ; e perchè loro non hanno ob- bedito gli avete condennati in più somma di denari per questa disubbidienza , e loro al rincontro dicono che pe Capitoli loro che hanno con questa Eccelsa Repubblica , ne sono esenti, e lìberi come potrete vedere per il tènere di quelli , ed hannone richie- sto della osservanzia d* essi : come v è note la fede pubblica promessa a' sudditi si deb- be inviobibilmenle osservare . Pertanto vede- te detti loro Capitoli , e quando per quelli e* ne «ano esenti e liberi , vogliamo gli osser- viate , e facciate loro osservare inviolabilmen- te , e le condannazioni fatte di loro per questo conto , quando e' ne sian liberi per detti Ca^ piteli le abolirete , e cancellerete come non legittimamente fatte secondo il tenore de Capitoli predetti . Fate quanto vi comandiam# non manchi . :29, Augusii iSio 9* IX. • VICABIO SLONTIS CASTELLI • SER BERNARDINO DINO de Cotte. E «ono siati a noi clue Ambascbtoci ^Uo Comune di S. Àlmazio , e dicano cbe hanno un fiume , che si chiama il Pagone, che passa per mezzo della giurisdizione del Comune di 5. Almazio , e del Comune di Monte Castelli , e che quando questi di S. Al- mazio menano loro bestiame abbeverare come punto scorre , dalla parte del fiume di Monte Castelli ) ne sono accusati da questi di Monte Castelli dalla guardia loro de* danni dati; e con versa vice fanno quelli di S« Almazio inverso le bestie di questi di Monte Castelli y quando vanno abbeverarsi in detto fiume ; e sono moltiplicate j e moltiplicano tanto queste accuse y che s impoveriscano da loro mede- simi , perchè tutto di si gravano insieme per queste condennazioni ,e non ci pajono que- ste accuse molto ragionevoli^ perchè la na^ tura de fiumi , come è questo è di poter- li usare per ciascuno senza incorrere in pe- na' alcuna . Pertanto noi vogliamo e conian- dianli abbi a te all'livuta di questa , chi rap- presenta il Comune costi di Monte Castelli ., e con la presente vi saranno uomini dei Co- mune di S. Àlmazio y e intenderai hinc inde questo disordine di queste condennazioni per abbeverare <•* loro bestiami in detto fiu- me; e tutto inteso e bene esaminato t* in- gegnerai amorevolmente, e senza forzare y di vedere per il debito della giustizia se ta gli potessi comporre insieme , che invero sareobe opera laudabile . Quando che dopo la dìHgenzia tua usata^ come è detto, non |>ossa y rimetterai dette parti a noi bene in-» forniate di loro ragioni , e con uno disegno di detto fiume d' onde passa per detta giu- risdizione de'Corauni delti . Udiremoli insie- me, e fareriio opera diligente, che la giu- stizia abbia il debito suo . Dando in tal caso per tuo onore avviso del comandamepto fat- to , e in che dì, e quello che tu intendi drento . Fio/e a, Septembris i5xo. *4 - • « • ComulibiM Jfor&t B benché nostro d«ski»rk> iÌMit che lesta opera de* fossi sì oondocesse om k ee» lerit^ possibile per la copb, ed abbondali* |Àae saliti può airècare al Paese ; itteete* dimeifìo cooaiderando che molti dt cotesti Co-* munì e Popoli ^pe' ipapitoli , the hanno' non sono obblì^ti a slniili fazioni ^ ed altri bciv ^bè non abbino capitoli y che gli difendino, sono in tal modo soprafiiatti di povertà , e n^b- seria pe* casi di Pisa passati , e per non a- vere <)u^^ anno . qiia^ riooko milla , in . che era tutta la loro speranza ^ che dicono non potere più : e per non gli fare al tuttq desperare , e che gli abbino a abbandonare il Paese , vogliamo che qiranto a questi che se ne scusano pe' capitoli per T* immunità loro , voi gli osserviate , e facciate loro os- servare a ogni modo , perchè non ci pare da mancare loro della fede promessa per .questa £.Repubb. Quanto agli altri, che possono es» aere costretti ^ questa opera per non avere capitoli o priyileg} che ne gli liberino , vo« gliamo per le cagioni dette ne abbiate buo* na discrezione , e non correre cosà di subi« to ai condeitnarli ^ e gravarli per la di* 29 di qoeaU fossi; ms trattare ki cosa oen questi tali in tal laedo amore voi «- nuMite che piuttosto ventino volootan, ém forzali , come saprà bene usare la pru- denza Tosttaa luogo e Xempo ; che quando pure questa cosa de fossi non si potessi cod qnetìi' anno assolvere , se le dia la sua per<» fissione questo altro anno ; che come voi intendete [nù ci sono , e debbono essere « a cuore cotesti comuni e Popoli , die peo al pcesente V opera de* fossi . Voi intendete la mefite nostra: usate circa a questa ope- la la solita vostra prudenza in modo che r opera si conduca con quello più atto , e 4oic^ modo si può, per non fare dispecaro '* uomini « Bene valete S« Sgptembrìt iSi^« «& f - XI. t' I . . .. l • t lOTBSTATÌ TERRAB COIXENSIS PHILIPPO DE ARKlGUCCIS XLl pare che Alessandro di Mariano di costi che al presente si trova nelle si indie di Firenze a istanza degli spettabili Otto di Guardia e Balia della città nostra j abbi usa- to con una sua serva d' età di anni 1 1. per ogni yers<^9 in modo Y abbi guasta , e che di questa cosa ne Iianno notizia la donna di Crisi ofano Messo cosli delb tua corte , e la donna di Lazzaro Magnano y €d un altra donna che si chiama la Parvola, che si ri- trovarono^ per quello ne è riferito, con detta fanciulla a lavare panni a una fonte fuora della porta Passerìna di Colle. Ora perchè noi desideriamo d' avere pie- na notizia di tutta questa cosa , vogliamo e eomandiauti facci d' avere a te dette tre don- ne di so|)ra nominate , e similmente detta fanciulla , et medio earum juramento cia- scuna di per se le farai esaminare per tuo cavaliere y e Notajo diligentemente sopra questo caso, con più riguardo e onestà ti sarà possibile; purché noi abbiamo la stretta e semplice verità d«?lla cosa ; ed esaminate saranno, cf ne manderai una cppia de' delti loro, chiosa e sigillata del tuo sigillo , e per persona fidata ; e insieme ci manderai la fanci- ulla predelta accompagnata in mp<)o che To* riestà sia preservata . Fa quanto ti comandia- mo, con la celerità possibile , dapdp per tua onore avvisp per chi mandi detti testimo- ni , e chi verrà con la fanciulla predetta. xt. Septembris iSiOh. 'S!8 XII. CAHEAABIO S. JOARNIS THOMASIO FRANCISCO de Caponsachis, E. t >}ì è stato a no! uno ambasciatore del comune di Lannolina , e facci intendere che per la tempesta grande hanno havuto que- ' sto anno , hanno perduto ^ano , vino e ca- stagne in modo , sono questo anno pct moiìrsi di fame e non sanno come sì fare^ e sonoclsi strettamente raccomandati, che vo- gliamo avere pietà di loro, che s e' sono mes- si in prigione per debito dell'estimo e decima loro sono per morircìsi dentro di fame . E perchè egli è cosa conveniente avere pielà de' poveri e miserabili ; pertanto quando e* ti sia manifesto questi uomini avere perso qucst*anno 4juasi ogni cosa per le cagioni suddette; in que- sto caso arrai loro quella compassione circa sì riscuotere da loro detto estimo o d^ìcima, che richiede la discrezione di una tanta for- tuna; perchè è cosa dura volere trarre d' ve- nìeute secondo la ratò e peso dègfi alirr'del medesimo Comune, come pii\ distesamente ne potrai vedere per la legge predetta. Ora c'sono stati a noi alcuni uomini del Comu- ne di Fabbrica in nome loro proprio e di più altri forestieri venuti ad abitare familiar- mente in quello comune, e dicono che tu a*gior- ni passati gli hai gravati in pii\ panni ed altre cose ad instanza del Comune di Fabbrica , per volere che ezians-dio delti forestieri concorrìno alla spesa della paglia de'Soldali e ad altre spese estraordinarie di detto C^ a. mime : e loro dicono non ci essor tenuti pev virtù della legge predetta , ed addlmandan' me la osservanzia d'essa^ che non sarebbero veduti ad abitare fJEuniliarniente . in quel £ Pisa se non fussi stata la legge predetta , i il privilegio , che- la dà a chi. va ad abitar; Su quel di Fisa ^ Commettianli abbia a :• chi rappresenti detto Comune di Fabbricii # con La presente vi saranno questi Foresti- eri gravati, e vedrai la Legge predetta e iguelìa osserverai e farai loro osservare in- violabilmente, rendendo loro, e a ciascuno di loro ogni gravamento avessi fallo contro al tenore di detta legge e senza spesa alcuna; perchè vogliamo delta legge sia pienamen- te osservata per tempo decenti anni ognuno che andassi ad abitare in quel di Pisa per ripopolar quel paese di più abitatori è pos-- sibile : fa quanto ti comandiamo non manchi* Die i8, Fehn .x5i»i ss '^ M.Ì 1)'. - {. t \ :'('''-' ] •^' -•:■/■ ■ -ytvi: ■ étjpitt^eo et Cófhmissario ' Cmtaits ì^ìsa^ - ràm et emme subcessorì "proxtmo . •I P^ìcarìo Loris, Y o\^ i • ?• Capilaneo CampUìae.) '""^" muianA* X^oi intendiamo dà cofeste £ande esaere portalo fuora del nostro dominio copia assai di mortella^ e altri concimi da corame . Di che il clominio nostro ne patisce danno assai; per* che non ce ne rimane quella copia che sa- na di bisogno a conciare e' corami nostri: e {)er ripartire a questo inconveniente,- e che a mortella e simili concimi servano a' nos- ^i corami e non a quelli de*^ forestieri , ve- gliami alta avuta, di questa per tutti i luo- ghi pubblici della tu» Giurisdizione facci* pubblicamente bandire- e comandare che non sta alcuno di qualunque stato , grado , o condizione si si§, ardisca , e presuma per st o per altri, o sotto alcuno quesito colo- re per lo avvenire trarre o far trarre del' Dofiiinio nostro così per terra come pep acqua akuna spezie di mortella o poNere d* essa y o altri simili concima da corame sotto pena di pèrdere le bestie y le some é> b barca^ O' navìceUé : e mandati delti baiw 34 di e scrìtti e appiccai ne* IiiogTii pubblict della tua Giurìsaìzìone, a causa persona noa ne possa pretendere ignoranza; uscirai efa- lai usare ogni diligenzia, che chi ci peccasr si dentro ne sia- punito, nel modo detto. Tu intendi quanto questo disordine nuoca alle cose nostre . Mettici ogni studio e di-* licenzia che si ripari a questo ùiconveniente* s5l Febr* xSio» 35 XVIL TATBKSv Priores tiberiatts et vexilKJer justrtiàe perpetuo Populi Fiorentini Cùpitaneo , • et Commissaiio Civitatis Pisarum , nec non Potestati et Consulibus Cii^itatis^ ejusdem in auos hae nostrae indderint ^ scdutem » N< oì esistìmiaino clie ti sia note h ta^ot^ e diligenza che 8*è durata e messa gìA piÀ tempo fa per questa Repubblica, e massi- me per Magistrato de signori di Zecca del- la città nostra per purgare , « nettare, • spignere fuora del Dominio nostro U cattive e proibite e tose- monete , il che è in gra» parte successo come si desiderava. Ora no» intendiamo che costi in cotesta città elle coti minciano a ritornare senza paura o sospettò, alcuno nello spendere quelle, e ci dispiace' assai, perchè esisttmiamo per le prudenae Tostre intendere possiate il danno* e la jat- tura arrecano seco e al pubblico e al priva*» to , e massime ora- che ne- abbiamo in gran-^ dissima parte del nostro Dominio seminate tutte buone, intere, e correnti Inonete se^ condo gli ordini della città nostra ; e desi- derando noi reparare a ^^alo iiicoiMienieftr le che Io fepntiamo grandiaaSmo^ rof^na e conimetlìanvi alb^ avut» dì questa vi re- etrìgniate tutti e tre insteme, e fareted quel- le opportune provvisioni id occorreranno^ perchè coteste cattive e proibitele tose mo- liate non vi si «pendino, ma piaganat fuod del Dominia nostro. Voi siete prudenti e intendete la mente nostra , e quanto questa cosa può nuocere al pubblico, e al privato . Provvedeteci come è detto a causa che si ripari a tanto disordine e inconverùent« «. Bene «po/ele iS* Mirili iSiOc «7 XVIIL CAT^ sx conui. Buaci GALEOTTO DE LEONIBUS» E' CI i tattq intendere che Messtt Jacopo venuto Dottore di cpstì, tolse donr- na già 4 anni sono in circa Madonna Glar copa figliuob fu di CrSstofano Picchi di co» stì, donna per quello che noi intendiamo buona e de' primi parentadi di costi , ed halla in tal modo trattata e tratta con tene- re una. femmina in casa e in sa eli ocdù sua, della quale ha più figlinoli, CM ella è stata necessitata per questi sinistri, « non convenienti portamenti uscirsene di casa e tornare co' parenti sua, e non la ;grovvedb di cosa alcuna ,. in modo che la 'povera donna ha carestia del boccone del pane , e lui colla femmina si gode e la do- te della donna, e T eredità sua: ci pare co- sa di roafe esemplo, e da biasimarla gran- demente, e dà. partorire qualche scandal» di mala natura , e siamone richiesti di ri- medio espediente . Pertanto noi vogliamo > e comandianti che alla avuta di questa tu^ faccia di avere a te detto Messer Jacopo, • con la presente vi sarà o lei , o aualche s«o parente^ e intenderai se quello eoe ci è 3r narrato è la Yerìti , e miando trovi essete così con quelle accomooate parole ti occor- reranno a questo proposito liprenderai det- to Messer Jacopo di questi suoi sinistri por» lanienti verso là dònna , facendoli nitende- re, ette questi non sono portamenti della professione sua; e qnando e' perseguiti in questi sua v|on convenienti portamenti , e' non manctierà modi a questa signoria di yimetterlo nella via, e fargli riconoscere V error suo ; e in questo mezzo opererai Es prò vegga convenientemente del vitte^ e ve- •litò secondo la dignità e eondecenza stia, e* consegnile con effetto tutto quello che l^tenessi di lei di sua eredita. Tu intendi la mente nostra : nsa in tot« lo la solita tua prudenza a causa ne segnino ^ effetti sopraddetti; che quando pure volesse perseverare nell' errore suo , per tuo onore ci darai particolare avviso di tutto, perchè saremo a ogm modo per pofci convenienlt limedio. 4 JBnie vale iS» MarUi iSia» 3» XIX. TICARIO FISCIAX BARTHOLOMÀEO D£ MANCIKIS. N. i.^ oi intendiamo che il Comune e oo- fDÌni di MonteCattinì per essere venuto il tempo secondo gli ordini loro cercano di voler Care la nuova riforma degli offizi loro: ora e* sono stati a noi più uomini privati di det- to Comune con i loro nomi ^ e di più altri privati cKe desidererebbero esser governali be- ne ; e dicono che il Comune loro fa circa 5oo. uomini, e che questi che governano li Comune di Monte Cattini sono circa 3o., in 4p« persona , che non escono mai di of&zio «he non succeda o il figliuolo, e il fratello , o il parente loro , in modo che sono sempre in of** fizio , e volgono gli oflizi senza giustizia alco^ * na a chi e' vogliono ; e così come questi pochi vogliono tutti gK onori per loro , cosi etiam si dividono tutte rientrate del Connuie , che di- cono questi privati che detto loro Comune ha d* entrata V anno per quattro mila , e di ^ese per due mila cento , e in capo dell^ anno assegnano debito al Comune , in mo- òo che dicano essere mal governati , e que- sto esserne cagione che si chiamano T uno t altro in oiEzio ^ e quando F uno esce V 4o àllro entra: ecl hannooe richiesto £ nrnc'* ctlo espediente che noli potrebbono essere peggio governali . Conimeltianti^.^o ìix o il tuo Giudice quanto più presio A può si con- ferisca sin là a Monte. Gattini , e intenda il modo é órdine hanno a fare qoestd. mwva nfonna 9 e i Capitani defcnsori ^ e i consi- glieri di quivi che hanno a creare* questi fìformatori non chiamino alcuno loro paren- ,le insino iu quarto grado, secondo lo» statv^ •to, né alcuno altro del cerchio , cioè A quelli che seggalo in offizio , come pare pel .passata abbino fatto a causa che si (fia par» te ad ognuno, h cke. la. riforma si facdei con giustizia nel distribuire gli e&à , e onn»> .ri , e massime a chi si è portato bene e porta, e sia uso ad avergli per antròhttà* é quelli che se gli avessino per mali porta- menti tolti o per essere eòndennati, e ii>- |anìi gli lascino addieti^o ; e in . somma .farai che detto tuo Ciudice ci tenga- su le jnakii; che questa riforma si facci minuta- mente y fr d* accordo , e senza passione al- cuna e con giustizia ijiniversale d* Ognuno secondo e- meriti suoi, e \n tulto, e pet tute .to che per gli ordini di quivi si dispone^ e sé questi cne rappresentano il Comune dr Moii^ te Cattini si sentono di questo modo di itpr* .vere gravati, vogliamo anbiiio libero xìc;<^iv#' \ ,a questa eccelsa Signoiii^ ^ Bene 9al^ :a6. M^rtii^ €AK ET COIKEM. XIVIT. KSTOHU JOAPGSI DE POPOLESanSb s *ono stali qui avanti di noi quelli Pi- stoiesi dell' una e dell altra parte , i quali ultimamente vennero a tuo nome per causa eli quella elezione , che si ha a fare de* tre scolari , che sono per vacare , e ia che. i Panciatichi si dolgono per avere poco> nu- mero di graduati nella parte loro, e noti avere in quella parte quel luogo, né potervi quanto è conveniente : per il cne noi uditi« li più volte con tutte le ragioni e circostan^ ze di ciascuno, e in ultimo £atto vedere e udito leggere il testamento del Rev. Cardi- nale di Trahoy e la forma e l'ordine di tali elezioni , ci siamo- risoluti non potere senza grave carico nostro alterare T ultima voluntà del detto Cardinale ; e però voglia-^ xno che questa elezione de' tre scolari, come di sopra, questa volta si faccia in quel mo- do e forma, appunto che è disposto per il detto testamento ; e se i Panciatichi non hanno tanti graduati quanto V altra parte , che abbino questa volta pazienza: e cosi tu ordinerai che tale elezione si. facci, e non Y intervenga se non quelli , che se-i còndo la disposizione . di tale teitamenU ■vi debbono e posseiio intervenire; non a- vendo rispetto a nessuna altra cosa , che si dicessi , purché 1! Ritenzione nostra è del testamento si osservi appunto ; e da altro Cinto farai intendere, che da qui avanti si pensi al ragguaglio di questa cosa , e che ci piglino qualche forma , acciocché ' per Una simile via questa parte Pancialica non se ne trovasse a poco a poco esclusa , non essendo stata V intenzione del Cardinale che una parte abbia jmù dell' altra , facendo tut- to con bù^na diligenza , e sopra tutto , die scandólo alcuno non nasca :- e tu conforte- rai quelli , che s* hanno a trovare a tale eie* Stone a portarsi in modo y che nell' elegge- re questi tali ne possano essere da Questa •ccelsa Sigriória commendati . • • • ' Bene y,ale >8. ^/^jfrOis iSii^ 43 I XXL YIC IT coutil. 8. KINIATIS FRANCISCO DE PITTIS. E pare^ per quello ne è nferito^ che Domenica prossima , che seremo a di 1 1. del presente , si abbi a congregare costì il Capitolo de' Fra Minori della Provincia di Toscana per cagione del ministro di detto Ordine, in che i Frati della Nazione Sane* se, per quello possiamo intendere, vengono animati per volere un ministro della Nazione loro : ed essendo la Città nostra capo della Toscana , ci pare più conveniente sia piut-* tcisto del dominid nostro , che quando e* se ne accordasseno di volere che maestro Fran- cesco de* Ghinucci da Monte Varchi al pre- sente ministro di detto ordine , uomo e di dottrina , e di governo sufficienltssimo rima- nessi nello ufficio suo ^ come pare per quel- lo possiamo intendere sia volnntà del Padre loro Generale , esisfimeremmo fussi bene per le sue buone qualità . Pertanto noi vo- gliamo , e commettiantì che tu presti ogni tuo ajuto e favore possibile e onesto alla Nazione nostra e al ministro presente ; aven- do buona cura che costì non ne abbia a se- gfjke scandalo alcuno per questo conto. Tvk 44 intendi la mente nostra ; opera a ^eèfo ef- fetto quanto onestamenle ti sarà possibile senza conferirne costì cosa alcuna di questa nostra voluntà e sqnza che . e* n abbia den* tro a correre scrupolo alcuno di coscienza . Bene vale 3o Maii x5ii. ■* .• » »", . ■' XKtì. ■ un, D. HIERONYMODE PANDOLFINIS. E \9 sono stati al cospeHo eli questa E(^ celsa Signoria più Uomini del Popolo di San Pietro Maggiore costì di Pìstoja^ e dicono che gli Operai e Cappella di detta Chiesa di San Pietro per una bolla di Papa Eugenio fatta insino nel i433. sono padroni di detta Chiesa , e degli Altari che sono in quella beneficiati , che volendo detta V. Revda Si- gnoria veder questa bolla e le scritture del padrona^gio predetto , fu arrecata liberamen- te a quella, e c'he ora detta V. Signoria la ritiene loro insieme con dette scritture , <^e in verità non ci piace punto; senza che pare loro essere violentati dalla S. V. R. in dette loro ragioni , che non pare cosa de- gna quan'do e*sìa così della vosira Revda Si- gnoria. E per questa cagione noi vogliamo •esortare e confortare quella , ella voglia es- sere contenta di restituire loro alia avuta di questa detta loro bolla e scritture , ed in questa cosa portarsi con tale modestia e gius- tizia , che non ne abbia a seguire scandalo alcuno in cotesta Città ; chfe ci rendiamo cer- iìsslioi V* S. R* essere intenta più a levari^" 46 che a suscitargli ; perchè quando questi Uo* mini si veggano violentare nelle loro niam- feste ragioni non sono se non per risentirse- ne . V. Signosia Revda è pnidentissima: esis- limiamo ci pjglierÀ modo, e forma tale, che le cose pisocederanno* ordinariamente , e senza pre^udicare allera^ni di alcuno. Il che quando noi intendiamo ci ssffà gratis- 9Ìrao per tor via qostl Biateria dì scalcialo • ^. Junii i5xi. Al XX IH. VICARIO S. JOAMUIS D. WATTHAEO DE NICCOLINIS. E issendo vacata di prossimo h Pieve di S.PierQ a Presciano per la morte di Messer Andrea prossimo e immediato Retlore di quella , ed essendone padrtina la Signoria , per sua deliberazione , e partito Taveva con- ferita e data a Ser Francesco Fagiuoli nos- tro Cittadino , e Sacerdote da bene, ed ave- va mandato Demmoro di Domenico suo mazziere per entrare nel benefizio predet- to e pigliare la posses»one di quella per detto Ser Francesco . Ora detto nostro maz- ziere ci scrive per una sua che ^li han- no serrato T uscio in testa , e ributtatolo, e che lui s*3ndassi con Dio , che volevano guarda- re casa loro e con le balestra cariche dis- sero che si tifasse indietro ; onde per nian^^ co scandalo se ne partì; e ci è tornato quivi nel Castello di Presciano appresso a detta Pieve, aspettando la resoluzione nostra; e perchè qui si tratta dell'onore di quest' Ecc. Signon'a , mandiamo apposta a voi il pre- sente cavallaro , e vogliamo subito alla avu- ta di questa mandiate a detta Pieve il vos- tro Cavaiiero con tutta la vosti^a famiglia » m bene in punto, e facciate motto al maz^ ziere , perone sì troverà nel Castello di Pres« ciano , e operi che - detto nostro mazsierc entri e pìff\ 'la possesnone *di detta Pieve e la tenga a istanza di qiiesta Signorìa ^ e mandine fnora tutti e' secoleoi, che Tiaono dentro intrusi; pigliando i nomi e sopran«- nomi di ciascheduno e di che luogo' iTsono per darcene per suo sonore avviso di tutto ; e se alcuno Prete o Sacerdote fussi in detta l'ieve ve lo lasci star dentro senza diluii o fargli cesa alcuna; perchè non è nostro olfi- do né debito mettere mano nella biada & 'Sttrì . E appresso eomandeni al Padre', aven- dcio, di Ser Cnstofóno da S. Leolino di •Valdambra « a' fratelli e nipoti e più strettì "paremi che erii ha , che in tra due di dal .di farai loro n comandamento, the lo facci tsubito , M presentino tutti personalmente al cospetto nostro, che manchino per niente; sotto ^ena di ducati 200. per ciascuno di loro , xhe non obbedissi; dando per luo onore av- vilo del comandamento fatto, ed a chi, e in che di. Fate quanto ne commettiamo e «on la celerità possibile e vivamente ; per- •chè , come ^ detto , importa troppo per T -jonore di quest* Eccelsa Signoria « mS* JimiL iSiu ' 49 XXIV. Vicario & Iohaunis DOMINO MATTHAEO D£ NIGCOUNIS. P, er, la voitni di jcri circa al eaaé delle Pieve a Presciano e' degli uomini che vi aono armatamonte intrusi , e della poco e- stimazione hanno fatto del Segno nostro , e del cavaliere vostro intendiamo quanto ne scrivete • Ora perchè <|uì si tratta deir onore di qaest* Eccelsa Repubblica , vogliamo e comandiamvi che voi subito subito alla avu-- ta di questa mandiate il vostro cavaliere con la famiglia vostra , e . con tutti quelli sdtri del Vicariato che voi comanderete , che vadino ad ardere e apianare ìnsino in fon- ' ^noento le case di detto Matteo di Simo- ne ^ vocato Finocchino della Pieve predet- ta , e sitmlmente quelle dì, detto Prosino da Saa Leolino del vostro Vicariato ; dipoi comanderete , e farete comandare a detto Matteo e Fresino ^xlie per tutto di 29. del presento si presentino personalmente qui al cospetto nostro , che non manchino per nien* te ; altrimenti non comparendo al tempo J intendine ' essere caduti e cadine in 'bando di ribelli , e confiscìiinsi tutti i loro beni , e degli altri die sono in detta Chiesa intruf' C 5ò cercherete j e farete cercare con ogni diligen- za J avere i nomi e soprannomi , come per la nostra prima ne scrìvemmo , e subito subito ce li manderete ; e mandiamo appo- sta il presente cavallaro , perchè' questa cosa non. ci potrebbe più pesare • Fate quanto ae comandiamo non manchi • Bene vuUte 27. Juriii ìSii, ».i XXV. 1 (^pièaneo , et Commissario , et Potestà' ti Cintati^ Pistoni : ambobus simul* N, 01 xntendiaino » e non senza dispia* cere che a' 2. dei presente venne costi nel- la città la cosa a tal termine , che pe* suoi danari non si trovava pane a* fornaj , che ce ne maravigliamo grandemente ; conciosìa- chè noi non siamo in tal tempo , né in tal penuria di frumento quest' anno , che do« ▼esse seguire costi tale disordine , e mara- vigliamci non ce ne abbiate dato qualcuno di voi notizia, perchè ci avremmo di subito provvisto. E pertanto noi vogliamo vi ristri* gniate insieme , e farete ogni diligenza d' in- tendere se costi è del grano , e quando e* ▼e ne sia , farete che cni n' ha lo cavi e metta fuori, vendendolo pregio onesto , e ra- gionevole j die crederemo lo faccessino que- sti che ne hanno volentieri per loro utilità, avendo una ricolta addosso piena , e co{>io« sa quanto è questa del presente anno : e quan- do voi vi certifichiate che non ve ne sia , per vostre lettere ce ne darete subito parti- colare avviso per provvedere al bisogno , che ci pare una cosa non punto bene fatta , che in una città di cotesta natura pe* suoi denari non vi si trovi pane , massime i^ 52 qiiest* anno copioso , come i detto , e come etiam abbiate sopportato si sia messo a sol- di 4^* ^o ^^^j^ 9 ^^^ comunemente nella cit'- tÀ nostra y e per tutto il nostro dominio va- le di gran lunga assai meno : fat€ q[uanto ne commettiamo non manchi . Bene valete 8. JuUi i5ii. 53 XXVI. POTESIATI PlSTOXn LEONARDO DE RODULPHIS E, I^K h stato al cospetto nostro il Re*- verendo Padre maestro Agostino Filippo d' Antonio nostro Fion;ntìno dell' ordine di S. M. de' Servi delia citti^ nostra , e dice che gli hanno costi' un convento del medesimo ordine loro ^ che si chiuma S. Maria de' Ser- vi, nei quale dice trovarsi alcuni frati di- scoli ; e rebelli alF obbedienza di detto Vi-* cario e ordine , clie ti saranno costi fatti noti ; e volendo ridurgli a convenienti ter- mini j e obbedienza secondo ricerca il d,e« bito j e officio di detta loro religione , non si vede avere tante forze che bastino a cor- reggerli , e comandarli , ed hanno richiesto di favore, e braccio secolare . Commettiamo ti che .quando detto Vicario Provinciale , o suo Mandato ti mostri e facci intendere d' avere dal suo Superiore licenza di potere correggere delti frati per rendergli obbe- dienti al loro Superiore , €if di potere per questo implorare il braccio secolare , in que- sti casi gliene presterai , e prestare farai ima volta , e pifi , e quanto te ne richie- deisi per fare gli effetti sopraddetti y aver 54 ■ . . buono rispetto clie non si facci scandalo da, ferite, o d'altro luimilto* Tu sei pmdea- te, e intendi la mente nostra; portati in mudo .che noi ti possiamo coinmendare ^ perchè qui< ^i tratta deli* onore di Dìo ; e dt £ire che detti £rati diventino obbedienti a* Io- m-. Superiori. JBfne ffoZedp aa Junii iS^i» 55 XXVII. I Pathos. Priores lihertatisj et Veodllijer JusUtiae perpetuus Populi Fiorentini , ^inguUs atque unis^ersis ReetoribuSy eH Officia* ìibus nostris tam presaentibus ijuam JW turìs^ et eorum cuilibet , in quos litterae nostraepatentes indderint^ salutenu V. oi Tedreto un Bando , il celiale sarà con questa nostra circa il pubblicare , e no- • tìficare ì amicizia , pace , confederazione , e lega, che insino a due del présente si è ttip<^ata e conclusa tra Y Eccelsa IiepttU>U^ ca nostra, e la Magnifica Comunità di Siena con remissione di tutte le ingiurie» e danni ^ r con assai altri capitoli e patti « come in simili stipolazioni , e convenzioni è consueto farsi. Comandiamvl a voi , e ciasamo di voi ognuno nella sua giurisdizione per pubblici bandi lo facciate bandire e notificare, a causa che da qui avanti cittadini, e sudditi, delF una, e dell* akra Repubblica possano liberamen- te con ogni sicurtà uscire nelle città , e do- minio 1* uno dell'altro , e traficare , e con- trattare, e fare tutto quello e quanto sona consueti lare insieme e buoni amici, e' yi^ ». Cini. ' /C J^ JBflne colete 9. Angusti i Si i^ / '-** i i - «* - N, oì intendiamo che agii anni passati, avendo fatto penderò questa Eccèlsa Kepub* hìica di volere voltare il fiume d" Arno ad* dosso a' Pisani perchè avessino cagione di rìtomare alla divozione di questa ELccelsa Repubblica ; si dette principio ali* opra a lare cavare e' fossi per poter volgere de ito £ume f donde avendo cominciato il fiunae predetto di già a coixere donde era ordi- sato, pare ene insino a questo dì abbi il comune di Fagiana, e i terreni di detto co- mune in tal mòdo riempiati ^ e barattati ^ che non vi si scorge più confini , o termi* ne alcuno , ma ogni cosa mostra una faccia di sterpi , rena , e pantano senza distinzio— ne alcuna , e i Signori de' terreni predetti «le^dererebbono riconoscere il loro e insigno- rirsene per riduco a terra fruttuosa , e non lo possono fare y se non si fa le consegne a ciascheduno della quantità de terileni, che in ha ; e desidererebbono alcuni di questi Signori de beni che sono stali al cospetto nostro che per voi , e ufficio vostro si v«- dessi ) e esaminassi tutto questo piano del comune di Fagiana , e ad ogni uomo di loro 9Ì consegnassi il suo per poterlo ri- 57 conoscere ed averne m qualche tempo qn^ehe frutto , e parendoci questa domanda non aliena dall'onesto, vogliamo ci mettiate den* tro le mani , e avere a voi e' padroni e oMì di questi terreni ; e veduto le cagioni dt ciasclìeduno gli consegniate ad ognuno quel- la porzione che vi hanno di beni , disfSn- gnendogli per numero, vocaboli, e miso^ ra , e termini , e confi^ni 5 in modo sem- pre se ne possa vedere la ricevuta di detta consegna, e a chi e perchè cagionerò nien- te dimeno fatte per voi dette consegne a cias- cheduno la sua; vogliamo che qualunque persona di queste vostre consegne si doles- si , abbi per ogni tempo libero ricorso • questa Eccelsa Signoria ,' perchè nostra in* tenziione è non si tolga a persona il suo, ne non si consegni a persona che non vr avessi terreni. Voi intendete la mente no- strs: usate in tutto la vòstra prudenza e giustizia* ^9 augusti i5iK Ca SAP. EX COBLM. FLVXZANt. XOANKI DE BARDUCCIIS.- N. ,01 intendiamp eh» il magnìfico ^lar- ^ese Qian Lorenza da Trespie si poitz^ molto ìnsolen temente col. magnilìco Mar- chese More Ilo >auo parente , e raccoman*- dato di <]uf^ta Eccelsa. Signorìa y. col mole- stargli di fatto y e per forza le cose sue & die in verità facendo a questo modo noix si porta da buon parente né cerne a siui» M.. sai'ebbe conveniente . Pertanto noi vo« j^liamo-y servando sempre la> dlgpità tua eoa. detto Marchese Gian Lorenzo , ti> abbocchi con esso secp> e iaratlì intendere per pari» di questa Eccelsa &!gno£Ìa, che voglia de- sistere da questi modi violenti^ e noa civi-. E; e q^andq pure volessi perseverare ia q«ell^ questa Signoria sarà sempre per pre^ Stare a. detto Marchese Morello suo racco- mandato s ogni oneMo favore e afuto, percbi- non sìa violentato , o forzato: »a questo» proposito userai tutte quelle ciccaci parola occorreranno alla prudenza tua: maquando- t' pretenda più una cosa , die un'altra , ad^ domandi via» ordinaria , perchè detto Mar* chese Morello si possa dilcndere con giù- itizia ; che il ¥olei«i fare ragione da sa m^ desimo non è permesso a pecsona.. XXX. Constdibus Marie. E. igli è stato ai cospetto di questa Ec* celsa Signorìa Bartolommeo di Francesca GrasisoUni Cittadino Pisano: e* dice che sono eirca dieci mesi che dalla città di Roma | doTe era abitato circa (quìndici anni, ritornò costì a Pi^a; e a' giorni passati venendo le masserizie e beni suoi mobili per acqua costi a Pisa, e cosi avea commesso ad un suo compagno là a Roma , e suo gran co- noscente, pare che tra queste masseri::ie, emas» sì me tra quelle di cucina in tra le altre cose che si usano in cucina, iussi circa quindici libbre di sale cheinawcrtentemente vi ki messo senza sa» , pere, o intendere il pregiudizio di tal sale, per- chè pare che le donne di quésto suo compagno . come diligenti di rimiandargli ogni cosa , vr misero eziandiq^ detto sale che si trovava^ ttSL le cose di cucina :. era e* par» che a- prendo questa casse su^etlata per vedere quello vi era di gabella, e* veditori vi tro- vassinò in tra le altre cose questo sale , e- volerlo cendennare secondo la legge che di ciò parìa y e detto Bartolommeo ne ha^ richiesto di rimedio espediente , perchè in* questa cosa dice non ci avere né colpa , né peccato |. né Mienaa* alcuna^ die qiiando à) àia cosi , come lui ci narra , e* pare caso dì avere misericordia • E pertanto noi voglia- mo che quando voi troviate il caso essere nel modo che ci è narrato y che voi ci ab- biate quello clemente rispetto che merita in se un tale inavvertito caso ; e benché le le^ circa questa materia del sale siano ri- gorose f niente di meno in simili casi ino- pinati è da andarci con buona circospezione e considerazione . Voi intendete la mente nostra: usate in tutto la vòstra solita pror denza e clemenxa.t » &8«. Septemb» iSiu 6t XXXI. TICAKIO PISAE FETRO DE COMPAGKIS. . X^ot eftUtìmiamo che tu possa averv notìzia , e cosi cotesti «uonaìm del tao ^ica« riato deir Interdetto che la Santità deL Pa« pa ci ha fulminato, il quale interdetto noi e quasi, tutta la Città abbiamo reputato e reputiamo vano per molte e fiM>lte cagioni^ e massime che sua Santità essendo stata ci-^ tata dal sacro Concilio, non n ha potuto ^ aè può .. secondo i Sacri Canoni- , procede- re a tale interdetto , senza che eziano noi ce ne siamo appellati in forma legittima a detto* sacro Concilio , e a qualunque altro- Tribunale dove giuridicamente ricadesl che è permesso l'appellare , conciossiachè la sia difesa dell' appellante , et dijtjensiones sint mtroductae de jiire naturae , che non si possano denegare a persona . Aggiugnesi ancora che questo interdetto è emanato da stia Santità senza alcuna nostra citazione ^ che suole la citazione in uno atto tanto pregiudiciale necessariamente ricercarsi , che r tisò Dio di fare per nostro esempio quan-» dò chiamò Adan)0 che avea peccato : ^dam^ Aìamy ubi es^ che lo citò prima che k^ Ci tacciassi dal ParacITso; v. per pi& aTfre ca* gioni , e ragioni , che per non essere più proiissi non si descrivono altrimenti : e per Sueste cagioni , e cagioni mossi per vivere a Cristiani , e non stare senza Messa , e Officio Divino , abbiano fatto dir Messa , e facciamo a questi nosH*! Conventuali che •eno ab antico usitatl di servire il palazzo nostro di Messe contìnHamente , e Offìz) Divini , come sono e* Servi y Santa Mari» Novella, Santa Croce, Santo Spirito, il Carmine , e Ognissanti . A tutti gir altri Osservanti , e al Duomo nostro principale abbiamo lascilo asserire V interdetto pre- detto secondo la volontà , et etiam per noi> dar cagione sl$no privati de* Benefizj , e entratr loro. .Queste è quanto d occon^ darti notizia dei presente interdetto, e co- me ce ne governiamo, a causa che eztam* Ib possino intendere cotesti nostri, fedelissimi» 1.. 'Octjobris tStX'. A / Vl^CAJWO PI6AK PETRa DE. CQWLPAGNISt XJLlIa tua de* So pon aGC9de altra, ri- sposta se non che tu Hai ad intendere cli« quello che è chi^aaato interdetto^ per noiQ^: avere le debite Qualità che si conven^no ,. tion estimato ^lioo'^e prlnia perd^è il PcKiìt»*^ fico sono più mesi fu clHamato a Concilio) S^GondaiHam^nte perchè si è appellato; térzo^ loco perchè non sono fatte le richieste , 0- cltazioni ordinarie, e consaete, e per mol- te altre cagioni ^ le qua\i- non accade narra:* ve di pres 6S XXXIV. HEV. vie. EF. AKRETII DOMINO DONATO DE CHIANNl. N, 01 intendiamo cosa che non ci pò- Irebbe essere più nrj desta; perchè toccanaosi r onore , e dignità de Rettori nostri , che sono membro di questa Eccelsa ^gnoria , si viene a toccare , e oiFendere quella . E' pare per quello ci è riferito y che un ser Guas- parrì di Meo di Checco, Cappellano della Pieve di Faltona il di di s. Simone prossimo passato venissi a tanta insania , che oltre a molte e molte parole oomtumeliosey e igno*- mìniose della dignità, e, onore suo, che al Potestà di Castel Focagnano Carlo Macigni nostro dilettissimo Cittadino gli abbassasse etiam Y arme in aste per volerlo mano- mettere , che quanto sia cosa conveniente a un religioso V. R. ch*^ è prudentissima lo può assai di per se stesso esaminare; e perchè un tale eccesso merita di essere punito e castigato, confortiamo V. R. a volere intendere questo caso, e vivamente ed in esen^plo degli al- tri punirlo , e castigarlo in modo ci sia la restituzione dell* onor ubblico; e quando V. R. non lo castigasse per modo admissi sui I saremo forzati a pigliare df ' modi c^ 66 r errore suo fossi riconascìoto con satìsfa- zione dei Pubblico nestro. Coofìdiamo assai nella bont^, e giustizia vostra, che ^'por- terete in modo che a questo Prete, che di questo delitto , e degli altri intendiamo ha addosso^ sarà satisfatto intieiamente alla ai- stizia . 8. Novembris iSix. «7 XXXV. CA7. ET COMM. FIVIS&AKl 30ANNI DE BARDUCCIIS. M, .ercato di Jacopo da Botìgnano Villa, e Coite di Fivizano, già sono dodici anni in circa, per quello intendiamo, ottenne un salvo condotto dalla Signoria di Lucca di potere passare libero, e mcuro con suo be- stiame su per il Lucchese per andare con esso in Maremma , e ritornare con quello, e segui di poi che volendo ritornare costì a Fivizano a casa sua, e capitando con detta bestiame, nei atomo vicino alle* porte <£ Lucca , fu da* Lucchesi tolteci tatto detto bestiame, che era di valsente, per quell<> intendiamo , di ducati 3oo. e meglio; e ve- dendosi mancare della fede, e spogliare quasi in sulle porte di Lucca, fu forzato pel danno ricevuto farne doglianza a questa Eccelsa Si*- gnoria, la quale inteso il caso parendoli bene di provvedere alta indennità di questo suo uomo , scrìsse una lettera al Commissai» rio che era in quel tempo costi , che do- vessi mettere le mani addosso , e gravare tanti uomini della Giurisdizione Lucchese e* più vicini di costi al Capitanato di Fivi- zano , che GÌ fusse la conservazione di «^ 68 Mercato nostro uomo y che cosi intendiame f^ce detto Coinmissario , avuto dette lettere dalla Signoria in nodo si valse detto Mer- cato da onesti uomini Lucchesi in circa loo. ducati ; la oual cosa intesa poi la Signoria di Lucca, suDito pose in bando tre uonùni de'più principi! costi della terra di Fivizano, -che furono Piero del Maestro , Piero Agnolo Berni , e Lazzerotto' di Cristolano , de* quali non n* è vivo se riim detto Lazzerotto , che ancor» si trova nel bando predetto , ed bannolo velettato più tempo per mettergli le mani addosso , che in questo caso non ci ha colpa alcuna, e pargli duro stare in questo pericolo 9 ed hanne richiesto questa Sgtiorì» di rimedio espediente . Commettìamti che alla avuta ^ questa facci intendere a quattro principali della Vicarìa dr Minusano Giuris- di]iione Lucchese , quali ti farà intendere detto Ijazzerotto , die se in lira venti di dal di lo notlfìchérBÌ loro non hanno con effetto operato con detta Signoria di Lucca , o con cni altri si as^ttasse che detta condennazio- f]e,e bando fatto a detto Lazzerotto sia toha via^ e cancellata, e detto Lazzerotto totalmente Ii-> berato da tal bando-, in questo caso passati altri 20. di , porrai , e bandirai per la corte tua detti quattro nomiaiti per detto Lazzerotto per le cagioni dette . Tu intendi la mente nostra , eseguisci tutto con la tua solita pmdenza , e giustizia a causa che detto Lazzerotto noa stia sempre in questo pregiudizio • 27. Novembris i5ii. 6» XXXVI. YICAJIIO ET COMMISSARIO FISCIAE BERNARDO DE VIGTORUS. E igli h Stato al cospetto nostro Prete X^dovico deglìOnesti Ambasciatore dei Comu- ne ài Petra Bona , e dice che avendo di Settembre prossimo passato trovato a dar danno certe capre di contadini Lucchesi nei terreni di detto Cómunfi di Petra Bona , le po^eno in deposito in su T oste , perchè il padrone di quelle rivolen(io il bestiame suo gli rifacessi prima del danno dato > e che Pie- ro di Gante tuo precessore ebbe a se le par- ti , e finalmente gli compose insieme come potrai vedere per V accordo predetto . Ora noi sentiamo , che avendo riferito quei con- tadini Lucchesi al Podestà di Lucca altrimen* ti che il fatto non è successo , per caricare questi di Petra Bona nostri uomini , ha per l officio , e tribunale suo messo in bando d^lle forche sei dei primi uomini di Petra Bona y e incameratili , e messo loro drìeto di taglia So. ducati per«piascuno a chi gli dà presi , o moi*t], die in verità non siamo sen* £a maraviglia y che senza causa costoro si li* N trovino in tanto pregiudicio, e perchè que- sta è cosa da risentirsene per onore e oiEck» di questa Eccelsa Repubblica Togliamo , e coniarxlianili che tu all'avuta di questa ponga in bando per mezzo del tribunal tuo dodici uomini della famiglia di quelli de' Giusti del Castello di Medicina , Giurisdiuone Lucchese de più primi ed abbienti • capì della fami- glia predetta sotto quella medesima pena , e pregiudici cbe si trovano i nostri di Petra Bona, che detto Podestà ha. banditi ^ a causa conoscino r error loro , e par pari referatur^ Fa quanto ti comandiamo non manchi » e ^- Tamente • i6. D^cemhris i5ii* XXXVII. CAP. Siderale , ie fatiche d' Italia dì dieci anni , e le mie di quindici di. So che v* increscerà di lei e di me^ Teggiendo da quali infor- tuni quella ma auta oppressa , e me aver voluto tante giran cose in fra sì brevi ter- mini restringere. So ancora escuserete V uno e r altro-; iet colla necessità del fatto, e me eolla brevità del teitfpo che mi è in simili ozj concesso : e perchè voi col man- tenere la libertà d' un de' suoi primi mem- bri avete sovvenuto a lei. son certo sot* 7« Terrete ancora a me elegie sue fatiche reci- tatore; e sarete contento mettere- in qiwsti mia versi tanto «pìrito che del loro gravia- •ìmo siibjetto e della audienza vostra diven- tino degni (i) . Valete die 9. Nwembris HL D. IJJUL / (1) J? nel Cè^. XIIL Membrjn 8. ddlà. Bibllot. Mèdie. Laur. PI. XLIV. serata netV occasione i imiare olSoWiaH im» Oeeennali » 7» JSsemplare ielle Jormole^ con le qualt si scrivevano le lettere del Segretario Fio» Tentino ai libn della seconda Cancel^ lena della Repubblica. I Il Del Nomine Amen. Anno Domini y ostri Jesu Chrìsti ab ejus salutifera Incar- natione , niìllesìnio quingentesimo undeci- me , Indictione quartadécuna , diebus vero^ et mensibus infrascrìptis • In hoc scquenti chartanim numero pre» sentls Registri scribentur omnes, et singii* lae Deliberai iones pertinentes , et esppectan* tps ad officium secundae Canee He riae Ma^ gnificorum Doniinomm D. Priorirm Liber* tatis et Vexittiferi JUstitiae perpetui Populì Fiorentini rogatae, et publicatae per me Nicolaum Domini Bernardi de M^clatellit unum ex Canee llarìis praefatae Dominationia existentibus de Dietis Dominis. Johanne Francisco Barkbolomaei I p ^ (-) j.p» FranciacideBramantibus. fs S i * Cino HieronymiCini Lucae Cini. J * ^ iìniuOk Bernardo Hieronjmi Matthae* de Morellis . I Pro Quarlli Anj;elo Andreoli alterius An- fS.Crueis, dreoU de Saccheitis* J U r 3 Cantb Joannb it \ ipagnia . I Pro Quart. 3Vfir<)o Hieron^mi Ado- | S. M. Nct, ì de Giachuiottia • J rie FraBcIsci Papi de V daldìs . I Pr Phitippl lodnnis de £ S. peOis ^ J lactantie Thcdaldìs. f Pro Quart. ifoanne Phitippl lodnnis de (S. Joannb. CappeQiì Petro Deminì Toromasìì LaarenliI de SoderìnU VexilLifero Judtiliae perpetuo Po* p«ti Fiorentini (i}« JExistente eorum Notorio Ser JuUano Je* hannis AntomX de Valle — Cancdl» XHe prima Noi^emhris "JT. Di XL Praefati excelsr Domini in sufficienti nu^ Mero congregati per eorai^ soUmne partitum missnm^ inter eo» ad faba» lùgras , et alba», et ea quldem obtenlo secundum ordinamene la Civitatìa Flerendae, deliberaveruni per praefatom eorum Cancellar ium , aolutis in prìmia debitis taxia Communi FkMrentiae, (i) Filius Justitiaey sub cujus umbra tolum Imperiwn Floventinum Jetidm* mum rewbatip 8f possint, et debeant tradì Lilterae Ciribus Florentìnis euntibus in Capitaneos^ Vicario^ Potestates, et CastelLanos, et pari modo Ut- icrae notificatoriae , Revocatìonum BuUecti- noriim , ut moris est. Laus Deo • Quindi comincian le Letterr, Apparisce dai medesimi Librt , ^e i Priori si mutavano ogni due mesi , e non durava più lungo tempo il Notajo. Non vi er» A costante che Piero Soderiniy e Nic- colò Machiavelli nel tempa che ti scrive-» van .queste .Lettere * D 2^ % E T T E R E Dt NIGCOLO' MACHIAVELLI Siegretarlo della Repubblica Fìoreutinaw Scritte AD AOT0NIO GIACOMINI TEBALDUCa MALE5PINI. Coinmissario Generale delF esercito Fi<»ei^ÌD(i>- contilo a* Pisani (i). iVXag. Gèner.Commìssr Apportatore i qpesta sarà Bernardo di m. Criato , \{ quale viene costi con la compagnia di detto m. Griato , ed ha avuto da noi 1200. ducati d' oro. Paretelo pacare, e rassegnare per-aSo. fanti| secondOi la nota che. ne. ha. iL Provve- (1)* eriche queste Lei fere , che furo» n0.t pubhlicate. per la prima voha in in. Lucca nel 1 763. con. la data di Amr 85 ^ ditore; e vedrele che siexK) buoni aomiiu «>ome richiede il debito • Bene calete. Ex Pahlio Fhfent. die 17. Mail i5o3. lìecem Viri lÀbertatis et Baliae Reip. Moi^ntìnae • N. Maohias^eìli • «MMMlM«a«MlriWB sterdam, si veggono mancare mila Ko- rentina edizione del lySi. Noi abhiam» créduto dolerne arricchire la nostra per tquelle rosoni che ci determinarono a cqI^ locarvi le antecedenti. • IL M, .agnifice Vlr ec Noi ti scmemmo jersera per la via di Fescìa, e con quella ti mandammo aoo. ducati con ordine che b lettera e U danari ti fussino presentati alla arrivata tua di Monte Carlo . Benché e* non Ò scaggia per questa scriverti altro, che quel- lo ti si scrìsse iersera ; tamen per non mao'* care di scrìverti ogai giorno, vogliamo scrì^ verti la presente e di nuovo dirti che dei* la compagnia ^e* Suvelli tu troverai a Pe« scia, o in quella circumstanza, 26. uomini d'arme, e 16. scoppettierì a cavallo, de' quali tu ti potrai valere eome ti pardL alla giunta tua a Monte Carlo, e li altri uo- mmi d'arme infino in i^o. si* è ordinato che ■venendo drieto a questi si formino a Fu- cecchio / Donde tu ne potrai disporre quei li parrà , e per farli 'congiugnere con li al- trì per quella via che sai'à più comoda . Dim- xneti, e per questa ti replichiamo , come le genti del Gonzaga per l^o di sabl^to , o do- menica prossima saranno in Valdinievòle ,. le quali hanno ordine di fare quel che tu or- dinerai loro; e però lascierai al Vicario di P)$s€ia quello che alla giunta loro le deb?* bino fare . De' n^uli se ne era ordinato piji di fa infino in i65. in tutto ; e maraviglia n- €i che alla partita tua dalla Cascina e^ non fuséino comparsi jk crediamo, che sieiux ve» ... - *5 nati dipoi y e Sa. Pier Francesco Toslnglù sia stato loro commesso quello abbino a fare . E oltre a' predetti muli , ne ordinam- mo jerì 5o, e' quali saranno a Bientina per tutto dì mercoledì, come ci richiese Pier Francesco Tosinghi . Circa al pane , sv i sollecitato Gio. Batista oel Noro, e Pier Francesco, Tosii^hi . Scrivemmo a Prato ^ acnvejBnio al Vicario di Pescia che faces- «ino tutto loro sforzo per mandare pane a 'filonte Cario, in modo ebe mei'coledì sera •vi fussi; e %n potrai servire oltre alle vet- tovaglie delle bestie che ve la arranno por- tota; perchè aviacBO commesso al Vicario di Pescia che ti accomodi di più bestie che -può della sua )ttrisd»ione • Dì nnovo non ci' è da serivertl moke cose di conto , se «on che intendiamo per lettere de'' Com- missan nostri del lato di sopra, ìe genti del Duca essersi in maggior parte ritirate ^ • tesolute . Vero è che abbiamo avuto qualr- cìie fiuto qtiesta mattina che i Piombino è arrivato 200. fafrti per a Pisa . Intendendone megliO' il vero , ti si scrinerà per altra no- stra. Bene s^ale'^ ExPnleUiaFloreni, éRe io.Maìi i5o3^ Becera Viri lÀbertatis , et BeAiae Reip^ Ftereoi^ 86 IH. M., ignifice Vìr Gen. Commis ec. N<5 • aviamo or>dinato - che quésta nostra lettera responsiva alla tua di questa mattina ti as*» petti a Monte Carlo , dove tu scrìvi avere ordinato che le vettovaglie faccino capo per rifornirne lo esercito e ritornare in sii la fazione , e noi quanto ad e«se e alli muli abbiamo fatti quelli provvedimenti che alla giunta tua in detto luogo vedrai, e con questa lettera ti sarà presentato dugento «meati e' quali vogliamo spenda nel Cover* natore, ed in Pietro Pitti per conto de* materiali, e in che altra cosa ti parrà per conto del campo , e di tutto farai tenere^' conto al Provveditore, Troverai alla giun* la tua a Monte Carla le genti del Savelli, e* quelle opererai nel residuo di cotesta fa- zione come ti verrà bene . Né per altro abbiamo loro fatto pigliar cotesta volta, se non perchè voi siate più forti nel ritornare in Val di Serchio, perchè desideriamo che GOtiista esp«:dizione si l'accia a fatto e sicura, e più tosto si peni un poco più , perchè reponendo toro da vivere , la impresa saria • aula il) vano e la spesa gittata via, ed ol- tre a queste genti Savellesche, le quali sie- rio costì allo arrivare dell' esercito a Monte Carlo , quelle gonti da Gonzaga saranno medeslmanirnlt' in Valdinievole o sabbato, o«^ domenica prossima. £ p^rò ordlneaeie al . icario di Pèseià quello che détte genti hanno a fare; e come ve ne volete i^rvi- re o nOi ne . scrìverete a nu, Francesco Ri- dolfi che le accompagna, e menale per la via.del^ Sasso ^ da Barberino, Poggio a Cajano , e dapoi alla volta di Peseta : o dette genti faranno tutto quella ordinerai loro, Non ti scriviamo altro per non ayei*e dlue dirti di nuovo . Confortiamoti solo a fare cotesta fazione secura , ed : affatto , perchè co- ti universalmente 91 desidera >« Vale» Ex Palalio FìorerU. ag, JWà« i5o3. D^em Viri liibertatis et. BàUae Reif(4 Horendnae « 8t IV. / Prìores Ubertatis , et Fex. Justìliae perpetuus PapuU FlorerUim^ M agnìfice Gen. Comm. ec; Per^è li Pnncipi e insieme con quelli tutte le ^ Re- pubbliche debbono fare partecipi e* sudditi , e confederati loro di tutte le cose che tor- nano in onore e reputazione del loro goremo, e quieto vivere y a ciò che partecipando de- sìi aSannì, e* partecipino etiam del loro bene essere ; ci piace , volendo seguire V or- dine di quelli , farti intendere come que- sto di abbiamo nuove che jermattina con la grazia del nostro altissimo Iddio fu pronun-' ziato Cardinale dalla Santità del Pontefice il rev. monsignor mess. Francesco Soderini episcopo di Volterra ; il che per esser dono raro e desiderato da quella Repubblica , e per ogni conto da stimarlo principio del bene essere dk essa e confusione delll re- belli e inimici nostri, ci pare ad ogni mo- do dartene notizia . E* ck pbcerebbe tenessi modo che eliam in Pisa se ne intendessi ^ a ciò che oppressi da noi e fondatosi per lo addietro in sulla speranza d' altri , vedessi* no quello potessi no sperare, e insieme 1» comunicherai con cotesti illustri signori Go» vernatore , Condottieri e ConesUboli facien- doae appresso ringraziare I4dlOji il «^iiale s'è degnato per la sua infinita bontà ornarne questa Repubblica, ed uno uomo 61 quel- la , d' un segno quale lei per la sua gran- dezza e lui per le sue rare virtù e sispienzia kanno meritato. JBene calete. ' Ex Palatìo Hormtìno primo Jur. vU iSo3. 9» M. ignìfice Gen. Conriin. ec Fra ieri e questa mattina aviamo ricevuto due tue lèttere di avanti jeri tutte a due date a Filetto, 1' una a 12. ore la mattina , T altra a a. ore di notte. £ considerato prima il cammino da* voi fatto pe^' arrivare a quello alloggiamento, e dipoi la fazione che ave* te eseguita tutto il giorno , ne restiamo sa- lisfatti y e te ne conmiendiamo sommamen- te ; e perchè tu scrivi rimanerti da fare per ancora per due di da quella parte del Ser- cliio , crediamo non sia per essere assicurato questo di a Monte "Carlo come era nel pri- mo disegno , e speriamo vincerete in qual- che modo con la pmdenzia té difficulta del vivere; e noi non abbiamo mancato dal canto nostro di fare il possibile perchè a Monte Carlo troviate grasso rinfn^scamento, ed oltre a provvedimenti ordinar} si è fatto fare forza a Prato, e a Pescia di" vettova- glie I e a tutti a due questi luoghi aviamo risposta che faranno il possibile: né ci ba- stando questo vi abbiamo mandato circa 20. some di pane di qui; e benché noi abbia-^ mo dato intenzione a* vetturali che Io haiH no portato , che sìeno licenziati alla giunta loro costà , vogliamo lì adoperiate ad ogni bisogno del campo quando vi occorra , tal* 9^ che sllamo di buona voglia che muli non ▼i abbia a mancare , perchè se ne era or-* dinati in prima i65., dipoi ne aviamo ordinati 5o. che furono jersera a Bientina , e poi questi 20. che vengono col pane , che questa sera deverieno essere a Pescia; ed oltre a questo il Vicario di Pesci a ci ha prò* messo servii*vene del paese di /^o. o So. Potrete anccura ritenere quelle bestie cli6 porteranno vettovaglie da Prato, in modo che crediamo senza dubbio potrete fare a ^Mesta volta e per conto dì pane^ e per conto di bestie sì grossa carovana , che voi potrete stare in fazione 5, o 6. giorni, il che desideriamo assai , e ve ne confortiaiuo a farne il possibile . Forse oltra di questo non vi mancano, sendo di già arrivato co-^ 8ji il sig. duca Savello con un quarto della tua compagnia ^ il quale metterete in fazio- ne con li altri :- e «e ti parlas» alcuna cosa della prestanza , allegando non la aver ava* ta, e non poter cavalcare innanzi come e* sogliono fare , ti faccianio intendere come in fino qui elli ha avuti mille ducati d' oro, e questo di se gliene menda trecento cin* quanta, e' quali denari sono pii!i che non li tocca , non avendo seco se non 24* ^o^ mini d' arme e sedici scoppettieri , che li viene a mancare alla cQndot>ta 16. uomini d' arme , e 4 scoppettieri . E cosi come scri- viamo a lui , cosi li potrai dire tu . E qw^^ •to è, che ogni volta che li ara lo intero della prestanza , né siamo per mancarC , e lui non debbo volere mancare a noi, co* me non crediamo voglia fare •' Le genti da Gonzaga sono oggi a Barberino , e domani segairannu il. cammino loro alla volta di Valdinievole ; però lasderai ordino al Vica<- rio quello tu vuogli che le faccino , e do- •ve se li abbino a congiognere teco. E pa- tendoti da fare loro intendere prima alcuna cosa , lo scriverai a Pier Francesco Kidol- fi che le conduce. Jerì avemmo lettere da Fiero Antonio Camesecchi de' ao|. del passato , come si trovava insieme col Bagli di Cham al bor- ^ a s. Donnino di Lombardia , e che si era volto con detto Bagli che ha seco qual- che 4o. arcieri per venire a cotesta volta per la via di Pontremoli , e versanne o in cariipo a trovarti ,. o a Cascina , secondo li £a più comode e più sicuro . Diamtene avvi- j so acciò possa valerti della venuta sua ; e inten« dendo di lui novelle , ordinarli scorta, e quello cammino parrà a te a proposito, perchè e* si ab- bocchi teco: ed al Vicario di Poscia si è man- dato una nostra a Piero Antonio Camesecchi, imponendo la mandi per quella via che creda . poterlo rincontrare , per la quale se li scrìve quanto noi desideriamo . Tu trove- rai a Monte Carlo 200^ ducati , de' quaU in qualche parte ti potrai servire per conto de' materiali, e ordinerai a Piero Pitti che ae pon^p debitoce le comunità di qjaelii 93 uomini a chi e^ servono , acciò sia in nostra libertà posserli donare loro* o riscuoterli. Sene vale, JSx Palatio Floren* die piima Junii i5o3. hora i8. Decem Viri Libertatis et Baliae Reip» Florentinae . PoscHtta. Farci a pl^ cautela mandar^ nncora a te una lettera diretta a Piero An- ton io. Carnesecchi del medesimo tenore di quella si è mandata al Vicario di Pescia. Ingegneraiti mandarla ad esso Piero Antonio per quella via che tu creda incontrarlo , e ^e ti paressi a scriverli alcuna cosa , o ri» cordarli alcuno particolare , lo farai . Con la presente lettera ti saranno pre- sentati in involto legato cinquecento ducati d* oro , e prima si era ordinato che il Vica- rio dt Pescia alla giunta tua di Monte Car^ lo te ne presentassi 200. Vogliamo che di questi 700. ducati ne dia 35 o. al sig. Luca Savello , e delU altri 35o. ti servirai per conto de' materiali e delF altre occorrenzie -che alla giornata ti fieno di bisogno , ed al Savello farai intendere quanto ti si dice di sopra , cioè che quando ara tutta la sua com- pagnia si li pagherà tutto il resto della pre-* stanza . Iterum vale . Di quelli ducati ti avanzano oltre al sig. Luca Savello te ne servirai eliam in dame al sig. Governatore quelli ti parrà . pietà die. j^. Maclavellus. '* M, .agnifice Vir ec. Alla di {ersera « uUima tua, per la quale reslìarao avvisati, come avevi Fornito tutta la fazione da quel- la parte del cerchio, e che questo dì -do- vevi tornare a rinfrescare lo esercito a Mon- te Carlo , dove crediamo che a qaesta ora sia arrivato , e vi arai trovato provvisto di danari, di muli, e di pane, e per più no- stre lettere responsive a tutte le tua , le quali abbiamo fatto fermare qui, intende- rai e provedimenti nostri , ed ordini dati in satisfaz^ione di coleste genti. Per questa non ci occorre altro che replicarti il medesimo; il che non si farà per non torre tempo e a te , e a noi . Restaci solo comandarti in- sieme col Governatore e altri condottieri nostri della fazione fatta , confortarvi a se- guire il restante con quello animo , che voi avete fatto la passata, né qui si crede al- tro , né si spera altro fine . jCirca ìp avviso del Bagli di Cham arai visto quello ti si scrive per la ultima nostra, e quanto alle richieste ti fa Pier Antonio, e della scorta, e dello alloggiamento, ncm sei tenuto a fare quello che non si può, né sua Signo- ria arrivando cosò si potrà dolere , sendo alloggiata ad uso di campo : ricordiamoti so-* lo questo , avveri isca bene detto Piero An- tonio del cammino debba tenere a Venir securo, e non potendo venire securo costi J in campo , scrìverai a Piero Antonio che si addrìzzi alla volta dì Cascina . Né mancherai dovunque ti abboccherai seco di onorario come si conviene a4 un personaggio di quel- ìa qualità , e ad uno Governatore generale delle nostre genti ; e di questo avvertirai m. Ercole acciò non ne segua alcuno scandolo , o sdegno . A' di 26. dei passato parti Mon- 8Ìg. della Tramoglia da Lione per venire in Italia , e da Milano abbiamo che il Ba- gli di Di^iun ha già ad ordine 6. mila Sviz- zeri • A Genova si aspettano 3. mila Gua- sconi balestrieri, e ordinavisi di fare una grossa armata per mare • Credesi che avanti lo uscire di questo mese , tutto lo esercito Franzese sarà passato Toscana per alla vol- ta del regno. Vale. Ex Palatio Fiorentino a Junii i5o3. ^Decem Viri Ldbenlalig et BaUae Rep* tlorenUnae . Fosaritta. Come ti «i è detto, noi cre- diamo che tu troverai sufficiente provvisio- ne a Monte Carlo; nondimeno alla tua le- vala ci avviserai dove disegni fermarti col campo , dandoci notizia di quello che man- icassi, e dove , e per che via te lo abbiamo a mandare, o dove si avessi a far testa con vettovaglia , acciò possiamo provvedere e fj5i- ce dal jcaoto nostro il- possibile. IS. M. 5® VII. M. .Qgnifice Gen« Comm. ec. QaesU tua lettera di jersera ci ha dato dispiacere grande , perchè ci persoadevaaio ti avanzas- si vettovaglie p^c queste giornate che do- vevi fare ; ed essendo venuto oggi qui Gto. Batista del Noro io avemmo a noi^ e li • leggemmo la tua lettera , di che lui ancora mostrò maravigliarsi , e afferma die compu- tando questo secondo provvedimento di pa«- ne con quello primo , dice questo secondo esser maggiore il doppio , ed essendo quel- lo bastato quattro di , non può credere che questo non basti 5. Noi li aviamo replicato che bisogna sforzarsi , e abbondare in questi casi , e lo abbiamo subito fatto rimontare a cavallo per spianerò piìli pane può a Mon- te Carlo fecondo l'ordine tuo, el che ci ha promesso ^^re ^ dicendo avfrne del fatto a Fucecchio ^ e nelli attn luoghi circumstan- ti , e cosi siamo rimasti che lacci , e ci ri- posiamo sopra le promesse sue , avendo il tempo addosso brieve , e non possendo prov- vedere altrimenti . E tu ordinerai , come hai scritto y che la scorta vadia per esso a Mon- te Carlo . Quanto al Bagli di Cham , si è fatto intendere a Piero Antonio Carnesecchi vegga di condurlo a Cascina; pensando sia più al proposito, per essere scalmanata ia sua compagnia , che si posi là qualdie di^ si che avendo a riscrivere a Piero Antonio %7 Il farai intendere U Tnedesimo . E quanto al- la lettera che il Bagli ti ita mandata , ci piace abbi mandalo, a Lucca tino tuo can- celliere a j(istt£care le querele de' Lucoiie- 'si ; e cosi farai- per lo avvenire , justlfican-* ^ dali' «na parte , e daU* altia , Cacendo tutte quello che grudichì essece in onoi>e, « 4x\iie della città nostra senza rispelto al- leano , perchè sappiamo che alla Maestà del ile Cristianissimo dispiace assai che tioi sia- mo bistrattati , e malmenati da' vicini nostri. Bene ^alè^ Ex Pidatìo Horm&ìo J^, Jumi i5o3. Décem Viri Uberiatis et BaUae Reip^ Horentinae^ y 9 sig. <3io. Gonsaga si trovò yen a Pra^ foz adc|>eralo in quello mòdo ohe iì veriè Ipià a prop€>rito« G 98 vin. M, .agnifice .Gea« Gomm. ec« L* ultima che noi abbiamo da te è de* 4* del pre- •ente a aa* ore , -e con piacere, abbiamo in- teso la fuga delti inimici e .l'ordine vostro nella fazione ordinata : e perchè noi abbia- mo ordinato che a Monte Carlo continua- mente vadia rinfrescamento di pane, non diremo altro intorno a questa parte , spe- rando ehe ne sarai provvisto, abbondanten)ei>- te, secondo che Gio. Battista del Nero ne ha promesso ; ed esistimando noi che fra 3. o 4* di si possa aver fornite coteste fazioni y ci pare da pensare quello si avessi a £are di cotesto esercito, p^chè e* non perdessi tempo : e benché di questo noi ne voglia- mo al tutto il consiglio tuo» e del Gover^ natore e di cotesti altri condottieri; non- dimanco considerato questa cosa a laTgo, pensavamo se fossi da fare T impresa di Vi* co , o di Librafatta e della Verrucola ; e quando e' fussi da fare alcuna di queste , vorremmo intender da voi particolarmente quello vi occorressi y cioè in quanto tempo credessi assolverla; che provvisioni vi biso- gnassino , cosi di polveri , munizioni e ar- tiglierie , come di ogni altra cosa che è ne- cessaria alla espugnazione di una terra qua* le è Vico, o alcuna di quelle; non la- sciando indietro in questo cosa alcuna . E perchè tu bai tocco uno motto nella tua 99 lettera che li grani ti paino troppo sopra- stati, e che ii Pisani se ne potranno servi- re in parte , ci è venuto in considerazione se fttssi da non si gittare a Vico cosi ora, ma fermarsi in Val di Serchio in luogo con lo esercito che li grani per li nostri si potessino guadagnare , e che se ne valessi il paese nostro, perchè tal cosa merita ad ogni modo di essere considerata, sendo dan» nosa e vituperosa per noi , quando li Pisa- ni si valessino del grano che noi avessimo segato loro . Però considerate e esaminate questa parte se fussi da fermarsi costà in qualche parte a questo effetto , e possen- do^ fare , e parendovi da farlo ci avvise- rete quello si avessi in questo caso a fare dal canto nostro , e con che ordine , e per che luogo vi si avessino a porgere le vet- tovaglie : né mancherete nell* una , e nelT altra deliberazione di considerare tutto , e subito ci darete particolare notizia della de- liberazione vostra; perchè nostro desiderio èy che non, si perda una ora di tempo: e però ci darete al tutto notìzia di quanto ti occorressi fare dopo cotesta impresa • Sar^ con questa un altra a Pier Anto- nio Carneseccni, e un'altra al Bagli, a' quali le farai presentare essendo costi : sen- done iti a Cascina te le serberai, perchè ne abbiamo mandato copia per quella via : e quando il Bagli sia costi, come credia- mo f conferìnu con lui tutto il di sopra , e ZO0 piglierai parere da quello , come iaSH con- doltierì noetii. Bene ^^le. Eac JPalatìo Fhrenl. die 6. Junii 1 5o3. Decem Viri lAbertcdis et Baliae Reip. HotentiuaeM ■ '■1 ivi 101 EX. •.agiufice Vir ec« Terì tr A scrìsse per Aie vie ; e ti rìcercanuno di parere circa al procedere con cotesto esetcito, date die fus- ai il guasto; e attendandone risposta aviaoK^ nceviito la tua de' 6. data ad ore S di not- te , la qeale ci ha..dato ptacere , intenden- do còme avete fatte gran fazione ; e da im nitro canto ci ha recato molestia assai per dee «agiofti f r una intendendo ette > Pisani han- no sgemttfe in Pisa la maggior parte de* grani di Barberiein», e s» Rossore, l'altra affermando voi, detti Pisani poterai valere lactUnente de* granì tagliati da' noi-. Cre- diamo che voi non aviate possuto ovviare alla prima cosa di non lasciare cfuefii gra- ni entrare in Pisa ; perchè pensiamo che voi sappiate queste sia poco a propoMlo nostro : a che non sì essendo fatte rimedie, deside^- reremme almeno che a quest* alfre si rime- diassi r queste è che ì Pisani non tt valessi- no de' giani tagliati y. perchè ci pare que- sta cosa, oltre al danno grave che se ne riceve, se ne guadagni ancora una infamia gravissima; e denderande per questo sepr»-. uiodoy. ebe con ogni opportuno remedie vi si rimedi, i'imponiame facci egni> opera, che cotesto esercito non parta di costà, se non è segeiti due effeMi , F uno che il gua- sto sia d^o. tutto y e in ogni^ lato> l* altre che il grano gUtato in terrai si riduca ia ^uodo che l Pisani non se ne possine vale^ re , e ì^ questo userai tutti quelli tertnìni che tu vi ittdìcherai opportuni , come sareb- be o ridurlo in luogo che se ne potesnno valere ti nostri, o fame monti, e arderlo, o disperderlo per qualche altra via che può occorrere a te , di che noi non pos^mo dartene ordine. Stiamo solo di buona vo« glia che intendendo tu per questa in* •ieme con codesti ùgg. Condottieri A no- stro desiderio , non mancherai di ogni forza per eseguirlo ; e bisognando come é neces- sario rinfrescamento di vettovaglie, mande* ni a Monte Carlo la scorta , dove Gìo. Bat- tista del Nero ci scrive aver condotto A nuovo 20. moggia di pane . Jngegneratti ancora che il Bagli con instanasa ricerchi a' !Lucche«i dr transito sicuro per il lóro do-- minio delia vettovaglia da portarsi costì: e .possendo averlo, ordinerai come le a ab- bino a condurre, e daccene avviso. £ se bel mandare li' muli nostri per le vettova- Slie a Monte Carlo ti paressi da caricare i cotesti grani/ lo farai. Conforterai anco- ra cotesti soldati a seguitare con quello amo« ve hanno fatto , perchè noi possMimo con- tìnuamente come noi al tempo satisfar loro , di che non si mancherà : e però quelli satisfa- ranno a noi dando cotesto guasto affatto, e ope- ittndo che li nimici non si vaglino di quello » o segato, o che si segassi. Vale. Ex Pala^ HoFlorent. die 7. Junii iSoi.horaij.noclis. Decem Viri Libertatis ^ Baliae Reip. Florentinae . Jf- M. io3 M, ly.Lagnlfice Gen. ec Apportatore delh presenre sarÀ ser- RaiFaello Rovai Not. della Condotta , il quale viene costì insieme con uno raariscaliro mandato da noi per rassegna- re quelli uomini ohe vi. sarà possibile per dare manco brrga a n costà deretec^ae av^viso, e noi ci< ingegneremo subilo ordinarlo .. Esaminerete smcora questa cosa eon qualcuno di cotesti condottieri > quale vi- parrà più a proposito^. e con quelle cose vi troverete di costà, comincerete a metterlo in opera per avan-- 2are tempo; perchè in questo caso nói* non. potremo* per ogni: nspeUo desiderare la* celerilà pn\ che ci facciamo^ penò iiigegiie- retevi non se ne perda punte . £ parendo- vi» il sopraddetti^ maestro Luca a proposito ab condurre tale opera', come ci dice y, non ce- lo rinuiiiderete indietro^ ma snbito- comin-f- cerete a lavorare; dando a noi delle cose che vi mancassero noti&iapaiticulare •■ Bene wUete .. Ex^Palmtio Fiorente die 2j.Jwui i6o3^i« Decem Viri Libertatis^ el BaUa^ Aetp». Borenlimie:.^ N.. Jf.- xnK M. agnifice Gen. Com ec B* non ci oo*' correrebbe scriverti questa sera alcuna cosa,, tion avendo vostre lettere , se non fìiast che intendiamo, come da Roma sono partiti 4oo. fanti per venire alla volta di Pisa : la qoal cosa possendo esser vera, quando Ais- 8t vero quello ci avete scritto più volte ^ che i Pisani sono d' actSordo con il Duca , bt die noi vogliamo avervene dato av^sa per questa , acciò possiate disegnare d' im- pedire la entrata loro, quando venissmo per terra , e cosi stare av\'ertiti se entcassino per mare per potercene dare notisia subito , per potere noi e voi addiiizsarsi a rimediare a dette forze ^ e voi ne scriverete allo intomo ia cotesti luoghi per impedire loro il passaggio ^ quando pur loro si meltessiho a passare. Abbiamo questa sera levato le poste ,. giudicandole per lo avvenire superflue . E a te Antonio , di nuovO' diciamo che fra due ài ti si manderà lo scambio senza manco ve» mnoj si che sta di buona^ voglia. BSene valete^ Eig PalcUio.Floreni. diè-^. JuUiL iBcS.^ hora secunda nocUs . !Decem Viri UbertatisM Sbreniiw^. G XIV. (ir lonsidèrando- li spettabili' Dieci di lU berlàf f e balia delia Repubblica Fiorentina, come ne' capitoli tra la eccelsa Signoria di Firenze da tina parte , e la Comunità di Pisa dair altra sotto di 4 ^^gp^ iSoq. si traeva uno capitolo in ordino 17. dello infra'** scrìtto tenore. Che ogiii debito , che avessi la Comu*^ nità di Pisa , o cittadini particulari di Pisa^ o contadini al presente abitanti in Pisa , con il Comune dì Firenze , o suoi uffici , o Magistrati , o la Comunità di Pisa- con offici Q Magistrati altri cittadini particulari di Fi- renze, »* intenda essere, e sia finito, e cas-* 80 , né mai per alcun tempo se ne possa conoscere . E desiderando levar via' ogni litigio , e difficultà che p^r contt) di détto capitolo potessi nascere , e a maggiore e più chiara mtelligenzia di esso, hanno per loro partii- io deliberato,' e deliberando declarato, e declarano intendersi etiam esser cassi , e aai* Bullati tutti quelli debiti , che infra il tem- (1) Coj^ra di lettera scritta tutta di' proprio pugno da T^icadò Machiavelli , jedelmenle collii zi onntn col suo originale;, che esisteva nelle mani del Ju^ DomemOQ^ Mafia Manni di Firenze .. pò contenuto da.' détto CSapitoto aressmo- , a» avvtissi: alcuno cittadino , o contadino , o» cittadini', o contadini Pisanij con alcuno of- ficio, Rettore, o. Magistrato delCcnnunedl Firenae^ pe« conta, di alcuna condennaf- gione> o multa., delle quali condenna^oni o multe non >KOgliono etiam se ne possa- conoscere >. inteodeadosl pee <^lli cittadinii o contadini Pisani , che dal dì di. detta car* pitulasione indrìeto^ abitavano, nella città àL Pisa. £ tanto vogliamo, e comandiamo a ciascuno» che osservi inviolabilmente pes quanto stima la grazia nostra . Mandcmtes ^ «£c. Eoi; PalaHo,IhrenUm> dk ÒJuaii i5i i». Nù^kois Maclavj^lus, Sscr^ PATENTE D-I UUYÌERl GUADAGNI N JL%oi Dieci di liberta e balla ieìh pablica £iiorentina sìgnifìchìamo a qualunque vedrà- queste nostre Patenti Lettere , corner eonfìdando noi assai nelle vìrtìli ^.esperleRKa , e- buone qualità dello spettabile e -dilettissimo» nostro concive Ulivierì di Simone Guadagni^, il quale secondo I» ordini della città si truo-^ ¥a^ Vicario di Valdarno, lo abbiamo- depa-: tato Commissario nostro -in tutta la sua- ju«-- risdieione con amplissima autorità nelle co- te della, guerra y. e depeadenli da essa . On^ de imponiamo, e comandiamo sh ciascuno^ ssistenle in dbtto Vicariato , ohe nello so-^ praacriUe cose obedisca a esse Ulivieri., non; altrimenti, che se noi propr} vi comandassimo •. Mandantes etc Dal. eie. in Palati^ Hgn- ventino die 4* Augusti i^oS^ 910 PATENTE DI RAFFAELLO MAZINGHL N< 01 Dieci di libertà e balla della'Re* publlca Fiorenlina aignifichiamo a qualunque ▼edrà queste nostre Patenti Lettere, come* eonfidando asssd nelle virtù, esperienza , e buone qualità delio spettabile- e diletlisàmO' nostro concive Raffiaelo di Gio. Masùng^t^ Sitale secondo gli ordini della città viene* òdestà di Modigliana; lo abbiamo eiiam eletto e deputato Commissario nostro in delS fa terra, e tutta la sua jurisdizione , con^ •amplissima autorità nelle cose della guerra^ e dependenti da essa • Onde imponiamo , e eoniandiamo^ a ciascuno che nelle sopraacrìt— te cose obedisca al predetto Ra£Eaeilo , non altriuienti che se noi proprj; alla presenzia lì .eomandassiiiio, sotto pena dell' arbitrio nu- tro. Manàùntes etc. Dal. eie. in Falado- Mor^gtinQ' die ^ Novemhris iSio. JKicofau» Macla^ellue^ ixt^ ^oharad de Gmipagnis PoèestatU Bargae • i eri ricevemmo una tua de' 22. co» k copia della ricevuta dalla Signoria di Lucca . Considerato tatto , vogliamo che ùjt alla ricevuta delia presente , più secrelamen- te che si potrà , ma da altro canto con ogni efficacia , e in modo che ne abbi a seguire f efEètto y X\t comandi a cotesti uomini , ed a quelli massime che ne aranno più biso- gno , che per cosa del mondo » e per (pian- to è loro cara la grazia di «piesla Signoria, non ardischino innovare, ftè alterare alcuna cosa in sul Monte di Gragnio , e in luoghi della differenza tra loro, e quelli di GaUi- eano , acciocché non & abbia a venire alF armi , e seguire maggiore ineonveniente ; nostrando che- e* debba bastar loro, che persona non usi quel Monte , come si so- no contentati altre volte , da poi che i Luc- chesi dicono aver proibito a' loro uomini , che quando non T usino quelli di Gal- Scano' , è ragionevole che ancora lor^^ non r usino . E benché crediamo , che egli abbia ad essere- difficile; nondimeno aven- dolo fatto altra volta , To possono fare anco* di presente ; ed alta Signoria, di Lucca non scriverai altro , se non che tu trovi diffi cul- la grande in colesti uomini^ e che g)' rra- necessario si dTspon^mo anrimenli' a Tolérr termi rwirlà-, quasi escosandoU se e* Be^^se-* glasse più un disordine , ohe un altro . E so- pra tutto avvertirai , che e' non sappine es- sersi stato ordinato da noi di proibire, e- perchè non sarebbe a pmposito per loie I^ •apessìna. XXFL^ jignlis i&isi^ DISCORSO OVVERO DIALOGO In cài d esaminoy se la Lingua , in cui scrissero Dante, il Boccaccia , e il Pe=* tr arcarsi àehha chiamare Italiana, T(K scana^ o Fiorentina*. OemprecKè To ho pottifo onerare la poh» Ina mia, «aùandio con mio carico e pen». cólo y r ho fatto volentieri ; perchè 1* uoznor Bon ha maggiore obbligo nella vira sva , elì«' c0n quella^ dependendo prima da essa F essere y e dipoi tatto quello- che di buo* nò la: fortuna y e la natura ci hanno eoa-* ceduto ; e tanto Yiene ad essere madore- m coloeoy che hanno sortito- patria più no-.^ bile • K veramente colui . il qioale coirani-*' mo^ e coir opera si fa nimica della sua pa- tria, meritamente: si può chiamare parricir* da, ancorcliè da quella fusse- sutO' offeso .. Perdio se batter» il padre , e la madre per qualunque elione è cosa nefanda., di ne«- cessiti ne segue , il lacerare la patria esse-^. ifr cosa n^&adissima. pei:cbè da kl mal A xt4 sisconso patisce alcuna persecuzione, per la qaale possa meritare di essere da te ingiuriata , avendo a riconoscere da quella ogni tuo be- ne; talché se ella si priva di parte de' suoi ^ttadini , sei piuttosto obbligato ringraziarla di quelli che ella si .bscia, che infamarla di quelli che ella si toglie • £ quando que-. sto sia Tero , che è verissimo, io non du- bito mai d* ingannarmi per difenderla , e ve-* nire contro a quelli , che troppo presuntuo- samente cercano di privarla dell' onor suo. La cagiofke perchè io abbia mosso- questo ragionamento, e la disputa nata più volte nei passati giorni , sé la lingua , nella qua- le hanno scritto i nostri Poeti ed Oratori Fiorentini , è Fiorentina , Toscana o IlalLi- na.- N«Ua qiiale disputa ho considerato co- me alcuni meno inonesti vogliono eh' ella sia Toscana , alcuni altri inonestissimi la chiama* no Italiana , ed . alcuni tengono , eh' ella ri debba chiamare al t^tto Fioreatioa ; e ciascuno di essi si è sfór^ato di difendere la parte sua in Xorma , che restando la lite tn* decisa , mi è parato in questo mio. vendem- miai ozio scrivervi largamente quello che Io ne senta , per terminare la quistione , o per dare a ciascuno mater^ di maggior conte- *sa. A volere vedere adunque con che lin- Sua hanno scritto gli scXttori in questa ulo- erna lingua celebrati, d^li quali tengono senza discrepanza d' alcuno • il primo luoga Dante , il- Peirafca^ ed M Boccaccio ^ è ■ ne«r INTORNO ALLA LINGUA. IlS •essano mettergli da una parte , e dalF al-» tra tutta Italia , alla qaal provincia per amo- ' re ( circa la lingua } di questi tre pare che qualunque altro luogo ceda ; perchè 1« Spagnuola j e la Francese , e la Te«* desca è meno in questo caso presuntilo*' sa , che la Lombarda . E* necessario , fatto questo , considerare tutti li luoghi d' Italia , e vedere la differenza del parlar loro, ed a quelli dare più. favore , che a questi scrit- tori si confanno ; e concedere loro piò gra-^ do y e più parte in quella lìngua ; e se voi ▼olete bene distinguere tutta l Italia , e quan- te castella , non che città y sono in essa : pe^ rò volendo fuggire questa confusione j divi- deremo quella solamente nelle sue provin«« eie , come Lombardia » Romagna , Tosca^ na , terra di Roma , e regno di Napoli . E veramente se ciascuna di dette parti sa-' ranno ben esaminate, si vedrà nel parlare eli esse gran differense ; ma a volere cono*-> •cere donde proceda questo, è prima n&« cessano vedere qualche ragione di quelle | che fanno che infra loro sia tanta similitu"^ dine , che questi che oggi scrivono , voglio- no , che quelli che hanno scritto per lo ad- dietro , abbiano parlato in questa lingua co- mune Italiana ; e quale ragione fa , che in tanta diversità di lingua noi e intendiamo • Vogliono alcuni , che a ciascuna lingua dia termine la particola affermativa , la quale appresso alli Italiani eoa questa diaior ti6 si^conso è significata ^ e die per tutta <{aella prò-vm-^ eia s' Intefulst il mede^mo parlare , deve con «no' medesima vocabolo parlan«lo si alfer- Mia; ed allegano 1^ autorità <£• Dante ^ il qua- le volendo significare Itali», la- nominò sol- te questa particela sì, quiando disse:, (i^ Ahi Pisat vituperio deUe genti Del bel paese ìà dove il sì suona: tioè é Italia . Allegane ancora T esempìe. di Frància , dove tutto il paese si ehiama Fran^ eia , jed è détto^ ancóra- lingua d' htds ^ e et éch (2) f che ^gnificano appresso dr loro quel medesioio ^ che appresso gi' Italiani ^ . Ad- ducono ancora ìa esempio tutta la lingue Tedesca, che dice hyo , e tutta la Inghilr terra, ehe- diccr yes; e forse da queste ra- Iponi mossi vogliono molti di costoro, che qualunque è, in. Italia che scriva oparit , seri-» va e parli* in una lingua^ Alcuni altri ten- gono , che questa particola d non sia quel- la , che- regoli la lingua , perchè; se la re— solasse e i Siciliani , e gli Spagniielì- sareb* pero ancor essi , quanta al parlare , Ilaliani* È però: è necessario , che si regoli eoa al- (i> Dani. Inf. 33. (2) Dante nella Vita nuova a e. 3t^ i»ìl edizione di Firenze dd 17^3^ Se vo*- lemo guardare in lingua d*'och , e in lingpa di si ec. P\ il Varchi nelV ErcoL a e. io6w f. il Libro de Vulgfiri fUoquentia U 1 ^c ^ INTOUTTO ALLA LIT^GUA. llj tre ragioni , e dicono che chi considera be- ne le otto parli dell' orazione ; nelle <|uali ogni parlar «i divide , troverà che qttella che 91 chiama verbo , è la catena, ed il nervo della lingua ; ed ogni volta dbe in jquesta parte non si varia, ancoradìè nelle altre h ■variasse assai , conviene , che le lingue ab- biano una comune intelligenza , peroiè quel- li nomi «he ci sono incogniti , <:e li fa in- tendere il verbo , il quale fra loro è collo- cato; e oosì per contrario, dove li verbi so- iM) differenti , ancoraché vi fosse similitudi- ne ne' nomi , diventa quella lingua differen- te : e per esèmpio si può dire k provincia d' Italia , la quale è in una minima parte ^Uferente nei verbi , ma flei nomi dilFeren- tissima , percbè ciascuno Italiano dice ama" Te , stare , e leggere , ma ciascuno di loro non dite già deschetto , tavoln , eg^astet» àa . Intra i pronomi quelli che importano più, sono variati , siccome è m£, in vece di io , e ti per tu. Quello die fa ancora dif- ferenti le lingue , ma. non tanto eh* elle non £ intendano , «ono la pronunzia , e ^i ac- centi . Li Toscani fermano tutlte le loro pa- role in sull« vocali ; ma ii Lombardi , e lì IVomagmioli quasi tutte le sospendono sulle consonanti , come pane , pan . Goi^siderate adunque tutte queste , ea altre differenze che sono in questa lingua Italica, a voler vedere quale di queste tenga la penna ka «aoo^ c« in quale abbiano ccritlo ^ «cric- IlS DISCORSO tori antichi 9 è prima necessario vedere , doi^ de Dante , e gli primi 'scrittori furono , e te essi scrissono nella lingua patria , o se non ▼i scrissero; dipoi arrecare innanzi i loro scritti y ed appresso qualche scrittura mera Fiorentina , o Lombarda , o d' altra provin- cia d' Italia , dove non sia arte , ma tutta natura ; e quella che fia più conforme alU acritti loro , quella si potrà chiamare , cre- do , quella lingua , nella mia le essi abbiano scritto . Donde quelli primi scrittori fossino ecettochè un Bolognese (i) y un Aretino (2) , ed un Pistoiese (3), i quali tatti non ag- ^unsono a dieci canzoni , è cosa notissima , come e* furono Fiorentini , intra li quali Dante y il Petrarca , ed il Boccaccio tengc^ no il primo luogo, e tanto alto , che alcu- no non ispera più aggiugnervi « Di questi il Boccaccio (4) afferma nel Centonovelle (i) Intende di Guido Guinizzeili. (:&} Guitton d' Arezzo. (i) Gino da Pistoja : ma- oltre que^ sti ci sono altri rimatori che non sono Fiorentini , ma sono ài pia oscura fama \ ed anche in minor preffo , e che hanno fatto poche cose rispetto a Dante , al Pe^ trarca , e al Boccaccio . (J^) Bocc. G. 4- ^' A* li ^c ^^^^^ ™^ nifesto può apparire a chi le presenti no- vellette riguaroEi , le quali non solamente m IITTOANO ALLA LINGUA. 1x9 il Scrìvere in volgar t'iorentìno , il Petrar* ca non so y che ne parli cosa alcuna ; Dan«- te in un suo libro che ei fa de Vulgati JEloquio , dove egli danna tutta la lingua parlicolar d' Italia, ed afiCernia (i) , non ave- re scritto in Fiorentino , ma in una lìngua curiale ; in modo che quando e' se gli avesse a credere , mi cancellerebbe T obbiezioni <^e di sopra si feciono , di volere intende* re da loro , donde aveano quella lingua im- parata • Io non voglio , in quanto s' appar* tenga al Petrarca ed al Boccaccio, replica- re cosa alcuna , essendo V uno in nostro fa- vore ,. e r altro stando neutrale ; ma mi fer* inarò sopra di Dante , il quale in ogni par- te mostrò d' esser per ingegnò , per dottn- na ,. e per giudizio uomo eccellente , ec- cettocHè dove egli ebbe a ragionar della Pa- tria sua, la quale fuori di ogni umanità e filosofico instituto perseguitò con ogni spe- eie d* ingiuria , e non potendo altro fare che . infamarla , accusò quella di ogni viziò , dan- nò gli uomini , biasimò il sito , disse male de* costami, e delle le^ di (ei» e questo Fiorentino volgare , ed in prosa scritte p^r me sono , e senza titolo , ma ancora in isti- lo ttrailissimo , e rimesso quanto il piò si pos- sono . (1) Dante àe Yulgari Eloquentia • Li&* !• capn, 16. 17* i8» fece non solo in una parte della stia Cais- ticB (i), ma in tuUa, e diversamente, e in ^ìvern modi ; Marito 1' offese T ingiuria nfti- Tmamente prosperata , be credere 9 quanto cV 'ei trovaaae (2) (i) Dante nd Cam & delT Lif^end Ctan* i3. e Con» iS. lai) Dante nel Cant:3i.ddl Infernè. INTORICO ALLA LINGUA rsi finito in bocca di Lucifero inaggiore , e cinqne (i) cittadini Fiorentini intra i la- droni , e quel suo Cacciagnida (2) in Pa- radiso , o simili sue passioni ed opinioni , neile quali fu tanlo cieco, che perse ogni sua gravità y dottrina, e giudicio . e divenne al ttitto «in aki^o uomo ;• hflmenlechè se egli avesse giudicato cosi ogni cosa , o egli sa- rebbe rivolto sempre a Firenze , o egli ne sarebbe stato cacciato per pazzo. Ma per- chè le cose , che s* impugnano per parole f^en^rali y e per cohjetttire possono essere acrmente ripi'ese , io voglie a ragioni vi- ve ^ e vere mostcare come il «uo parlare è al tutto Fiorentino 9 e piÀ assai dtte crei- lo che il Boccaccio confessa per se stesso esser Fiorentino , ed in parte rispondere a quelli , che tengono la inede»ma opinione di Dante . Parlare comune d* Italia «arebbe queBo^ doiw fosse più del comune , che del pro- prio di alcuna lingua; e similmente parlar proprio fia quello , dóve è più del proprio, che di alcuna altra lingua; perchè non si può "trovare una lingua , die parli ogni co- f «a per se senza avere accattato da altri ; per- chè nei conversare gli uomini di varie prò* vincie insieme prendono de' motti f uno delf (i) V. il Con. a4» ^ a5« à^ Inferno» (2) V. il Con. i6, dd ParaMio . E \ I2a BiSC.OASO altro* Agguignesi a questo, che qualunque volta viene o nuove dottrine in una città , .o nuove arti , è necessario che vi vengano Duovi vocaboli ye nati in quella lingua , don- de quelle dottrine, o quelle arti sono ve- jDute ; ma riducendosi nel parlare con i mo- di f con i casi , colle differenze , e con gU accenti fanno una mede^ìnia consonanza eoa i vocaboli di quella lingua che trovano, e così diventano suoi ; perchè altrimenti le lingue parrebbono rappezzate , e non tor« Derebbono bene ; e cosi i vocaboli forestie- ri si convertono in Fiorentini, non i Fio- rentini in forestieri , né però diventa altro la nostra lingua che Fiorentina ; e di" qui dipende, che le lingiae da principio arric- chiscono ,. e diventano più belle, essendo pili copiose : ma è ben vero , che col tem- po per la moltitudine di questi nuovi vo- caboli imbastardiscono (i) ^ e diventano un' filtra cosa; ma fanno questo in centinaja di' anni ; di che altri non ti accorge , se non poiché è rovinato in una estrema barbarie. Fa ben più presto questa mutazione , quan- do egli avvenisse die una nuova Popolazio- ne venisse ad abitare' in una provincia : in questo caso ella fa la sua. mutazione in un * corso d* un età d' un uomo . Ma in qualun- " I » M i n ili ■■■■■■ H ill I I I—i— — ^ I mm (i) V, il Salviatì negli jiyvertimenii Uh. INTORKO ALLA LlKGVA IaS qae di questi duot modi che la lingua «i muti , è necessario die quella lingua per- duta , volendola ,. sia riassunta per mezzo di buoni scrittori (i) che in quella hanno scrit* lo, come si è fatto, e fa della lingua lat- tina y e della greca. Ma lasciando stare que- sta parte, come non necessaria, per non essere la nostra lingua ancora nella sua de- clinazione , e tornando donde io mi partii , dico , che quella lingua si può chiamare comune in una provincia , dove la maggior parte de* suoi vocaboli colle loro circostan- ze non si usino in alcuna lingua propria di quella provincia ; e quella lingua si chia- merà propria, dove la maggior parte del suoi vocaboli non si usino in altra lingua di quella provincia. Quando questo eh* io dico sia vero , che è verissimo , io vorrei chia- fnare Dante , che mi mostrasse il suo poe* ina , ed avendo appresso alcuno scritto ia lingua Fiorentina , lo domanderei , qual co- sa è quella , che nel suo poema non fosse scritta in Fiorentino . E perchè e risponde- rebbe , che molte , tratte di Lombardia , e trovate da se , o tratte dal latino lyisi perchè io voglio parlare un poco con Dan- te , per fuggire , egli disse , ed ro risposi ^ metterò gì interlocutori davanti • (i) V. SaW. As^ertim. lib. a. cap. Qk 124 DISCO&SO K. Quali traesil INTORNO AIXÀ XIKGUA X 2$ N. Che lingua è. quella dell* opera? D. Curiale. N. Che tuo! dir cariale? D. Vuol dire una lingua parlata dagli aor mini di Corte del Papa, del Duca ec. i quali per essere uomini litterati parlano meslio y che non si parla nelle terre patr ticolkri d' Italia . N. Tu dirai le bugie . Dimmi un poco : che Tttol dire in quella lingua cariate morse? T). Vuol dire morì , f^é In Fiorentino che viiol dire P IX Vuol dire sirignere uno con i demi» H, Quando tu di kie* tuoi versi (i) : E quando il dente Longobordo morse; che vuol dire quel morse ? D. Punse y offese ^ ed ùssaltì^^ che è una translafflone dedotna da> quel mordere, che dicono i Fiorentini . V. Adunque parli Ui in Fiorentino, e no» i» Cortigiano . XX Egli^ è vero nella maggior parte ; pure 'io mi r^uardo di non usare eerti vocabo* li nostri' proprj • Mi Come te ne rigoard»? Quando tu di (2)t Ftrle spingala con ambe le piote ; Questo spingare che yaol dire 7 (i> Dant, Fopad. & .(2) Dant, InJ^x^ ti6 tusconso* D. In Firenze s*usa dire^ quando una >be« stia trae de' calci : ella spicca (i} una cop ' pia di calci ; e perchè io volli mostrare come ' colui traeva de' calci , dissi ^in* goi^a • V, Dimmi : tu' di ancora volendo ^re U gambe (flb) . > Di quei che si piangesHÈ con la zanca ; perchè lo di (u ? D» Perchè in Firenze si chiamano zanche quelle aste , sopra le quali vanno gli (3) spiritelli per s.' Giovanni , e perchè allo- ra e' l'fiisano per gambe*, e io volendo signifi(*are gambe \ dissi zaììche. N* Per mia fé tu ti guardi, assai bene dai (i) Forse n dee leggere spinga , e cosi il s^Sn t pia chiaro . Il Landino su que^ Sto ItàcygS, dice : «àpìngare è muover forte le gambe" 'ber percuotere, onde diciamo, il cavallo- spingere' i calci . K ben vero , che nell'edizióne del Dante di Venezia del 1 S96. si legge spnngare : ma mi pare che si debba reputare error di stampa , e5seFi« doché in pure è springava : nel testo me^ desimo di Dante , che per altro in quasi tutti i testi a péiina si legge spingava. (2) Dante InJ. ig. (0} Varchi y Star, tu 874. La mattì- Ha di s. Giovanni , giorno solenne , e so- lennità principale' della città per ìé tasere IKTORNO ALLA LINGUA tlj .TOcaboU Fiorentini! Ma dimmi: più là|- spanilo tu dì (i) : JVon prendano i mortali il voto d ( ciancia. perchè di tu ciancia , come ì Fiorentini ^ « non zanza , come i Lombardi , avendo detto (2} vosco , (3) e in co del ponte f D. Non dÌ58Ì zanza per non usare un vo- cabolo barbaro come quello , ma dissi co f € vosco A perchè non sono vocaboli si kirbarì , si , perchè in una opera grande è lecito usare qualclie vocabolo esterno , co- me fé Virgilio, quando ^isse (4): Armm virum^ tabulaeque^ d TVoSdl gazA per undas* #.GiovanibatÌ8ta avvocato e protettore de* Fio» rentini , in vece di. ceri e di paliotti , e de^^ gli spiritelli , e d' altre feste e badalucchi ^ che in tal giorno a buon tempi parte. per devozione , e parte per ispasso de* Popoh A «elevano fare , sì fece una bella e molto d^ vota processione. (i) Dant. Farad. 5. (:i) Dant. Purg. 3. (3) Dant. Farad. 22. (i) Virg* Eneid. Ub. 1. v. 19. sopra 3 ^ual verso scrive Servio : Gaza Persiciia •jermo est , et significat divitias , unde Gaza urbs in Palsestina dicitur y quod in ea Cam- byses rex Persarum, quum ^gyptus beUttO^ ìnferret ^ divitias suas condidit . N l»8 DISCORSO I^« Sia bene; ma Cu egli per qoesCo^ che Virilio non iscrivesse in ktìiio? D. N^. V. £ cosi (u ancora per aver detto co j e vosco non hai lasciata la tua lingua. Ma noi facciamo una disputa vana, perchè . sella tua opera tu medesimo in più luo- ghi cenfessi di parlaiw Toscano, e Fio- rentino . Non di tu d» uno , che ti senti parlare nelF Inferno (ì) ^ Ed un 9 che intese la peufola Tasca ; . e altrove in bocca di Fannata, piudandg e^li t©€o (a> : La tua loquda ti ja manifesta Di quella dolce patria natio , Alla qual forse fui troppo molestOk D. Egli è vero , eh' io dico tiitto cotesto. K« Perchè di. dunque di non patlar flo<* rentino ì Ma io ìt voglio convincere con i librì in mano , e coi riscontro ^ e pe- rò leggiamo questa tua opera , ed il Mor- gante. Leggi su (3) . D. Nel mezzo del camrftin ài nostra vttèt Jdi ritrovai pew una selva oscura , Che la diritta via era smarrita . K. E' basta . Leg]^ ua^ poco oca il MiDr« gante . (i) Danti Inf. aS* (;ìJ Dant. InJ, io» (3j Dant.Jiy^ i^ INTOKWO AELA LINGUA X^gfi . D' BTove?' JN. Dove tu vuoi ^ Leggv costì a caso • D. Ecco (i) : Nonchicomincia, hamerìtat^y kscrìtto^ Nel tuo santo Vangel benigno Padre K. Or bene , ch^ difCer^nsa è da quella tu» lingua a qu«Ma ì D. Poca. N« Nofi' mi €6 ne par verans».- D. Qui è pur non so che . N. Ghe cosa ? D. Quel chi è troppo Fiorentino * I^. Tu arai* a ridirti ; »■ non dì ^u (a) : Io non SQ ehi tu sie , né per- (fu^l mìfdo* Venuto ae' quaggià , ma- Fiorentino Mi sembri' ¥eramenie fquand io £ odo? D*.Egli è vero; io Iio il torto. N. Dante mio , io voglio clie tH> t'emi^di)^ € che fu consideri meglio il par]^tt;]|S)B-^ rentioQ,. e la tua opera, e vedi^^^^-che se alcuno s' arà da vergognare , s|rA piut« loslo Firenase-, ehe tu.; perchè se consi-* ^•ri ben» a ({ttello che tu hai detto ^ tu vedrai come ne tuoi versi non- hai fugr gito il goffo,, cpme è quello (3) : JRoi ci partimmo r e ni andavamo m- ( troque; -' ■ ■ ■ III I ini lIlK r ^ (i^ Luìg. Pulci y Morg. a4* "*• ^) Darà. InJ. 33. (^ Dant. InJ. 20. scrìsse :: & nù' paclava^ e andavamo introcq|M»' F * non hai fuggito il fofco , come quello (i).r Che merda fa di quel;die si imngugia;, non hai iuggito Tosceno come è (^) : Le mani alzò con ambedue le fiche ^ e non avendo Tacito questo che disooora^ tutta r opera tua , tu non puoi airer fug- gito infiniti vocaboli pairii ^ che noas osa- no altrove , che in quella; perchè l'ar^ non. può mai in tutto repugnare alla na- tura. Oltre di questo y io T<^lto che- tu consideri, come le lingue non possono esser semplici, ma conviene che aieno miste coir altre lingue ; ma quella lingua ai chiama tfuna patria, la quale conver- te i vocaboli, ch'ella ha accattati da altri ^ nèiruso^Siio, ed è sì potente, che i vo- imboli accattati non la disordiiutno, ma k disordina loro , perchè quello eh* ella re- ca da altri. Io tira a se in niode che par AIO , e gli uomini che scrivono in queUa lingua ,. come amorevoli di essa , debbo-» no far quello che hai fatto la , ma non dk quello che hai detto tu: perchè se tu hai accattato dai Latini-, e dal forestieri assai vocaboli, se tu n' hai fattivdeijnuo:- vf , hai fatto molto bene ; ma tu hai ben fatto male a dire ,,che per questo ella sia divenuta un* alti^ lingua. Dice Ora- aio (3) : ' ■ Il ■ " !■ " l ' i I II ■ H il l II I I I ■ I I I i> (i) Dant, Inf. 28. (2) Bànt. InJ. j5». 0J Orazio ndC Arte Poe*. ♦». 56« INTORNO iOiLA UnOtrA l3t ^ . • • quod lingua Catonis , et Enni 'Sermonem p Il venti legioni di vocaboli Fiorentini, ed usi t casi, i tempi, e i modi, e le de- sinenze Fiorentine , vuoi che li vocaboli avventizi facciano «mutar la lingua? £ se «tu fa chiamassi comune d* Italia , à cor- tigiana , perche in quella- sì usassUio tutti li verbi ches' usano in Firenze, li rispon-^ éo , che se si sono usati li medesimi verbi , . non s'usano i medesimi termini, perchè iì' variano' tanto colla pronunzia-, che di- , lontano un'altra cosa; perchè tu sai che' i forestieri, o e' pervertono il e in z-> eome dr sopra- si disse di cianciare, e' luinzare , o eglino aggiungono lèttere |> come yi'en quày vegni za-, o e ne lie<>- irano ^ coqie poltrone ^ f^oUrcn^^^ Xatfr 1& . Btaeajtrs»^ tnentectiè qaelU ^oeabcdl che scmo atmiS K nosln., ^i atonpiano iajnodo., oK« gli faono dUentare un'altra cosa; e se ta mi allegassi il parhp curilile , ^ rispondo , «e tu parli delle Corti duMilano, o Na- poli , che tutte tengono» del luogo della patria loro , a cpieffi hanno pia di. bao^ Bo^ che più s' accostano al Toscano ^ a più r imitano r* e se tu vuoi y che e' sia migliore £ imitatore, che 1! imitato , te vuoi quello die il più deUe \dite aon è; ma se tu parli deli^ Corte di EU>naa , tu parli di un. luogo^ dove- si parla, di tanti modi ) di' quante nazioni vi sono.; né «a gli può (kre in modo- alcuno regola» Sia quello, che inganna moki. cicca ì^ vo- oaboU comuni è, che ftì^ e gli altri che hanno scritto-, esseado stat* celebaati, a ktti. in> yarj luoghi nv>Ui vocaboli* nostra tono stati- imparati da> molti fonestierì , ed osservati da ior» » laiche di^ propini nosUi •on. diventati oomuai . £} se tu^ vuoL co«^ noscer questo , arrecati innanet un libro composte da quelli forestien y. ehe hanno scritto dòpo voi ,. e veduai quanti voca» li egli, usano^ de' vqstrìy e come e' ceroa^ so.d'imilanfi:. e per ainer riprova di que-^ Ito fa loro leggere Ubii composti dagli liomini loroi avanti* che nasceste voi ,. e ^ vedrà ohe in quelli non ha ae vocabolo j^ aè termine; e così apparire die la lin^ {MA. in. ohe essi oggi scxiyono.^ i U \tn •tra j e p«r comegaentó h mostra nen ft «oniune- coli» loro : la qua! Hngim anco-» Bàchè eoa laiUe sudori cerchino S isnitar^ se , nondimeno ^ se tergerai i loro sentii ^ ' vedrai in mille luoghi essero da loro ma* le> e perversamente* usala, perek* egli è ìmpossibUe ohe £ arte possa pie- ohe la lutura. Considera ancora un aUra cosa,, se tu vuoi vedere la» dignità della- tua lìn- gua, patria , che i- foresiieci che scrivono ^ se prendano alcuna soj^tto nuovo , do- ve non abbiano esempio dì vocaboli im-^ parati da voi^, di^ necessità- conviene che^ scorrano in' Toscana , ovvero sé pren- dano vocaboli loro., gli spianino, ed al- larghino air uso Toscano : che altrimenlv né essi ^ né aUri. gli' approverebhono • K' Ìerckè e* dicono che tutte le lingue pa- le son bootte, se elle non hanno deb misto, dimodoché^ veruna sanebbe brutta-,, dico aneoii»,. che quella- che ha di esser mista* man bisogno , è piò laudabile , e- senza< di^bio ne ha nten bisogno la Fio- Bentlna>* Dioo ancora ^ eon>e sì scrivono' nolte-cose , cbe senza scrivere i molti y «d. i termini» proprj = patrj- non son belle;; • di queeka^sorte sono le commedie , per- chè ancoraché il fine di una commedia sia proporre uno specchtod'una vita privata;-. soildimeno il sxt^ modo del farlo è una. cfljtta urbanità j e con termini che muo- iano a. lisa, acciocché gli uomim contado i34 Disceaso • quella diielU£Ìone , postino poi Peaent'* pio utile f che vi è sotto ; e perciò le peno* ne comiche difficilmente possono essere persone gnvi » perchè non può esser gr»* vitÀ in un servo fraudolento, in mi veecki« deriso , in un giovane" impazzito d* amore , in una puttana lusinghiera, in un parati* mto goloso ; ma ben risulta da qàesta com** posizione d'uomini effetti gravi ed utiU alia vita nostra . Ma perchè le cose sono* trattate ridicolòsamente , conviene usarv termini e motti , che facciano questi ef- fetti; i quali tèrmini, se non sono prò- prj , e patrii , dove sieno soli , interi , e noti , non muovono , né possono muo- vere; donde nasce che uno che non sia Toscano , non farà mai questa parte be^ ne , perchè se vorrà dire i motti della» patria sua , sarà una veste rattoppata , £ft^ cendo una composizione mezza Toscana, e mezza forestiera; e qui si cónos«^ereb* be che ìuigua egli avesse imparata, se el- la fosse comune , o propria . Ma Se noo- 5 li vorrà usare , non sapendo quelli dir i'oscana , sarà una cosa manca , e che non ara la perfezione sua; ed a provar questo io voglio , che tu legga una (i) corn- ai" . (i) Quésta è la commedia di messere itodo^ico Ariosto intitolala il Suppositi^^ fatta da lui prima in prosù; e di que^ éfa parla qui l Autore dei J)i^gi>. -^ IITFOAKO AUÌ.A usrouA. l3S Ibedia fatta da uno degli Ariotti dì Fer^* rara ^ e Tedrai una gentil composizione p e ano stile ornato ed «rdinato ; vedrai uq sodo bene accomodato , e meglio sciol- to ; ma la vedrai prìva A quei sali , di« ricerca una commedia tale y non per al- tra cacone che per la delta , perdiè^i molti Ferraresi non gli piacevano » ed.» Fiorentini non sapeva , talmentechè ^ lasciò stare. Usonne uno comune , e cre^ do ancora fatto comnne per via di Firen- Jie , dicendo che (i) un dottore della ber* retta lunga pallerebbe una sua dama di doppioni ; usonne uno proprio , pel quale si vede I quanto sta male mescolare il Ferrai» rese col Toscano , che dicendo una di noi» voler parlare 9 dove fossero orecchie che 1' udissono , le fa rispondese, che non par- lasse dove fossero i bigonzoni (2) ; ed un^ gusto purgato sa quanto nel lecere, e neU' udire dir òi^onzoTii' è offeso re vedest fa- cilmente ed in questo, ed in molti altri luo- ^i con quanta difficoltò egli mantiene il de« coro di quella lingua, ck' egli ha accattata. Pertanto io concludo , che molte cose sono, ^«lle che non si possono scriver bene sen- za mtendere le cose proprie e particolari di quella lingua, che è più in j>rezzo; e vo«r (ì) Atto 1. Se. !♦• (2) JSdC, iUesa^ bàOff^^ i3C siscaRsa lendogl! proprj, conviene andare alla fonte^y. donde quella tin^a ha avuto orìgine; al- trinientt sì fa una composizione , dove V uh» parte non corrisponde all'altra . Eche V ìm- Ìortapea di questa lìngua ,'Nelld quale e tu f. halite f scrivesti, e ^i ^tm' che vennon e* prima , e poi di te , hanno scritto , sìa deri- vata da'Firenee , la dì mostra essere voi star- li Fiorentini", e nati in una patria che par- lava ifsi modo , che si poteva megUe ehe al^- €una:altra accomodare a scrivere in "versi ^ò^ in prosa ; a* che non si potevano accomò-^. dare gli altri parlar» d' Italia ; perchè cia- scuno sa, cornei Provenzali cominciarono*- a scrivere in versi; di Provenza ne venn«- ^u est' uso in Sicilia, e di Sicilia in Italia ^ e intra leprovWicie d'Italia in Toscana, e- di tutta Toscana in Firenze , non per aU ' Irò che per essere la lingua pia atta ; per— dìt non per comodità di sito , ne per iiw- gcgno , né per alcuna altra particolare oc» oasione meritò Firenze essere la prima a> procreare questi scrittori , se non per la* lingua comoda a p/kendere simile discipli* na ; il che non era neMe ahre cktà . E^ eh' ei sìa veno , si v«de in- questi tempii assai Ferraresi, Napoletajai , Vicant-inì , e- Viniziani che scrivono bene , . ed hanno* ingegni attissimi allo scrìver^ : il che non potevano* fare , prima che fu , il Petrap» ea , ed il Boccaccio avesse scritto; per- chè a volere ck' e' veaisaino. a'q^estAi gra*^ INTORNO ALLA LINGUA iSy èo di schifare gli errori della Kngua pa<» tria , era necessario cK e* fusse prima al- cuno, il quale collo esempio suo inse- gnasse , com' egli avessono a dinìenticare quella loro naturale barbarie , nella quale la patria lingua si sommergeva • Conclu- desi pertanto y cKe non è lingua che si possa chiamare o comune d' Italia" , o cu- riale, perchè tutte quelle che si potes- sero chiamare così , hanno il fondamenta loro dagli scrittori Fiorentini y e dalla lin- gua Fiorentina , alla quale in ogni difet- to, come a vero fonte e fondamento lo- ro , è necessario che ricorrano , e non vo- lendo esser veri pertinace ^ hanno a eoo* lessarla Fiorentina (i) • Udito che Dante ebbe queste C08e> le confessò vere ^ e si parti , e io mi re- stai tutto contento, parendomi di averlo sgannato . Non so ^à s* io mi sgannerò co- loro , che sono si poco conoscitorì de' bene-* ficj , eh' egli hanno avuti dalla nostra pa-^ tria , che e* vogliono accomunare con es>» 80 lei nella lingua Milano , Vinegia, tVo ma- gna, e tutte 1» bestemmie di Lombardia» (i) Questa quistione sopra U neme del'- la lingua nostra è trattata ampiamente , e giudiziosamente anche da Alberto Lollio. neU Orazione in lode ddla lÀnffàa T^ scema*. t3« DISCORSO MORALÌE. JDe profundis clamwi ad te Domine ^ Domine exaudi vocem meam • A. vendo io questa sera , onorandi padci e madori fratelli (i) , a parlare alle cari- tà vostre per ubbidire a' miei maggiori , • ragionare qualche cosa della penitenza , mi. è parso cominciare T esortazione mia colle farole del lettore dello Spirito Santo^ David rofeta, acciocché quelli , che con Ini hanno peccato, con le parole sue sperino di po*^ tere dall' altissimo e clementissimo Dio mi* sericordia ricevere ; né di poterla avere , aven- dola quello ottenuta-y-^i sbigottischino ; per- chè da quello esempio né maggiore errore né maggior penitenza in un uomo si può Comprendere, ne in Dio maggior liberalità al perdonare si può trovare . £ però con le parole del Profeta diremo : O Signore , io che mi trovo nel profondo del peccato ho con voce umile e piena di lacrime chiama^ (i) Nella nostra città di Firense^ do^ ve sono frequentissime le Confraternite , o Società di persone laiche , che W si adu^ nano per esercizj di religione , usa che an^ ^Ae tali persone negli Oratori delle det" ie Confraiemite t(U9olta predichino alle loro raunanze. In una di Èsse fece U MacchiofféUi questa aUoeuzione . IÌ0 BISCOHSO io a te, o Signore, nitsericordift ; e ti prcr E che tu sìa contenlo per la tua in£nita ntà concedenmela * Né sia alcuno che ù disperi, di poterla otieaere , pcure che con gii occhi lacrimosi , coi cuore afflitto , e con £i voce nmesta Taddimandi . O immensa pie- tà di Dio j o infinita bontà 1 Conobbe V ai« lis^inio iddio quanto fosse facile Tuomo a «eonrtve nel pec<^to; vide che avendo a stare sul rigore della vendetta, eraonipos» sibilo che niuno uomo si salvasse, né pos- sette col più pio rimedio alla umana fra- gilità provvedere , che con ammonire 1' iuna«- na generazione ,• che non il peccato, mala perseveranza del peccato io potevano Dsffe implacabile; e perciò aperse agli uomini la via delia penitenza, : per la quale avendo F altia ria smarrita , e* potessi no per quella sa- lire al cielo. Pertanto la penitenza è unico rimedio a cancellarne tutti i mali , tutti gU errori degli uoniim , i quali ancoraché sian^ molti, e in molti e vari modi si commet- tano , nondimeno si possono a largo modo m due parti dividere . U uno è essere ingoio a Dio , r altro essere inimì<*o al prosdmo . Ma a voler conoscere V ingratitudine nostra conviene considerare quanti e quali sieno i benefizi che noi abbiamo ricevuti da Dio . Pensate , pensate come tutte le cose fatte e creale, sono fatte e create a bene** fizio deir ftmo . Voi vedete prima l' immen- so spazio della terra , la quale perchè pò* UIORÀXE • l4l fiBSsè «s^re dagli uòmini abitata non per* messe che la fuase tutta circondata dall' ac- que y ma ne lasciò parte scoperta per suo ttso , fece di poi nascere in quella tanti anl- mall , tante piante , tante erbe , e qualun- jquQ -cosa sopra quella si genera a benefizio stiOv; e non solo volle che la terra provve- desse al vivere di quello , ma confando an- cora ^l.r acque che nutrissero infiniti anima- li per il suo vitto . Ma spicchiamoci da que- ste cose terrene e alziamo gli occhi al eie- io -, e consideriamo la bellezza di quelle cose che noi vediamo, delle quali parte i^e ha latte per nostro uso , parte perchè cóno- tcendo lo splendore e la mirabile opera di queHe , ci venga sete e desiderio di pos- sedére quelle altre che ci sono nascoste • ^on vedete voi quante fatiche dura il sole per farci parte della sua luce , per far vi- vere con la sua potenza e noi , e quelle co- se che da Dio sono create per nói? Ad^m- que ogni cosa è creata per onore e per be- ne deir uomo, e Tnomo è solo creato p.er bene e onore di Dio , ai quale diede il par- lare che potesse laudarlo , gli dette il vede- re non volto aUa, terra come gli altri ani- mali , ma volto al cielo , perclkè potesse con- tinuamente vederlo^ diedegli le mani che potesse fabbricare i templi e fare i sacrltìzj in onor suo , diedegli la ragione e T ini el- icilo , perchè potesse speculare e conosce- m la grandezza di Dio • Vedete adunque «OD quanta ingratitudine Tuomo. contro a tanto benefattore. insurga , e quante punizio- ni meriti quando egli perverte T uso di que- ste cose 9 e voltale al niale , e quella lìn- gua 'fatta per onorare Iddio lo bestenuma^; la bocca per la quale si ha a nutrire » la la diventare una fogna e una via per aód*^ disfare ali* appetito e al ventre con delicati e superflui cibi ; quelle speculazioni , da Dio in speculazioni del mondo converte^ queli* appetito di conservare la spezie , in lussu- ria , ed in molte altre lascivie converte . £ cosi r uomo, mediante queste brutte ope- re , di animale razionale in animale bruto u trasforma • Diventa pertanto T uomo ^ usan- do questa ingratitudine contro a Dio , di ao* gelo diavolo ,di signore servo , di uomo bestia. Questi che sono ingrati a Dio è impos- sibile che non siano inimici al prosmmo. Sono quelli inimici al pi*ossimo che nH«n- cano delb carità . Questa , padri e fratelli miei 9 è quella sola che vale più di tutte le altre virtù degli uomini , questa è quella di cui la Chiesa di Dio s\ largamente parla, che chi non ha carità non ha nulla ; di que- sta dice s. Paolo : Si Unguis nor^ solunt hominum sed Angelorum hauar, cari^ tatem autem non habeam, Jactus sum sicut aes sonans .Se io parlassi con 'tutte le lingue degli uomini e degli angioli , io sono proprio un suono senza frutto. Sopia ifuesU è iondaU la Fede di Cristo. Non più houàls 143 essere pieno di carità quello che non sìa pieno dì religione ; perchèja earltà è pazien- te f e benigna , non lia invìdia , non è per- "versa , non insuperbisce , non è ambiziosa ^ non cerca il suo proprio comodo , non si sdegna ripresa del male , non si rallegra di quello ) non gode della vanità , tutto pati- ace , tutto crede , tutto spera . Ol divina vir* tu j o felici coloro che ti posseggono ! Que- 6ta ^ quella celestial veste della quale noi dobbiamo vestirci , se vogliamo essere intro*' «nessi alle celestiali nozze dell' imperadore nostro Cristo Gesù nel celeste regno; que- sta è quella, della quale chi non sarà 01^ Dato sarà cacciato dal convito, e po^to nel sempiterno incendio . Qualunque dunque manca di questa, conviene che sia inimico al prossimo , non sovvenga a quello , non sopporti i suoi difetti , non lo consoli - nelle tribulazioni , non insegni agF ignoranti , non consigli chi erra, non ajuti i buoni , non pu- fìisca i tristi . Queste offese contro al pros- 'SÌmo sono grandi , V ingratitudine contro a Dio è grandissima ; ne' quali duoi viz} perm- eile noi caggiamo spesso, Iddio benigno creatore ci ha mostro la via del rizzarci , la quale è la penitenza , la potenza delk quale con le opere e con le parole ci ha dimostro • Con le parole , quando comandò a s. Pietro f che perdonasse settanta volte sette il di air uomo che perdonanza gli domandasse ; coli* opere quando perdonò a David T aduiterto ì44 DISCORSO e romicidio, e a 8. Pietro 1' ingiuria- di averlo non «olo una ^olta , ma tre negato . Qiial pec- cato non perdonerai l , so- lamente perchè David prostrato in tejpi^ pieno di afflizione « di lacrime gridava : Miserere mei Deus , solamente perchè s. Pietro Jlevit umore . Pianse amaramente , come pianselo David , e meritò 1' uno e T altro il perdono . Ma perchè e' non basta il pentirsi e piagne- re 9 che bisogna prepararsi in le opere contra- rie al peccato , per non potere «errare più per levar vìa l'occasione dei male, conviene imitare •• Francesco e s. Girolamo, quali per reprìmere la carne , e torle facultà a sforzarli alle inique lentazioni , 1' uno si rivoltava su per gli pruni , r altro con un sasso il petto si lacerava .Ma con quali sassi y con quali p*uni reprimeremo noi ia volontà delle usure , delle infamie , e degU inganni che si fanno al prossimo , se non con 1* elemosine , con onorai^e e bene- ficare quello ? Ma noi siamo ingannati dalla libidine , involti negli errori , e inviluppati ne* lacci del peccato , e nelle mani del diavolo ci troviamo ; perciò conviene ad uscire ricorrere alla penitenza , e gridare con David : B/Esere" re mei Deus , e cons. Pietro piangere ama- ramente , e di tutti i falli commessi vergognar- ^i , e pentirsi e conoscere chiaramente , che ^u^to piace al mondo .è brieve sogno. Fine del Tomo Viti. ' jp INDICI '^^ BELLE TERIE CONTENUTE ijsr quBSTO ottavo tomo ^ JLi AstruD S Oro ........ pag. 5 Capitolo deW Occasione • 53 Capitolo della Fortuna • SS Capitolo della Ingratitudine ..... 64 Capitolo deir Ambizione ..»....* 73 Decennale os^ia Compendio delle co-* se fatte in io. anni in. Italia . • 83 Decenrude secondò. -• ......... 107 Belfagor Novella piacevolissima ... 117 Rime ultimamente stampate i33 Serenata - • . ; . . iSg VI. Canti CamescialescJu i49 Poesie Diverse 160 Descrizione della peste di Firenze deir anno 1627 1» • . . . 16S >^^ r46 S£:(X)IfDA NUMERAZIONE . 0atm XL. l^etteré SiJ^ìccolò Machiavelli scritte sopra differenti ajfari di Go- verno a nome della Repubblica Fiorentina . pag. 3 XIV» Lettere di Niccolò Machiavelli Segretario detta Repuhhiica Fioren^ lina scritte ad Antonio Giacomi^ ni Tebalducd 82 Patente di VUvieri Guadagni .... 109 Patente di Raffaella Mazinghi . • . 110 Johantd de- Compagnh ' Poi^sieti Bargae •• i ix Discorso ovvero Dialogo sulla lingua in cui scrissero Dante, Petrarca ^ ^ Boccaccio- • • • ri3 Discorse Morale • • 139 870087 Estoht of F May Ti-3i lt(l^^^